lunedì 25 agosto 2008

Una lunga notte/5.

Mentre la dottoressa Santachiara spiegava e rispiegava, io non facevo che annuire vigorosamente, senza capire una parola. O meglio, capendo solo il cinquanta per cento di quanto diceva. Quel mio muovere la testa ondeggiando i capelli mi infastidiva, ne ero del tutto consapevole, ma non riuscivo a farne a meno. Accompagnavo al gesto un'apertura degli occhi smisurata e un inarcamento delle sopracciglia esagerato come di chi vuole dimostrare a tutti costi che sta ascoltando con attenzione, che rispetta e ammira l'interlocutore, che pende dalle sue labbra.

Confidavo comunque in mia sorella. Sapevo che lei, pur mantenendo un atteggiamento più sobrio e dignitoso, stava ascoltando davvero e, cosa più importante, comprendeva tutte le parole.

Mia mamma, nel frattempo, ci osservava tutte da lontano. Stringeva con la mano destra il tubicino trasparente della flebo. Con la coda dell'occhio la vedevo e speravo che non lo schiacciasse troppo. Quella sua piccola mano paffuta mi faceva tenerezza, mi spezzava il cuore. Da due settimane portavo io il suo anello di fidanzamento e quelli di quando siamo nate noi. La fede nuziale la teneva Clare, nello stesso dito della propria. Ci erano un po' grandi ma stavamo così attente che in tutto quel tempo nessuna delle due li aveva persi né li aveva tolti mai, di notte o per lavarsi le mani.
[Continua...]

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