mercoledì 30 gennaio 2013

1Q84III.

Murakami Haruki, 1Q84III, Einaudi.


Io sono Aomame. E forse lo siete anche voi. O lo siete stati, o lo sarete, o vi toccherà di esserlo prima o poi. Il fatto che non abbiate alcuna attinenza con:

1) Una trentenne maestra di stretching, dall'infanzia complicata, assassina suo malgrado del capo di una setta pericolosa, in attesa di un figlio, una piccola cosa, concepito senza però aver mai fatto l'amore con l'unico impossibile e struggente amore della vostra vita, che non vedete mai, che pensate un giorno di incontrare su uno scivolo, che monitorate tutti i giorni, che state cercando senza cercare, e aspettando da sempre, e che si chiama Tengo.

"Se Tengo non si farà vedere nel parco prima della fine dell'anno, passerò questo 1Q84 pieno di enigmi nella più totale monotonia, in un angolo sperduto di Koenji, - pensò Aomame. - Cucinando, allenandomi, ascoltando notiziari e leggendo Proust aspetterò che Tengo si faccia vivo. L'attesa è ormai il tema centrale delle mie giornate, il filo sottile al quale è appesa la mia vita. (...). Devo procurarmi la Sinfonietta di Janacek". 

(Forse è inutile dirlo, MA sostituite a piacere la parola Tengo con ciò che preferite, che sia una persona, o una cosa, o un'emozione, o la felicità).

2) Un anno di enigmi, l'1Q84, dove tutto è uguale ma diverso e ci sono due lune una grande e una piccola (verde).

3) Un pazzo esattore delle tasse che vi perseguita, che bussa alla vostra porta, dalla quale non potete mai uscire perché vi inseguono tutti, compresi i maledetti Little People che non sapete chi diavolo sono ma vi vogliono fare fuori, che, questo pazzo, vi urla dietro, vi terrorizza, tornate bambina, e se non siete segregati come tigri in gabbia, potendo solo bere tisane e poco altro e tutto ciò che avete è contenuto in strani pacchi che vi fanno recapitare da una associazione per la difesa delle donne maltrattate, per la quale però voi avete ucciso il cattivo.

4) Una comunicazione magica con qualcuno. Che prende il nome di mother e daughter, o perceiver e receiver. Che non sapete assolutamente che cos'è ma è fonte di potere, di qualcosa di misterioso ma forse vitale.

5) Il Giappone. "Le nuvole continuavano a fendere il cielo veloci, dirette a sud, verso la baia di Tokyo, prima di sorvolare l'immenso oceano Pacifico. Era impossibile indovinare il destino".

6) Il destino. Poiché in questo libro è tutto nelle vostre mani. E, contemporaneamente, non potete farci nulla, ma nulla di nulla.

7) Proust. "Nel prossimo pacco metterò una confezione di madeleines, - disse Tamaru per concludere. - Potrebbero influire positivamente sullo scorrere del tempo. - Grazie, rispose Aomame".

8) Il paese dei gatti. Ovvero un paese di gatti. 

Non importa. 

Ecco, se non avete attinenza alcuna con queste e molte altre cose; ma anche se non avete mai letto tutti i miei imbarazzantemente innumerevoli post su questo argomento, come qui.

Oppure qui, o qui, o qui, o ancora qui. Lo so, sono un po' ripetitiva, ma come lo è l'amore.

Dunque, anche se non siete così folli, se non sapete tutto di tutto questo, indovino però che vi sarà capitato sicuramente qualcosa di significativo nella vita. Come un sequestro, una dislocazione di spazio-tempo, un momento, in cui tutto vi è parso diverso, strano, trasformato. 

Non siamo più nell'1984, ma nell'1Q84. Perché non ci capisci più niente, perché purtroppo è normale, ed è la vita, e se ci mettiamo a osservarla, ecco che non è già più la stessa. Proprio ricchezza e povertà insieme.

E vi sarà capitato di amare, o di voler amare, o di sperare di amare e di essere amati. (Sull'amore, dicevamo, tutti si chiedono sempre come funziona, cosa sia, da cosa dipenda, quale sia il suo gruppo sanguigno, che occhi e che voce e per quanto tempo. Nessuno risponde. Ma tutti hanno qualcosa da dire o da tacere in proposito. Come se ogni persona, Murakami Haruki compreso, posi a un certo punto il proprio cartoncino sul ramo di un wish tree, esprimendo un desiderio o raccontando la propria umile esperienza).

La somma di tutte queste infinite, composite esperienze, non è comunque la risposta. Che non esiste. Però a un certo punto qualcuno deve fare qualcosa. E quindi mi sono messa a rileggere questa terza parte di romanzo. Perché sono come Aomame, in balia un po' della vita, e volevo proprio ripercorrere, rivedere, riascoltare queste parole, come un koan, come una preghiera, come una rassicurazione. Non è un caso forse che la parola più pronunciata dai bambini sia ancora. Ancora una volta. Ho riletto per assecondare anche questo mio infantile desiderio.

Ed ecco perché questo libro è importante per me. 

Perché Murakami Haruki prende in mano la situazione. 

Basta. Dice. La storia finisce così. Lo so, è stata dura. Dice ancora. Durissima. I Little People ti hanno massacrato i nervi. L'attesa è stata lunga una vita. Hai dovuto fare cose che non avresti dovuto e voluto, hai sofferto la solitudine, hai pianto, hai avuto paura. 

Ma il finale è il tuo regalo ed è quello che decido io, che so io, che voglio io. Quando si dice, prendersi dei rischi.

Non è fatalista, è geniale. Ti dà tutto. Irresponsabilmente responsabile del suo universo. E del nostro.




mercoledì 23 gennaio 2013

Taccuino di caffè (e alcune altre amenità!).


Gasp. Avevo preannunciato, nella serata delle puntate precedenti, al Circolo dei Lettori, su gentile richiesta, un post su Murakami, e la mia rilettura (sic. davvero) di 1Q84III.


La terza parte di un capolavoro che amo con tanto amore.

Ma. Non è ancora il momento! La foto sarebbe pronta. Anzi le foto, come vedete sotto.

(E metto anche quelle della bella serata di cui prima!).

Solo che non sono pronta io. Sto rileggendo 1Q84III e so che è un po' strano, mettersi a rileggere così un romanzo, con tutte le cose che ci sono da fare nella vita. Ma ci sono insieme tutte delle ragioni mie un po' spirituali, che nemmeno ho capito ancora bene, e che tenterò tuttavia di spiegare.

Il motivo di questo ritardo è però anche che ho iniziato a lavorare fuori casa. 

Per il Salone del Libro, come raccontavo un po' qui. Quindi, fino a maggio, sarò in giro per uffici. Insieme agli ALTRI esseri umani.

Dicono che per le persone come me (ipocondriache, melanconiche, ansiose etc.) lavorare fuori casa sia sano. In effetti, ammetto che un po' è vero.

Erano tanti, tanti, tanti anni che me ne stavo a casa per lo più da sola tutto il giorno. Alla sera, tornava il mio fidanzato, che ha iniziato a credere di convivere con un panda, più che con una donna vera, e poteva essere l'unica anima che incontravo dal vivo nella mia giornata, per diverse giornate di seguito. Stavo spesso in pigiama, leggevo sul divano, soffrivo un po', poi facevo il tè, era bello. 

E l'avevo, in parte, anche scelto io. 

Una scelta un po' obbligata, da complicatissimi casi della vita, e secondariamente perché faccio una fatica mostruosa a stare in mezzo alle persone per più di poche ore. Non so voi, ma per me è sempre stato un dramma. Molto difficile, molto.

Invece, pensavo, se stai sola a casa disponi completamente del tuo tempo. E, nel mio caso, anche delle tue manie, delle tue paure. Anzi, loro finiscono per disporre di te, se non fai qualcosa di massiccio per sconfiggerle. In effetti, adeguarmi un po' ai ritmi del resto del mondo, mi fa bene, credo. No, anzi, non è che mi faccia bene o male, ma forse era necessario per una come me. Troppo solitaria. 

Dunque, detto ciò, avevano ragione però quelli che mi chiedevano: "dove lo trovi il tempo di scrivere un blog?". Adesso che sto cercando di abituarmi a nuovi ritmi di vita, devo ammettere che il tempo, il Tempo, non c'è. 

Bisogna pensarlo. Meditarlo, amarlo, desiderarlo molto, sospirarlo, rispettarlo, aspettarlo,  inventarlo, cambiarlo, pazientare e costruirlo. Ecco, circa, pare che sia così. Per questo ho deciso di rinviare il post su Murakami. Perché mi devo organizzare mentalmente e riconsiderare gli ultimi cinque anni di antiche abitudini lavorative da eremita, di terrori, di gioie, di stranezze di ogni genere (non approfondisco ma insomma siamo umani capirete). 

Vero è che le difficoltà cambiano, il tempo passa, oggi ad esempio ho scoperto di essere molto più miope del previsto e i ragazzini dell'Euroclub mi hanno chiamata "Signora", era già successo, ma con più convinzione del solito. 

Alla fine forse è solo che si cresce, si sta dietro a tutto, e non si sta dietro più a niente.

Ma di certo non smetterò di leggere e scrivere qui o altrove, promesso, ovviamente. Anzi. Mi piacciono queste sfide. Perché ci sono delle cose, credo (credo!) di aver capito, che vanno misteriosamente conquistate. E che al tempo stesso accadono senza dover fare poi chissà che, perché sono le tue cose ed è giusto che tu te ne occupi, ed è destino che arrivino, che si facciano senza stare troppo a preoccuparsi. (Ad esempio, ma devo ancora riordinare le idee su questo, sto imparando delle novità sull'amore, poi ve le dico, ma la scoperta è che non c'è niente di strano da fare per meritarselo, è gratis etc. Cioè basta essere vivi, e qualcuno ti potrebbe amare senza che tu sia un genio oppure chissà chi, oppure una persona triste, non so, vi parrà scontato ma è una grande verità!).

Lo dicevo poi anche in quella bella serata del Circolo dei Lettori, che la cosa più sorprendente dell'avere questo blog è stata la consapevolezza che ci fosse qualcuno ad aspettarmi. Qualcuno che anche non mi conosceva, che mi aveva vista mezza volta nella vita di persona magari, o due volte massimo, ma che mi aspettava per le mie parole. Incredibile. Ma bello. In effetti anche io aspetto gli altri, ma non pensavo potesse realmente succedere il contrario. E ringrazio chi mi ha scritto in questi giorni a proposito di questo argomento. Ci sono persone brave e speciali là fuori. 

E farle contro il tempo queste cose ha un suo un senso, almeno così dicono i filosofi, i saggi e gli esperti. Credo sia vero. Carpe diem! Ed eccoci qui al taccuino del mercoledì. (Ma ribadisco: non temete che il post mega su 1Q84III arriverà in tutto il suo splendore nipponico).


Quindi. Cosa è successo su internet in questi pazzi giorni di nulla (dicono cioè che questi di fine gennaio siano i più faticosi e insulsi perché troppo lontani da qualsivoglia idea di festa, riposo o divertimento. Per me non è del tutto vero, oggi, ad esempio, è il compleanno di mia madre, che, per me, ha molto senso, visto che senza questo giorno oggi non sarei qui a picchiettare sui tasti, quindi c'è un senso in praticamente tutte le cose giusto?). Allora, cosa mai è successo? 


1) Il mondo ha bisogno di lettere d'amore. Avevo scovato questo meraviglioso progettino qui, qualche tempo fa. Poi ieri è finito sul Guardian, e adesso mi dò volentieri e legittimamente arie da talent scout! Dunque, loro scrivono lettere d'amore. Agli sconosciuti, o ai conosciuti, dipende. Ma fanno questo nella vita e sembrano contentissimi. Dovete scoprirlo da voi, però: che posso altro aggiungere io di fronte a una genialata del genere? 

2) Editori e librerie e tweet e bookblogger. Non è solo per ricambiare una gentilezza, ma anche e soprattutto perché l'argomento e il blog sono interessanti. C'è questa ragazza, italiana, che si occupa di editoria e di ebook e lo fa con competenza e professionalità. Prima non la conoscevo, grazie al magico mondo dei blog posso dire che sia diventata una giovane amica, quindi grazie cara Pantofola Digitale (e complimenti ancora per il fantastico nick name)! Guardate qua

3) Per favore, andiamo in Nepal. Certe volte mi capita di voler essere in posti lontani e spirituali. Poi magari non ci andrò mai, ma è come esserci stata, tanto è il sogno di questi spazi diversi. Scopro che quella cosa che i media (una volta lo si diceva di quell'affare desueto chiamato "televisione") consentono viaggiare lontano in parte è vera. Dunque, facendo un salto in Nepal, ho notato che è appena nata una rivista letteraria molto curiosa, eccola qui. (Via Literary Saloon, scovato via @Einaudieditore).



Musica per tutto questo: a cold and a broken Hallelujah.




Murakami da lavoratrice da casa.

Murakami-ufficio.

Con Elena Masuelli, la giornalista con il più bel bracciale del mondo. Al Circolo dei Lettori. 

Ciao!

mercoledì 16 gennaio 2013

A questa sera!





Allora questa sera alle 19 mi trovate davvero al Circolo dei lettori per Parola di blogger#1! Ci sarà un aperitivo al Barney's bar (10 euro) e converserò amabilmente con la giornalista Elena Masuelli che ringrazio. 

E questi sono i fatti!

(Ringrazio anche le radio con cui ho chiacchierato tra ieri e oggi: Prima Radio Piemonte, Radio Gold e naturalmente Radio Flash! E poi la giornalista dal nome più significativo per me che si possa immaginare, Noemi Penna, che ha scritto oggi queste righe bellissime sulla Stampa).

Dunque, e questi, dicevamo, sono i fatti.

Poi se dovessi dirvi come mi sento realmente non finiremmo mai più. 

Per riassumere. Ho paura e sono contenta, insieme, contemporaneamente. Non so se merito queste cose belle, né so come andrà questa sera. Però vi aspetto e abbraccio virtualmente chi legge queste parole. 

(Andrò a dire di scrittura ma adesso, di parole, non me ne resta neanche una. Un silenzioso grazie).

Con tanto affetto.


Ciao.


domenica 13 gennaio 2013

Bellissimi racconti: Isabella Ducrot, Fallaste Corazón.


Isabella Ducrot, Fallaste Corazón, il notes magico



A questo piccolo libro con questa meravigliosa copertina carta da zucchero, che è il mio colore preferito, c'è una bella introduzione di Erri De Luca. Che consiglio, perché racconta bene il lavoro e il segreto fascino di questa autrice, che era amica di sua madre.

Isabella Ducrot è una scrittrice napoletana, nata nel 1931, che mi ha fatto pensare inevitabilmente, per certe analogie stilistiche, non biografiche, ad Anna Maria Ortese, ma non solo. C'è ad esempio un racconto bellissimo, il primo, che si intitola Il Bruco, che mi ha ricordato molto Fabio di Dario Voltolini, di cui vi avevo accennato qui


Una piccola divagazione. Mi è capitato spesso di dire, di pensare o di scrivere, con ironia, ma anche con un fondo di sincerità, quanto sia assolutamente convinta fan dei grandi editori. 

Sì, proprio anche perché hanno più soldi, e negli anni mi si è confermata l'idea che i soldi siano necessari per realizzare progetti di qualità. Molto spesso, lo dico a rischio di essere impopolare, ho notato che i libri degli editori più ricchi sono anche libri più belli. Da ogni punto di vista. C'è più cura, c'è più lavoro retribuito. Molto spesso, badate, non ho scritto sempre, perché so che ci sono le dovute eccezioni nel bene e nel male.

Però i soldi sono molto importanti. La loro scarsità è pericolosa, può indurre alla trascuratezza, alla depressione, all'inclinazione al sospetto e al dolore. Ma non è vero il contrario. Cioè non è vero che tutti i dolori sono causati da quella ragione. 

Tuttavia, se ne parlava anche quando, la settimana scorsa, a Flash Papers è venuto a trovarci Beccalli Falco Nani che è presidente e amministratore delegato della General Electric, tra le altre cose, e ha scritto un libro sulla crisi e sulle soluzioni con esempi virtuosi. Si chiama Il Riscatto, e, per quel pochissimo che ho potuto capire io, mette proprio in luce l'importanza degli investimenti, del denaro. La cosa importante è quindi, si diceva quel pomeriggio, che ci sia un business angel. Un'espressione che ho trovato molto bella. Qualcuno che investa sulle cose. E in editoria anche, secondo me, funziona così. Sarebbe bello che i business angel fossero più numerosi, e virtuosi!

Detto questo, di contro, sono convinta che i piccoli editori (NON quelli a pagamento) siano una risorsa immensa, e che proprio in queste realtà ci sono le eccezioni che confermano la regola: si può essere piccoli e indipendenti e dare la vita a lavori di grandissimo, inestimabile valore. Ed è il caso secondo me di questo libro. Di questo interessante editore il notes magico

Io non li conosco personalmente e, a dire il vero, non conosco assolutamente la loro situazione finanziaria; semplicemente, ho ricevuto, come spesso mi accade, questa raccolta nella cassetta delle lettere qualche tempo fa. Ma credo si possa definire un editore piccolo e, in questo caso, nella migliore accezione della parola. Quando piccolo vuol dire prezioso. 

Sono deliziosi e accurati racconti autobiografici, meravigliosi, sull'infanzia e adolescenza dell'autrice e della sua famiglia. Le sue esperienze di beneficenza con i bambini poveri, volontariato negli ospedali, senza alcuna retorica, con disarmante sincerità. 

Una vicenda luminosa e commovente (il racconto Michele); e la sua bellissima storia di guarigione dalla tubercolosi nel racconto Napoli non sempre è bella. Qui ci sono lei e la dottoressa, che per sette lunghi anni l'ha curata effettuando il metodo piuttosto invasivo del pneumotorace al Sanatorio di Napoli, al tavolino di un bar. Lei è guarita. E ci troviamo insieme a loro nell'istante più bello che una persona (o un personaggio) possa sperimentale. La fine di un incubo, di un periodo difficile. 

E quello che succede è: il silenzio. Si tengono per mano e non parlano.

C'era in ciò qualcosa di scandaloso, noi stavamo infrangendo quella regola della vita civile che prevede uno scambio di parole appropriate per ogni occasione. In quel caso l'occasione era un addio. Passavano i minuti, il silenzio aveva superato i limiti della decenza mentre noi reggevamo il nostro reciproco sguardo, le mani strette e mute dopo anni di frasi fatte, di raccomandazioni, consigli, ricette farmaceutiche.


Cosa non nasce, tra le persone, pensavo leggendo. Quale regalo ci può essere in certi silenzi. Quanta gentilezza. E che brava questa scrittrice a raccontare delicatamente la vita, la guarigione, la realtà di quando succedono queste cose, che corrisponde poi all'impossibilità di dirle con le semplici parole. 


sabato 12 gennaio 2013

Ieri sera, Circolo dei lettori, Murakami, altre amenità.


Ieri sera, al Circolo dei lettori, quella sono davvero io, con Luca Gallo, per presentare il suo Prossima fermata Trambusto.


Che emozione ieri sera. Non la so spiegare con precisione. A novembre vi raccontavo, qui, della presentazione del romanzo di Daria Bignardi con Massimo Gramellini, e del forte impatto che ha avuto il Circolo dei lettori sulla mia suggestionabile mente, ed eccomi lì seduta ieri sera, al posto di Gramellini: infatti è la prima cosa che ho detto: l'ultima volta che sono stata qui, su questa sedia c'era G r a m e l l i n i!

Che impressione. Speriamo che porti fortuna! 

Ringrazio Luca Gallo per questa bella opportunità di riparlare per la novecentoventesima volta del suo libro (hehe, l'ho presentato, contavamo ieri, almeno cinque/sei volte in diverse occasioni: sì, lo so a memoria!). 

E vi ricordo che, se invece avete piacere di chiacchierare con me, proprio sull'esperienza di Tazzina-di-caffè e il bookblogging, mercoledì 16 si inaugura Parola di blogger sempre al Circolo, come vi raccontavo due post fa, e potremo prenderci un aperitivo insieme. W gli #apeblog.

(Preannuncio che ci saranno presto anche altre occasioni per raccontarvi di blogwriting e libri e caffè in giro per l'Italia, ad esempio ad aprile sarò a Monza a un bel convegno dove avrò ben 30 minuti per parlarvi a ruota libera di tutto ciò, ma vi riaggiorno con le info in tempo utile, specie se siete di quelle parti!).

E insomma insomma. Che dire?

Ad esempio che oggi è un giorno importante per i fan di Murakami Haruki, e immagino anche per lui stesso e i suoi cari: perché è il suo sessantaquattresimo compleanno! Per un beatlesiano come lui poi è una data significativa - metto qui giù il video per chiarirne il motivo. 

Allora succederà che parleremo un po' di lui oggi dalle 17.30 alle 19.30 (e di tante altre cose) a Flash Papers su Radio Flash 97.6. 

In particolare, 1Q84 è stato il primo libro di cui ho raccontato in trasmissione, ormai un anno fa: ero tesa come non so che cosa, mi batteva il cuore a velocità preoccupanti, giuro che temevo che i battiti si sentissero al microfono - ma ormai forse un po' mi conoscete, sono completamente folle su certe cose. 

Comunque spero che sarà una bella cosa ritrovarsi dopo un anno e fargli gli auguri via radio. 

Chissà se ci ascolta. 

Ovviamente non ci ascolta; ma se fossimo in uno dei suoi romanzi, ci ascolterebbe.  

Ci ausculterebbe, forse. In un certo misterioso senso. Percepirebbe magari i nostri pensieri e i nostri respiri. Sarebbe una specie di giapponesissima magia. 

E naturalmente, io credo a questo tipo di incantesimi. 

Quindi, se volete, ci sentiamo più tardi nel pomeriggio.

Intanto grazie! Buon we. A presto.

mercoledì 9 gennaio 2013

Taccuino di caffè.





Ci sono ci sono. Dunque, le feste sono proprio del tutto finite. Per qualcuno cominciano nuove cose, per altri ritornano le antiche. Per qualcuno cambia tutto, per altri non cambia niente. Qualcuno aspetta, qualcuno si sveglia presto, qualcuno progetta, qualcuno sogna, qualcuno desidera, qualcuno piange, qualcuno ride.

Ma bando ai preamboli, e passiamo a scrutare, come novelli Galilei, l'Universo infinito interstellare sempiterno del world wide web. 

Cioè quali sono le cose editoriali & libresche etc. che hanno catturato la mia attenzione in questa ultima settimana, prima che la vita, domani, cominci o ricominci a fare il suo corso per tutti quanti.

1) Estremo oriente. Vi avevo mai parlato di uno dei miei blog preferiti? Forse sì, ed è questo: La Biblioteca dell'Estremo Oriente. Lascio a voi la sorpresa di scoprirlo, ma vi dico che l'ultimo post riguarda un documentario che sembra interessante, a proposito della "controversa figura dell'artista cinese Ai Weiwei". Una storia importante sulla libertà di espressione. 

2) (Not) Rainbow and kittens. Vi ho sicuramente già parlato anche della mia passione per le Ted Talks. Sono davvero spunti interessantissimi sullo scibile umano. Poco fa, è stata pubblicata questa, su come Jarret J. Krossoczka è diventato autore e illustratore di libri per bambini. Davvero una vicenda bellissima, sull'immaginazione, sul superare le difficoltà, anche le peggiori.

3) Gamberetti al burro. Esiste un premio per la "miglior stroncatura dell'anno", e questo premio consiste in una fornitura di gamberetti al burro! Molto interessante. Non avevo mai pensato di stroncare un libro nella mia vita, ma con un premio del genere uhmmm potrei seriamente ripensarci... Guardate qui(via @Einaudieditore).


Va bene. Grazie. Vi auguro cose belle. Musica per tutto questo: una canzone per chi sta cercando di superare le difficoltà, mi pare una melodia così bella che mi ricorda i rumori di un ruscello verso le risorse per affrontare la vita. 



martedì 8 gennaio 2013

Prossimi fantastici appuntamenti.



Buongiorno buongiorno!


Volevo darvi qualche piccola ma imprescindibile comunicazione a proposito dei miei prossimi spostamenti & appuntamenti tra le brume sabaude ma anche oltre... 


Dunque dunque.

Prossima fermata Trambusto. Venerdì 11 (questo) sera alle 21 al Circolo del lettori avrò il piacere di presentare ancora una volta questo bel romanzo. Ci saranno naturalmente il suo autore Luca Gallo e la musica di Alberto Visconti. Per torinesi e non, qui c'è anche la pagina Facebook della serata. Dai venite che ci divertiamo!

Parola di blogger #1. Mercoledì 16 gennaio alle 19, in sala filosofi, sarò ancora al Circolo dei lettori, questa volta a raccontare la mia esperienza come compilatrice del blog che state leggendo proprio in questo istante. Guardate qui! Sono contenta perché questa serata inaugurerà una serie di incontri al Circolo proprio relativi al mondo dei blog. Mi pare interessante. E poi: seguirà un fantastico aperitivo da Barney's. Se mi venite a trovare sono davvero molto contenta. C'è anche un hashtag che è #apeblog. (Ma vi dirò ancora bene di tutto questo).

Festival Tra le Righe. Il 22-23 e 24 febbraio a Cinisello Balsamo ci sarà questo nuovo e interessante festival della piccola e media editoria nella super biblioteca Il Pertini che dev'essere un bel posto. Qui trovate alcune informazioni. Vi dico questo perché sono media partner dell'evento. Wow. Il che significa semplicemente che vi darò notizie di questa interessante iniziativa e spero anche di poter partecipare.



E insomma nel mezzo ci sono tante altre cose (mi scuso per tutti i ritardi nelle risposte che sto accumulando, per via della posta, del tempo e dei misteri della vita) e conto di lavorare un po' (comincio domani con il Salone, vi aggiorno però presto) e di leggere libri. 

E che mi vogliate comunque sempre bene come io ve ne voglio! Hehe.


Ciao e buon rientro dalle vacanze.

domenica 6 gennaio 2013

Mancarsi di Diego De Silva. L'amore. La Befana.


Diego De Silva, Mancarsi, Einaudi

Di sfuggita, in un caffè del centro di Torino, ieri ho letto quasi tutta la recensione a questo piccolo libro, ma non ricordo più il nome dell'autore perché ero di corsa; che definiva questo libricino una sorta di conte philosophique. In effetti è così: una storia illuminante e filosofica in cui due personaggi, che sarebbero destinati a un grande amore per la maggior parte del tempo, si mancano. Proprio come si manca una pallonata scagliata alla massima velocità. Finale a sorpresa che ovviamente non dico.

La recensione comunque mi ha convinta e me lo sono regalato per la Befana, che è la mia festa preferita perché è malinconica e struggente. Ma: rimette anche in moto l'attesa per l'anno successivo.

Dunque: l'amore è un colpo in testa, e bisogna solo sperare di essere lì al posto giusto al momento giusto per restarne tramortiti? 

E poi: l'amore o gli amori? Perché, in pochissime pagine, che ci aspetteremmo incentrate solo su questo bellissimo mancarsi (che mi ha ricordato l'altrettanto bella poesia della Szymborska Amore a prima vista), in realtà sfila una quantità di amori diversi impressionante. Amori passati, amori finiti, amori mai iniziati, amori durati un lampo e non-amori. 

Ieri leggevo anche questo interessante post di Serena Danna su Eliza. L'articolo si conclude dicendo che la domanda più cercata su Google nel 2012 è: "Che cos'è l'amore?".

Che cos'è l'amore? 

Ovvero, noi tutti, tanti, apriamo Google e cerchiamo questa cosa. Tra il pranzo da preparare, una bolletta da pagare, una notizia al tg, un video su you tube, ci chiediamo questa cosa. La chiediamo a Google. Che cos'è l'amore? Santo cielo! 

Personalmente, ho sempre avuto la presunzione di sapere, per lo meno, che cosa non fosse l'amore. 

Per esclusione, ad esempio: non è odio! E mi rassicuravano queste semplici categorie. 

Poi, basta aprire i libri, ed ecco che la domanda sull'amore diventa insistente. E tuttavia fatico ad arrendermi: ma perché chiedersi che cos'è l'amore, quando ci sono così tante cose da fare nella vita? 

Ci dovevo proprio arrivare attraverso un libro a queste domande difficili. Diciamo: l'amore per i libri che conduce all'Amore tout court

Se siete come me, che da quando avete 30 anni vi prendete degli impegni pur di non farvi più troppe domande, leggete d'un fiato questo libro, oh stolti. 

Vi costringerà a chiedervi: che cos'è l'amore?

A ogni pagina. E a trasalire: perché non è quello con quel personaggio lì? E quell'altra, che cos'ha che non va, che andava benissimo? 

Non siamo responsabili dei nostri sentimenti né del flusso che li causa o li alimenta e tutto sommato neanche delle nostre azioni, anche se poi dobbiamo rispondere (e farlo senza che nessuno ce lo chiede), com'è giusto che sia. Agiamo quasi sempre d'impulso e molto meno sulla base di un calcolo. Chi pianifica e si muove solo al termine di un'attenta valutazione dei pro e dei contro, chi realizza soltanto quello che progetta, di fatto si perde la parte più interessante, e lo sa. Anche nello scegliere responsabilmente c'è una quota d'irresponsabilità, la messa in conto di una perdita. Forse si agisce sempre a costo di qualcosa.

Rassegnatevi dunque a non avere risposte. Né certezze.

O meglio, la risposta arriva all'ultima pagina, ma non ve la posso dire. 

Per chi, invece, tra le pagine dei libri al momento non cerca risposte sulla vita e sull'amore o sull'Amore; ma pura bellezza o arte, aggiungo che questo libro è molto ben costruito. Un bell'ingranaggio, credo da rileggere in futuro per ritrovarci cose che vanno perse a una prima lettura. 

C'è un episodio (di vita vera) con Walter Chiari. E c'è Buster Keaton. Fatti che per chi, come me, ama i comici, crede in loro, sono molto importanti nella lettura. C'è una scrittura felice e non tanto misurata, come ci si aspetterebbe da un racconto filosofico e perfetto. Che infatti non lo è per niente. Invece, è un racconto disordinato, che però torna sempre al centro delle cose, nel cuore caldo di un bistrot. 

Ritorna e ritorna, quasi come se l'amore fosse un percorso su una pista di macchinine in cui però il paesaggio cambia tutte le volte. E il cui senso si compie nel ripercorrere centomilavolte la stessa strada fino a che.

Essendo nata l'8/8/80, sono fan dell'infinito. Ho sempre pensato di dover vivere secondo i dettami dell'8, che dovessero tornare sempre i conti. Che è una cosa circoscritta, sicura e definita e precisa. Mi sbagliavo. Anche quelle piste di macchinine a forma di 8 sbagliano, qualche volta infatti le macchine schizzano via come impazzite, altre volte è semplicemente il paesaggio intorno a cambiare, o il bambino ad azionare il meccanismo. 

Ed è così che si continua a correre e correre la propria gara, fino a che non senti che è il giro giusto, quello in cui. 

A voi la continuazione!


E siccome è la festa della Befana, ci tengo a ricordarvi di bere un 1caffè e a dirvi che proprio oggi gli amici di 1caffè ne offrono uno a questa associazione che si chiama Un sogno per Martina. Un'associazione nata nel 2010, oggi ONLUS, che si propone di aiutare piccoli malati con lesioni cerebrali e le loro famiglie. Le fondatrici hanno scritto anche un libro, che si intitola La forza di un sorriso. Grazie e auguri!

giovedì 3 gennaio 2013

Canto di Natale.


Charles Dickens, Canto di Natale, Corraini. 


I Londoners!

Tiny Tim.

Il primo spirito. Quello che mostra a Scrooge i Natali passati.
Illustrazioni di Federico Maggioni.


Alcuni risero nel vedere questa sua trasformazione, ma lui li lasciò fare senza curarsene, poiché era saggio abbastanza da sapere che nulla di buono accade a questo mondo che all'inizio non sia stato deriso; e sapendo che gente come quella era cieca in ogni caso, pensò che tanto valeva che corrugassero gli occhi in un sorriso, piuttosto che mostrare il loro male in forme meno piacevoli. 
Il suo cuore ne rideva, e questo gli bastava. Da allora si astenne dal frequentare spiriti e liquori, e di lui si disse sempre che sapeva come interpretare il Natale, se un tale dono fu mai conferito ad un uomo. Che lo stesso possa essere detto anche di noi, di tutti noi! E come osservò il piccolo Tim: "Dio ci benedica tutti!".


Questo è il più bel (e chiaro) libro sulla memoria e sulla sincerità, sulla perdita di se stessi e del senso della vita che mi sia mai capitato di leggere. Ho sempre ammirato l'idea di Dickens di mettersi lì e pensare a una storia a esempi, simbolica, comprensibile e letterale su come funzionano le emozioni, il Natale, i rapporti umani e su come il tempo, se non ci presti attenzione, ti può rubare l'anima.

Questo è anche il libro che più mi ha commossa nella vita. Forse l'unico così tanto. Mi capita sempre meno di piangere. E ho sempre pianto, per lo più, di paura. Spesso al cinema, rarissimamente per la musica. Mai ai funerali. E poi per paura. Quindi lacrime di terrore, in un certo senso. Ma piangere per qualcosa che finisce bene è una vera rarità: c'è come una forza adulta che spinge anche i più ingenui come me al cinismo realismo e che mi impedisce di crederci fino in fondo. Alle cose buone. A quelle senza dubbio buone, inequivocabilmente buone.

Invece Dickens qui proprio non si pone il problema. Rischia la derisione. Rischia la svenevolezza. Io non lo so il perché, non ho studiato abbastanza la sua vita e le sue opere per capirlo. Anche se le ho lette con curiosità, come vi raccontavo qui, qui e soprattutto qui.

Perché abbia osato così tanto con questo libro, alla fine non lo voglio sapere. Dato che nella mia piccola esperienza di lettrice questo resta un circoscritto, perfetto miracolo. Ricordo ancora dove ero, come ero seduta e quanto era stato dolce e imprevisto il formarsi di una lacrima senza che me ne accorgessi quasi. 

Quindi mi piace che rimanga così intatto nella mia memoria.

Quello che fa qui Dickens alla fine è proprio un esercizio mentale per mostrare a Scrooge chi era, chi è e chi mai potrebbe diventare, se continua a comportarsi da cattivo. Un esercizio bellissimo, coraggioso. E utile. Lo scopo è farlo vivere un po' meglio insieme agli altri. Che è quello che vogliamo tutti. Per me questa dunque non è mai stata solo una storia, ma un insegnamento: se non sai cosa fare, ricordati cosa volevi quando eri al tuo meglio. Ricordati cosa vorrai per il tuo futuro. 

E quindi è stato un bel modo di iniziare l'anno, perché questo libro-guida è il primo che ho trovato nella cassetta delle lettere in questo 2013. Che assume quindi un significato in più per me. E di questo anche ringrazio l'editore Corraini, che mi ha regalato più di quanto può immaginare. 

Per i fan del profumo della carta, poi, qui c'è molto da divertirsi. Questo albo profuma, ed è una festa dei sensi, specie l'olfatto e la vista. E il tatto. Perché è un bell'oggetto da tenere con cura. 

Infine pensavo. Ieri sera ho visto questo film. La regola del silenzio. Di Robert Redford. Lo consiglio. C'è una storia di redenzione, di cambiamento e di riscatto. Che arriva all'apice di un tale tormento, di tali traversie, di tali stravolgimenti, di corse, di parole, di silenzio, tanto silenzio e che culmina in una casa sperduta in un bosco, poi su una barchetta solitaria in mezzo al mare. 

Insomma, per dire quanto sia complicato capire. Quanto sia complicato scegliere, a volte, come comportarsi. Cosa fare. Quanti sbagli si possono fare nella vita. I personaggi, come Scrooge, sono avanti con l'età e si trovano, per assonanza con il Canto di Natale, a guardare indietro, a cosa sono stati, al presente e infine a prospettare un qualche futuro. 

Ed è sorprendente vedere cosa scelgono, come fanno, come si comportano. 

Mi accorgo di aver proprio bisogno di questi esempi. Di quanto i libri, il cinema, le avventure degli altri possano essere importanti per accendere ogni tanto qualche luce nella vita. 


Qualcuno su twitter tempo fa mi ha chiesto di mettere una foto del mio albero di Natale. Un po' storto, ma è lui! Boh, da vicino assicuro che è più carino.



martedì 1 gennaio 2013

2013.




Il 1° gennaio del 2012 la mia giornata iniziava così, all'alba di un mattino tranquillo, dopo una festa a casa nostra, con tanti amici. Questa volta inizia con la stessa immagine dalla finestra, ma con colori diversi. 

Questo 2013 è cominciato nell'acqua. 

In piscina, con alcuni degli stessi amici dell'anno scorso, tutti vestiti da hawaiani. Pensando: aloha 2013. Giocando a palla, mangiando e bevendo, tra centinaia di persone, con musica altissima e bella e ballando in costume, con la coroncina di fiori in testa. 

Potrei dire che è stato il più bel Capodanno della mia vita. Mi piace pensare che sia cominciato con una specie di grande rituale collettivo che aveva il sapore di qualcosa di antico, anche se perfettamente conficcato nel presente. 

Considerato che quella del Capodanno è un'incognita; perché ti senti vulnerabile e non sai mai cosa ti può succedere quella notte e nella vita. Ricordo Capodanni di ineffabile tristezza. E Capodanni semplicemente senza allegria. 

Questo è stato il più bello, senza dubbio, per me. Il meno complicato, il meno pensieroso. E dire che, come molti là fuori, non sono affatto felice. Né triste. E ho un sacco di paura, cose da capire, preoccupazioni, malinconia, disdette, sensi di colpa e angoscia. 

Ma anche grandi e dolcissime speranze, grandi e meravigliose fantasie e una nuova incoscienza, e la volontà di vedere le cose senza controllarle. 

Leggo Franzen che racconta della mania di controllo dell'amico David Foster Wallace e fin dove quella lo ha portato, quanto lontano da ogni possibile serenità e penso che si può essere così, magari con un tantino meno di genio, e si può soffrire davvero molto. Mentre controlli tutto quanto non vivi più, non cresci, non ami niente e nessuno. Meglio lasciar stare. Non controllare troppo se stessi, né gli altri. Andare come la vita ha deciso; senza forzarsi a fare cose che non si desiderano. Ma continuando a desiderare. 

Questa mattina mi sono svegliata e il mio primo pensiero è stato: sono viva. Anzi: sono viva? Diciamo, è con questa domanda che mi preparo ad affrontare il nuovo anno. 

Però non solo. Mi è piaciuto, negli ultimi tempi, affidarmi all'Universo: ci penserà lui (L'Universo, intendo) al mio destino, e farò esattamente quello che mi capiterà di fare. Sarà il vento a guidarmi. 

Non controllerò la cartina, non controllerò. Etc. 

Che è bello, e può portare tante avventure. Ma non basta. Sono più le disavventure, a conti fatti. 

Ho capito che c'è una contropartita per questa cosa, per questo abdicare. Ed è che alla fine hai la sensazione di non scegliere, non decidere, non progettare e, guarda un po' che la cosa ha fatto il giro e ritorna al punto di partenza, non amare niente e nessuno. 

Fare quello che capita oggi mi pare di colpo come un'evasione, tipo mangiare Nutella, ma non può essere la regola.

Vorrei dire dunque: non ho buoni propositi, vivrò spensieratamente, proprio come capita! 

Ma questo gioco non mi convince più. Ci ho pensato per tanti giorni. E mi ritrovo qui a mangiare un cucchiaino di miele (il miglior antidoto al mondo all'hangover: la dolcezza salverà il mondo!) e a dire: vivrò come avrò scelto di vivere. Certo, in questa folle esternazione sono compresi tutti gli imprevisti del caso e potreste confutarla in meno di due secondi, con la mano sinistra e bendati. 

Però è proprio quello che farò. 

Insomma, a 32 anni, in gonnellino di paglia da hawaiana e coroncine di fiori in testa, ai polsi, alle caviglie, al collo, ballando in infradito e mangiando arachidi mi pare di aver capito che è tutto una scelta e poi un equilibrio tra scegliere e: vada come vada. Scegliere. E vada come vada. Come spesso accade, è una questione di ritmo. 

E di dosi, e di tempi. Dunque dunque. Anche amare le persone, le idee, il proprio lavoro è una scelta. E poi è una scelta essere vivi. Ed essere onesti. E chi votare. E cosa mangiare. E cosa bere. E quante parole dire. E il silenzio.

Quello che manca poi un po' in linea generale alla mia generazione di progetti: il Progetto. 

E non ci sono tante scuse per questo. Quindi basta. Adesso chiudo il barattolo del miele, e mi metto a progettare qualcosa. Per esempio: un risotto alla zucca. Poi vi dico. 

Intanto, buon anno di nuovo. Grazie di essere passati di qui. Vi voglio bene. 

E vi dedico questa canzone. Si chiama Hoppipolla, che significa, in islandese, saltare nelle pozzanghere. Penso sia quello che ci tocca fare adesso. Saltare come pazzi nelle pozzanghere, infrangere tutto quanto è piatto, paludoso e stantio, creare onde, sporcarsi i piedi. 

E mentre lo facciamo, ascoltare, assorbire tramite la pelle fino al cuore questa dolcezza di questa musica. Questa luminosa e cristallina dolcezza.