mercoledì 1 giugno 2011

Walden più tazzina di caffè.

Walden è un lago che si trova nel Massachusetts, ed è anche il titolo di un libro di Henry David Thoreau che io ho in questa edizione Donzelli con una felice introduzione di Wu Ming 2 (motivo per il quale, lo confesso, avevo acquistato tempo fa il volume, non conoscendo null'altro, a scatola chiusa).

E "walden" è anche il mio umore e il mio spirito oggi.

Pensavo, e forse qualcuno concorderà, che l'unico, proprio l'unico vantaggio di un certo tipo di precariato - quello per così dire bohemien che contraddistingue molte nostre vite in bilico attualmente - è quello che se vuoi di colpo prendi la bici o i tuoi piedi e te ne vai in un parco semideserto cittadino e stai lì a guardare intorno.

Walden racconta due anni di vita del suo autore nel mezzo della campagna, vivendo in una casa costruita da sé e del prodotto delle proprie mani. Walden è una scelta (mentre per noi non lo è o sembra non esserlo, per lo meno).

"Non avevo paura dei rapaci rubagalline, perché non tenevo galline, piuttosto avevo paura dei rapaci umani".

Bè sì più o meno le conclusioni sembrano quelle. Ma anche altre, naturalmente, ben più rasserenanti e molteplici, e molte riflessioni sull'economia, sull'agricoltura, sul pericolo, sulla comunità, sul viaggiare, sulla malattia, sulla natura. Anche perché poi l'autore dai boschi torna alla civiltà.

Tuttavia.

"Ho imparato questo, almeno, dal mio esperimento; che se uno avanza fiducioso nella direzione dei suoi sogni, e si sforza di vivere la vita che ha immaginato, incontrerà un successo inatteso nei momenti comuni. Si porrà qualcosa alle spalle, supererà un confine invisibile; leggi nuove, universali e più liberali cominceranno ad affermarsi intorno e dentro di lui (...). Nella misura in cui semplificherà la sua vita, le leggi dell'universo appariranno meno complesse, e la solitudine non sarà solitudine, né la povertà povertà o la debolezza debolezza".










4 commenti:

Martina ha detto...

Gli scrittori della wilderness sono quelli che mi hanno dato più fiducia/speranza, pur paradossalmente passando il tempo a trastullarsi in mezzo alle sfighe/intemperie naturali. Mi ricordo uno dei momenti più belli e più "casalinghi" degli ultimi anni, che è stato proprio il preparare un esame sulla letteratura della wilderness americana in montagna, su un prato. Era come essere a casa. Ci penso spesso, a quel momento, e a quei libri.

noemi ha detto...

@Martina: già, in effetti ogni libro ha un suo posto ideale in cui leggerlo e un suo posto preciso nella memoria :)

Giuseppe Benanti ha detto...

Per l'appunto la tesi sui sogni che schiudono nuovi orizzonti appare intrigante. Ma la maggiore difficoltà del vivere quotidiano,senza inutili accumuli di stress, è proprio questa:avanzare fiducioso nella direzione dei suoi sogni !

noemi ha detto...

@giuseppe: è vero! Grazie :)