domenica 27 dicembre 2009

Buoni propositi per l'anno nuovo.

1) fare colazione tutte le mattine.

2) tostare il pane.

3) andare di più al mercato e meno al supermercato.

4) non piangere quando il lavoro va male, non c'è o non è pagato, bensì guardare avanti e trovare se possibile di meglio.

5) leggere finalmente Infinite jest.

6) accettare la realtà.

7) fantasticare, sognare, immaginare, pregare, sperare, amare e fare in generale tutto ciò che non richiede un ferreo ragionamento.

8) salutare i gatti del cortile.

9) mettere la musica anche quando sono sola in casa.

10) distruggere gli attacchi di panico.

11) portare a termine i miei compiti e i miei progetti.

12) fare qualche vasca a stile libero e non sempre a rana.

venerdì 25 dicembre 2009

Raccontini di Natale.

"Non potevo poi fare a meno di ammirare la saggezza dei padroni di casa nella distribuzione dei doni natalizi: la bambina dalla dote di trecentomila rubli aveva ricevuto una bambola di grande valore; quindi erano seguiti regali di sempre minore costo, in proporzione ai ranghi dei rispettivi genitori di tutti questi bambini fortunati. Infine, l'ultimo bambino, un maschietto di circa dieci anni, magrolino, piccolo, dai capelli rossi, dal viso coperto di efelidi, ricevette soltanto un libro di racconti sulla maestosità della natura, libro senza illustrazioni e perfino senza vignette. Il ragazzino era il figliolo di una povera vedova, istitutrice dei figli del padrone di casa, ed era un fanciullo estremamente timido e alquanto impaurito. Indossava un giacchettino di misera stoffa di fustagno. Dopo aver ricevuto il suo libro, per molto tempo aveva gironzolato intorno agli altri giocattoli; aveva una voglia matta di giocare con gli altri ragazzi, ma non osava farlo; era ovvio che egli già sentiva e capiva la sua posizione e la sua inferiorità sociale.
Mi piace molto osservare i bambini. E' veramente interessante notare in loro il primo sorgere dello spirito. Avevo notato che il ragazzino dai capelli rossi subiva la tentazione dei giocattoli costosi degli altri bambini, e soprattutto di un teatrino, nel quale voleva a ogni costo svolgere una parte anche lui e perciò aveva deciso di mostrarsi servile. Sorrideva agli altri bambini, li lusingava, diede perfino la sua mela a un ragazzo paffuto che teneva legato in un fazzoletto un mucchietto di dolciumi; il povero ragazzo s'offrì persino di portare in giro, in groppa, uno dei ragazzi, affinché non lo cacciassero via dal teatrino. Ma dopo qualche minuto un piccolo mascalzone lo picchiò malamente. Il bambino non osò neanche piangere. Qui apparve l'istitutrice, la sua mamma, e gli diede l'ordine di "non dar fastidio" agli altri bambini."

(Fedor Dostoevskij)

mercoledì 23 dicembre 2009

E Buon Natale.

Il cuore.

Elenco di cose che mi toccano il cuore quasi con le dita, poiché il mio cuore è ancora aperto, scoperto, divelto. Gli sto confezionando una custodia, per conservarlo più a lungo, ma la preparazione è stata lenta, è lenta. Magari da domani questo cuore sarà più al sicuro, sarà più impermeabile, sarà più serio anche. Più sicuro di sé, farà carriera nel mondo dei cuori, mi aiuterà, mi sosterrà, non mi tradirà, non mi mollerà sul più bello, terrà il suo ritmo e la sua posizione. Al momento il suddetto cuore si spezza ancora di tanto in tanto appena può e gliene capita l'occasione ed ecco un piccolo elenco delle cose che lo toccano da vicino:

1) I disegnini piccoli, di mini pupazzi di neve con le guancette rosa o di mini alberelli di Natale con i pacchetti piccolissimi disegnati sotto.

2) I cuccioli di gatti semirandagi con le zampine immerse nella neve e gli occhi sporchi e socchiusi da cui esce una specie di lacrima di freddo.

3) Certi sguardi disperati di certi nonnetti, sembrano di carta velina celeste, in particolare quelli di uno da me soprannominato Signore di Corso Trapani.

4) Le mamme che tengono i figli nelle fasce attaccati come scimmiette. E il bambino appoggia la mini-testa sotto al collo della mamma.

5) Quando gli innamorati cingono la vita delle innamorate.

6) I complimenti.

7) Il pensiero fulminante del futuro.

8) L'idea di "essere responsabili di se stessi".

Ecc ecc.

Risvolti natalizi.

La "corsa ai regali" credevo fosse un'invenzione dei giornalisti del TG. Credevo fosse un'invenzione dei cinici, degli integralisti della lotta al consumismo, un'invenzione degli alternativi. E invece quest'anno mi ricredo. Ho visto di persona gli occhi spiritati e gonfi di certe donne anzianotte in visone vorticare da un negozio all'altro con bramosia stanca ai confini di orione, guardando senza guardare, scandagliando ogni singolo oggetto in agonizzante fretta con radar dell'altro mondo, con rabbia, senza amore. Ho visto mani bianchicce gelate spulciare suppellettili da quattro lire, libri che nessuno leggerà, maglie brutte che nessuno indosserà, profumi puzzolenti che nessuno spruzzerà e afferrarli a uno a uno, guardare il prezzo e riposarli con un'ansia fuori dalla grazia di Dio. Ho visto mogli in trance tirare il carrello, fermarsi a ogni scaffale e vaticinare con frasi sibilline lasciate a metà e rivolte ai mariti incantati dal nulla:
"A Marisa prendiamo...." per poi ritornare ancora e ancora in trance, in ipnosi, reggendo in mano l'ennesimo barattolino, l'ennesima statuina, l'ennesimo panettone artigianale. Ho intercettato conversazioni telefoniche:
"E ppprendigli una cravatta che va sempre bene". "A Luisia e a Federica gli prendo la stessa cosa tanto non si conoscono" "Mi manca solo più Gianluca, non so cosa prendergli, ha tutto".
Beato lui!
Ho visto e ho sentito queste cose perché ero lì, in mezzo a loro, nella calca nervosa che scartabella nelle librerie :"Mah io a Giulia prendo Faletti". Che sposta tutte le cosine carine di Muji: "Secondo te questa per Giovanni?" (niente meno che un'agendina del 2010). La calca che si fa livida e rugosa dopo due ore a camminare nel gelo con le borse avvitate sui guanti bucati, che si incupisce perché compra compra ma il Natale non lo sente più. Ma cosa vuol dire il Natale? Solo fare regali? Senza contare che questi regali sono sempre più brutti rispetto alle cose che compriamo per noi. Mai più belli o uguali. Mah. Io faccio un fioretto. Visto che non riesco a cambiare il mondo, almeno cambiare qualche becera abitudine. E in nome di questo fioretto farò almeno UN regalo BELLO, più bello delle cose (poche) che compro per me. O almeno uguale. E aspetterò di guardare la faccia della persona a cui farò questo regalo, di vedere la "famosa" reazione di chi riceve il dono. E lo farò davvero, col cuore, cercherò di sentire davvero questa sensazione. E se ci riesco sarà quello il mio vero unico regalo di Natale.

martedì 22 dicembre 2009

Dov'è finito il "pensiero"?

Oggi sono scivolata e ho battuto la testa contro il muro esterno di un bar. I baristi si sono arrabbiati con me dicendo: "stia più attenta" letteralmente "è colpa sua". Ho chiesto comunque del ghiaccio e me ne sono andata. Una donna che camminava vicino a me ha commentato: "eh certo, si sentono in colpa perché non hanno messo il sale, di stamattina è già la seconda che cade in quel punto".

Allora io dico: ma dov'è finito il "pensiero"? Il pensare che quella persona in quel momento ha sbattuto la testa? Per carità, io non mi sono fatta niente tranne un bernoccolo. Però, una signora anziana poteva spaccarsi le ossa. E questi baristi si preoccupano prima di sgravarsi dalla responsabilità e poi forse della testa ammaccata della gente. E questa è la punta dell'iceberg. Mi vien da dire che "è tutto così". Gli interessi personali PRIMA di qualsiasi cosa, davvero qualsiasi cosa. E poi ci si stupisce che le persone muoiono ancora di fame. E si cambia canale mentre le fanno vedere a cena. Ancora e sempre. "Morire di fame". Avete presente? Io ci penserò addentando quei due chili di panettone grasso a Natale. Pensiamoci tutti. Mi si ribolle il sangue. Scusate, oggi mi sento così, sarà il bernoccolo che pulsa sulla tempia.

Elementi di afasia applicata.

Bulli e pupi.

Mamma:

- Hai visto quel terribile programma televisivo di Pino?

Figlia:

- ?

Mamma:

- Pepo?

Figlia:

- ?

Mamma:

- Papo?

Figlia:

- Pupo?

Mamma:

- Esatto, Pupo.

lunedì 21 dicembre 2009

Attacchi di panico.

Partiamo dalla fine: è quasi bello uscire da un attacco di panico. E' come un eterno "scampato pericolo" cui noi impanicati siamo molto affezionati. Ci si sente stanchi, spossati e finalmente liberi da una morsa invisibile e per questo pericolosa.

Ed ecco invece come comincia: dal nulla, dal niente, dalla più normale, banale, semplice delle situazioni di vita. Una qualsiasi cena, un film al cinema, un caffé al bar. Niente di più impegnativo. E come prosegue: lì, nel mezzo del nulla, della più scontata quotidianità, si insinua una specie di dubbio. E se morissi? E se morissi ora? Tra cinque minuti? Tra due minuti? Il cuore inizia, da solo, ad accelerare. Ma così tanto e così forte che pare letteralmente impossibile frenarlo. Va, con la forza di un martelletto, una valvola difettosa, un tamburello stonato e impazzito. Accelera, accelera. E il dubbio si trasforma in realtà: "sto morendo", dice la voce, in affanno. Anche il respiro si affatica. "Sto smettendo di respirare?". Le domande restano senza risposta. Il primo istinto è alzarsi. In qualsiasi luogo ci si trovi, la spinta violenta è l'alzarsi. Il che apparirà innocuo. Così non è. Ad esempio: se stai guidando come fai ad alzarti? E dove vai? L'importante è infatti proprio "andarsene". In una parola: scappare. Da cosa o da chi non si sa. Da una presenza che è dentro di te e non fuori. E tuttavia lui, il panico, ti insegue. Se cambi stanza, lui è già lì, pronto ad abbracciarti male, a soffocarti. Io a quel punto mi prendevo sempre la faccia tra le mani, o mi ascoltavo il polso, in attesa, davvero, dell'ultimo battito. Chiudevo gli occhi e li riaprivo e vedevo tutto nero, tutto anzi di mercurio. A volte mi sentivo piena di acqua fredda. Come se la mia vita fosse gettata in mezzo al mare, alle onde burrascose e non sapessi più tornare a riva. Questo era, più o meno. Da qualche tempo i maledetti attacchi non mi perseguitano più. Vorrei solo dire a chi ne soffre che si può guarire. C'è davvero una speranza. Conto i giorni dall'ultimo attacco e sono tanti, aumentano, ormai ben più di un mese!

sabato 19 dicembre 2009

La contessa di ricotta.


Senza una ragione, non avevo mai comprato nessun libro di Milena Agus. E ho fatto male, lo dico subito a chi fosse interessato. Ieri invece, sotto una neve gelata, gironzolando "per regali" (stramazzando anche per il costo eccessivo di certi oggetti), ho comprato "La contessa di ricotta". L'ho fatto ben bene impacchettare e ci ho anche scritto sopra il nome della persona cui lo volevo donare. Ma poi, sul tram, schiacciata dalle eleganti borse dello shopping, dai cappotti puntinati di fiocchi di neve, dalle sciarpe "profumate" di ristorante cinese e sigarette, ecco che la belva selvaggia che c'è dentro di me si è risvegliata all'improvviso. E si sa che quando le bestie feroci si svegliano possono combinare guai. E così è stato. Insinuante come un serpente a sonagli ho infilato la mano nel pacchetto della Feltrinelli, ho divelto il sigillo dell'associazione di volontariato che aveva composto il pacchetto con amore, ho sfilato il libricino. Tutto sotto lo sguardo accusatorio di uno studente liceale che mi sedeva accanto infreddolito. E sì, purtroppo o per mia fortuna, in quei 40 gradi sotto lo zero, mi sono messa a leggere il libro. "Sei mio" ho pensato famelicamente. E sono stata ricompensata dal piacere di trovarmi tra le mani una vera meraviglia. Una sorpresa inaspettata di Natale. C'è anche un personaggio, non proprio una simpaticona, che si chiama come me.

La contessa di ricotta
, che belle prime pagine. Che bel libro, a partire dalla copertina. Che scrittura incisiva, "morbida" come la neve e dura come il ghiaccio.

Vi lascio solo questa frase: La cosa buffa è che tutti le raccomandano di farsi rispettare e poi sono i primi a trattarla senza riguardo.

Va bene: così adesso, amici miei, me lo vado a leggere impiegando in tal modo la tarda mattinata del sabato. Auguri a tutti. E buona "atmosfera prenatalizia"!

venerdì 18 dicembre 2009

Gadget.

Amici! Ho aggiunto dei gadget qui sul blog: uno è il noto giochetto del tris. Serve quando i miei post sono troppo noiosi e introspettivi. L'altro è un generatore di piccole info sul caffè, droga dalla quale dipendo dall'età di dieci anni. Ci tengo a precisare che non sono pubblicità e che non ci guadagno, ahimè, neppure un centesimo bucato.

Grasse risate.

Parole che mi fanno ridere per il loro suono:

"Sandretto" (la fondazione)

"Paonazzo"

"Polletto"

"Masaniello"

"Buonasera"

"Ciurma"

"Mattarello"

Dove.




Ogni mattina mi sveglio e vado a lavarmi la faccia e vedo questo dispenser del sapone con la scritta blu "Dove". Non per fare pubblicità occulta, ma quella parola mi colpisce moltissimo. I miei occhi ancora assonnati, con l'aiuto della mia mente fantozzianamente annebbiata, ci producono accanto un piccolo punto interrogativo invisibile. Dove? Come se quel dispenser volesse dirmi: Dove? Dove sei oggi? Dove vai oggi noemi?

Eh, infatti ogni giorno lì mentre mi lavo la faccia, estate o inverno che sia, mi potrei ritrovare a occhi chiusi a Oslo, in Norvegia. Oppure in Somalia o in Darfur. Potrei staccarmi dal lavabo, spaccare tutti i soffitti e i pavimenti del condominio e volare a bordo dello spazzolino da denti fino in India, in Cina o in Australia o in Patagonia. Io consiglio a tutti di farlo. Meglio farlo. Consiglio di riutilizzare la fantasia. Dopotutto questo clima di precarietà ha un vantaggio. L'unico che ci vedo io. Quello di riportarci a uno stadio di sicurezza psicologica pari a quella dell'uomo primitivo. Siamo vestiti bene, da ex bimbi degli anni ottanta. Ma dentro ci arde un tragico fuoco da tenere acceso. Oggi ci siamo, domani chissà. Tutto è da ricostruire. Certe belve sono ancora vive. Magari non ci sbranano le carni, ma ci mettono in pericolo. Meglio scatenare l'immaginazione. Io lo faccio, dai fatelo anche voi!

giovedì 17 dicembre 2009

Cesta.

Io sono come una cesta piena di oggetti mescolati insieme. Oggetti simili a parole mischiate da tante bocche diverse. Se li guardo a uno a uno hanno anche un singolo senso. Ma tutti insieme si aggrovigliano. Non riesco a capire "chi sono" senza ripensare a come mi vedono gli altri, cioè alle parole con le quali nel tempo mi hanno definita. Da "ansiosa" a "zuzzurellona" gli altri mi hanno chiamata con tutti i nomi possibili.

abcdefghilmnopqrstuvz

Da "amica" a "zimbello" da "brava" a "vanitosa" da "confusa" a "unica" da "deficiente" a "timida" da "emotiva" a "stupida" da "finta" a "rara" da "grande" a "quadrata" da "high" a "povera" da "intelligente" a "odiosa" da "lieve" a "noiosa" da "misera" a "meravigliosa".

E allora? Cosa ho imparato? Niente. E il risultato è solo che un giorno mi sento così e un giorno mi sento cosà. :(

mercoledì 16 dicembre 2009

La lunga notte dell'innominata Gualtiera.

Non so chi tra i miei 25 lettori (eh eh magari!) ricorderà ancora Gualtiera la panettiera e le sue truffe sul costo della bottiglia d'acqua naturale. In poche parole, lei me la faceva pagare 80 cent mentre la sua più onesta mamma Nerina, solo 70. Ebbene, sappiate che, dall'oggi al domani, forse complice una nottata di tormenti e lacrime, ecco che anche Gualtiera ha pronunciato un flebile "settanta", con la stessa intonazione della madre. Le cose cambiano, le coscienze si smuovono!

Tartaglia.

All'inizio, quando non avevo visto bene le immagini dell'aggressione, ho pensato a una messa in scena. Poi ho visto ed è in effetti inequivocabile. Se ne parla da giorni, le informazioni su questo fatto si susseguono, fiumi di inchiostro scrosciano su questo tema da ore nella rete e sui giornali di tutto il mondo. Io vorrei solo dire, per quel che vale la mia opinione, che si è trattato secondo me di un cosiddetto "gesto inconsulto" ad opera di una persona disturbata, come ce ne sono molte purtroppo nelle nostre città. E poi che la penso anche un po' come Nichi Vendola, in questo suo intervento che mi è sembrato lucido ed equilibrato.

http://www.youtube.com/watch?v=vhy-ZB50104

Signore di Corso Trapani.

Povero Signore di Corso Trapani. Questa mattina alle nove se l'è vista brutta. Lui era lì tranquillo. Con il suo cappello viola, il bastone appoggiato al muro, la giacca a vento verde, i pantaloni verdi e i mocassini. Fumava la sua solita sigaretta tutta bianca. Guardava il palazzone di fronte, il traffico scorreva infreddolito. Quando di colpo un pastore tedesco di grossa taglia, trascinando la sua padrona gracile, gli si è scagliato contro abbaiando forte. Il Signore di Corso Trapani si è così spaventato che, senza neanche finire la sigaretta, tutto tremolante, ha infilato svelto la chiave nel portone e se ne è ritornato a casa. Come si suol dire, oggi "non era destino" che uscisse.

lunedì 14 dicembre 2009

Liberi tutti.

Volendo credere alla sua veridicità, l'episodio del colpo in faccia a Berlusconi mi fa riflettere sul concetto di "libertà". Mi sembra infatti che alla base di questo fattaccio ci stia proprio una cattiva interpretazione di tale concetto. Viviamo in un Paese il cui Presidente del Consiglio si sente libero di fare più o meno ciò che vuole. Dalle famose leggi ad personam, alle famigerate candidate veline, all'arcinoto conflitto di interessi ecc ecc. Dal canto suo l'aggressore, mister Tartaglia, pare aver agito sentendosi arbitrariamente libero di partire da casa sua con un (brutto) oggetto contundente e di tirarlo sul viso di un'altra persona. Non che questi due personaggi siano per me da mettere sullo stesso piano, però entrambi credo rappresentino la spia di un enorme equivoco che sta dilagando nelle nostre città, nelle nostre vite.

Allora io vorrei dare una notizia:

NON SI PUO' FARE TUTTO QUELLO CHE SI VUOLE, NON SI POSSONO SOVRASTARE, SVILIRE, UMILIARE, ROVINARE E/O OFFENDERE GLI ALTRI IN NOME DELLE NOSTRE MERE ESIGENZE!

Una passa una vita a rispettare come può le regole, la delicata sensibilità altrui, a reprimere i peggiori istinti, a capire, a scusarsi, a perdonare, a pagare. E poi arrivano questi e spaccano tutto a proprio piacimento. Ma come funziona?

domenica 13 dicembre 2009

orologio.

Questa mattina erano le nove e trenta e mi sono svegliata. L'orologio segnava le otto e dieci. La lancetta dei minuti singhiozzava sempre sullo stesso punto. Tutto ciò mi ha spaventata. Il tempo non si dovrebbe mai fermare. Bisognerebbe procedere, andare avanti, anche a costo di invecchiare, di peggiorare, di dimenticare.

sabato 12 dicembre 2009

Risveglio.

Mi sono svegliata in un mondo di ovatta. Con i capelli al posto dei pensieri. Non trovavo più i miei dolorini. Dov'era la mia paura arrugginita quotidiana? In cosa si è trasformata? Dove si è dispersa? Forse nel cielo bianco dietro le tende trasparenti. A me il Natale piace. Oggi ho gli occhi a forma di stelle e le braccia a forma di rami pronte ad abbracciare tutto ciò che luccica.

giovedì 10 dicembre 2009

I tipi umani.

Il cinico: con lui non si parla mai di bambini o di piccoli animali che non siano insetti verdi e scarafaggi. Usa parole difficili, finge di sapere l'inglese, ostenta gusti raffinati ma è il fan numero uno di Rihanna.

L'ingenuo: non capisce le battute del cinico. Ascolta musica dalle dolci melodie, scrive in stampatello, guarda lo Zecchino d'Oro.

Il bello: sta tranquillo, non ha bisogno di dimostrare nulla, spesso ha il cuore buono e/o non è consapevole della propria stessa bellezza. Vorrebbe avere molti bambini come Brad Pitt.

L'amico: comprende tutto, anche le cose che non hai detto e di cui ti vergogni a morte.

Il brutto anatroccolo: prima o poi diventerà un cigno!

L'insicuro: si sente costretto a dimostrare di avere tanti amici e tanti oggetti di marca. Pratica abitualmente il name dropping.

Il giallo: ha i capelli neri e lisci, gli occhi a mandorla, balla in modo goffo e scoordinato.

Il figo: evita gli sfigati come la peste. A volte, per troppa paura degli sfigati, rischia di confondere i normali con gli sfigati e poi si pente quando è troppo tardi.

Lo sfigato: non si sente tale. Considera il figo un idiota. Crede di essere un nerd e se ne vanta tra i compagni di scacchi.

Il giocatore di scacchi: vince sempre lui. Non si fa scrupoli e si concentra fino a diventare paonazzo.

Ecc ecc ecc

mercoledì 9 dicembre 2009

Signore di Corso Trapani.

Quanto pesava quel portone stamattina! Gli è anche caduta a terra la sigaretta bianca nella foga di chiuderlo per bene. Sbam. Un colpo secco. Ha ancora le sue brave energie, il caro Signore di Corso Trapani. Il suo bel cappellaccio di lana viola, il suo saldo bastone e la giacca a vento verde pisello che scende a pennello ton sur ton sui pantaloni verde muschio. Se potessi lo rimpicciolirei a dovere e me lo porterei sempre in tasca come uno gnomo portafortuna, questo Signore taciturno con gli occhi blu.

Sacrilegi scaligeri.

A me Emma Dante piace molto da quando ho visto il suo "Cani di bancata" a teatro qualche anno fa. La sua regia della Carmen alla Scala è stata fischiata ma lei si è dichiarata comunque orgogliosa, benché inizialmente impaurita. A me i fischi non piacciono, non li ho mai capiti. Trovo che siano un retaggio di un passato ormai passato. Di una cultura incolta e desueta. Mi sembra così sciocco e infantile fischiare, soprattutto in un tempio dorato e raffinato quale è la Scala milanese. Ma chi è che ha fischiato? Avrei voluto vederli in faccia. Immagino si sia trattato di certi inutili tromboni o dei soliti vip incartapecoriti e il più delle volte in sovrappeso o di quelle madame impacchettate nel velluto o di quelle cricche di "giovani" ereditieri già un po' ammuffiti dentro, già rugosi nell'anima che si mettono a fischiare pigiando le labbra avvizzite sui canini sanguinari. A me pare un sacrilegio fischiare l'impegno assoluto di una brava regista come Emma Dante. Capisco il dissenso, capisco le divergenze di gusto. Ma i fischi: signore mie, siamo nel 2009, un po' di contegno!

Buio pesto.

Quando mi sono svegliata stamane era buio pesto. I vetri oscurati, la nebbia grigia dell'alba che si faceva spazio tra i corpuscoli di notte fonda. Ho fatto una non-doccia al freddo e al gelo. Ho bevuto l'ultimo caffé di ieri sera. E una fetta di torta avanzata. Mah. Mi sono detta. Bella giornata. Se il buon giorno si vede dal mattino. Ecc ecc. E invece poco dopo è uscito un sole dicembrino, zuccherato, giallino, misterioso e chiaro, spinto morbidamente nel cielo da un mantello rosa che ha illuminato tutta la casa, le palline di Natale, i miei occhi, la mia lavatrice, la mia vita, le mie speranze.

Insomma. Il mio augurio è che sia successo lo stesso anche a tutti voi che leggete. Buon mercoledì di dicembre, il mese più caldo dell'anno.

lunedì 7 dicembre 2009

Elementi di afasia applicata.

A grande richiesta (dell'autoironica protagonista di questa rubrica, cioè la mia mamma), ritorna forse per una volta sola forse di più "Elementi di Afasia applicata":

Confessioni maleodoranti.

Figlia:

- Hai visto quel pentito...

Mamma:

- Chi?

Figlia:

- Sì, quel collaboratore di giustizia...

Mamma:

- Ah certo: STA PUZZA!

Televisione televisione.

A dispetto di chi dice: "non la guardo, la tengo spenta", proseguo la mia campagna in favore della televisione. Certo non quella becera dei reality estremi o delle chiappe in prima serata. Intendo quella televisione che tiene compagnia e insegna qualcosa. Benché un po' lezioso a volte, però io apprezzo molto, ad esempio, il programma di Fabio Fazio. Chi ha visto la puntata di ieri sera, capirà a cosa mi riferisco. C'era Dan Brown, un autore di cui io non avevo mai letto un romanzo, ma che in quell'intervista mi ha incuriosita come essere umano. E poi Gian Carlo Caselli che con la sua solita grande sapienza ha raccontato di un libro nuovo e importante e con commozione e lucidità ha toccato temi fondamentali per il nostro paese. Ma come si fa a demonizzare uno strumento così ricco di potenzialità? La televisione, se utilizzata con cautela e discernimento, arricchisce la vita e smuove gli intelletti. Intrattiene e svela misteri e concetti che senza di essa sarebbero preclusi alla maggioranza della gente. Quella gente che per varie ragioni ha poca forza di movimento. La tv secondo me è un mezzo che mette dubbi e spezza anche certi silenzi nelle case anziché crearli, come invece sostengono molti snobbettoni i quali, sempre secondo me, in gran segreto, non si perdono un corteggiamento di Uomini e Donne di Maria De Filippi né un televoto al cardiopalma del Grande Fratello.

venerdì 4 dicembre 2009

Paura e delirio a Borgo San Paolo.



Era mattina presto quest'oggi. Quando in Corso Trapani ho visto comparire un enorme hamburgher e una gigantesca porzione di patatine fritte con mani e piedi che ballavano al semaforo rosso davanti agli automobilisti. Una delle mie grandi paure sono i travestimenti, le maschere e i pupazzi umani che "coinvolgono" la gente in mezzo alla strada. Ma bisogna guardare in faccia le proprie paure. E dunque così io ho fatto con quelle dannatissime patatine e quello stramaledetto Big Mac®.

giovedì 3 dicembre 2009

Acqua gym.

Oggi spiavo le signore dell'acqua gym. Che energia, che entusiasmo, che argento vivo. La piscina si è sollevata all'improvviso in onde scroscianti che sembrava un'alta marea. A causa dei loro sgambettamenti ho perso il ritmo e sono stata scaraventata contro un motoscafo umano che mi ha calciata nel ventre con un piedone numero 44. E vai di Britney Spears e Nelly Furtado a palla. Ho pensato: a 60 anni, se ci arrivo, sarò anche io una signora tutta muscoli da acqua gym? Me ne andrò anch'io a spettegolare nel bar della piscina con le mie pantofoline fucsia? Mah. Chi lo sa. Ai posteri l'ardua sentenza.

mercoledì 2 dicembre 2009

Rocco Tanica.




Che storia! Qualcuno oggi è arrivato su questo umile blog cercando su google le parole "Rocco Tanica". Tutto ciò rappresenta per me un motivo di grande soddisfazione. W Rocco Tanica.

Il malato immaginario.

A tutti gli "Arganti" in ascolto! Per un istante abbandoniamo le nostre inquietanti e solitarie sensazioni ipocondriache e ridiamoci sopra emulando il genio di Molière.


CLEANTE

Signore, sono contento di trovarvi alzato e di constatare che state meglio.

ANTONIETTA (fingendo di essere incollerita)

Come «state meglio»? Non è affatto vero: il Signore sta sempre male.

CLEANTE

Mi hanno detto che il Signore stava meglio, e mi pare che abbia un bell’aspetto.

ANTONIETTA

Che cosa intendete dire con bell’aspetto? Il Signore ha un aspetto orribile e chi vi ha detto che sta meglio è un bell’impertinente. Il Signore non è mai stato così male.

ARGANTE

Ha ragione.

ANTONIETTA

Si muove, dorme, mangia, beve come tutti gli altri; ciò non toglie che sia malatissimo.

ARGANTE

È vero.

martedì 1 dicembre 2009

Bucce di mandarini.

Qualsiasi cosa succeda, ho notato che puntuale si ripresenta il periodo delle bucce di mandarino e caffè caldo. Questi due profumi si sposano così bene. Mi sento testimone di queste piccole nozze casalinghe. Mi sento testimone di una bella giornata con il cielo azzurro e il sole dicembrino che anche loro si sposano e poi filtrano nei capelli dei passanti stanchi che aspettano il Natale e le finestre delle case vuote.

sabato 28 novembre 2009

Cuor contento.

E' come un regalo divino, ad esempio una farfalla che ti vola vicino tutta bianca a metà novembre. Una gatta che partorisce i gattini. Una canzone vecchia e nuova che si intreccia nella corteccia del tuo cervello e lo accende come un albero di Natale!

E' come una verità rivelata, una torta molto dolce che cresce nel forno, il pensiero improvviso che c'è ancora un pezzo, un millimetro, una fetta molto dolce di futuro. Il pensiero improvviso dell'amore.

Il pensiero improvviso di qualcosa che può succedere ancora, magari oggi magari domani. Il pensiero improvviso di vivere e mille e cento immagini acquatiche e marine e celesti che ti volano intorno.

mercoledì 25 novembre 2009

Caro Babbo Natale.

Caro Babbo Natale,

tra un mese sarà la tua festa, così ti scrivo per tempo la mia letterina.

Per Natale vorrei la pace nel mondo ma te la chiedo dal 1985 e non l'ho mai avuta. Suppongo di dover cambiare regalo. Allora vorrei che mi portassi la capacità di vivere bene, in pace e con amore la mia vita. E la capacità di stare allegra e di avere fiducia nelle mille possibilità che offre l'Universo. E un po' di fortuna e di buona volontà nel portare a termine i miei compiti.
Poi vorrei un tosta pane, un frullatore e un libro molto bello di cui non ricordo il titolo.

Saltello (detto Cinzio), il gatto per il quale ti chiedevo ogni anno una palletta rimbalzante, purtroppo non c'è più, è defunto. Ma non ti chiedo un altro gatto. Ci mancherebbe. Ti chiedo però l'intelligenza di ricordare i bei ricordi, di accettare la realtà e di adoperarmi per correggere i miei difetti e migliorare i miei pregi.

Ti chiedo infine di leggere nei pensieri delle persone a cui voglio bene e di portare anche a loro i regali giusti, che vogliono davvero e che si meritano. E di portare anche a loro un po' di tenerezza e affetto che manca sempre un po' a tutti quando si è adulti. Invece di bambini io ne conosco pochi purtroppo ma per quei pochi e per tutti gli altri, ti prego, non badare a spese!

Dunque siamo d'accordo così. Io ti lascio un bicchiere di latte e biscotti sul davanzale e tu in punta di piedi farai di tutto per non farti scoprire. Ma con un occhio solo ti sbircerò e allo scintillare della tua barba bianca capirò che è festa e che è quasi mattina.

Bene, grazie di tutto caro Babbo Natale, salutami i tuoi folletti e le tue renne e la Befana.

Noemi Cuffia,
25 novembre 2009,
Torino.

martedì 24 novembre 2009

Bicicletta.

Uff. Ultimamente non succede molto intorno a me. Qui nel mio quartiere. Tutto tace. Sarà la quiete prima della tempesta? Speriamo!!

Piuttosto accadono robe strane dentro di me. Intendo nell'anima. Ma di questo viaggio sconvolgente non posso dire.

Tutto quello che ho visto oggi di interessante è stata un bicicletta viola con il cestino pieno di fiori che scontornava il nero-grigio della mattina. Va già bene dai. Mi accontento.

sabato 21 novembre 2009

Nebbia.

La nebbia in questi giorni ci impacchetta dentro le case o i posti di lavoro, ci avvolge teneramente come ovatta e noi dentro al calduccio ci sentiamo già a Natale. Bello.

Ma io non ce la faccio a fermarmi qui. Bello. Certo. Romantico. Ma la mia mente, la mia immaginazione, il mio pensiero, il mio sospetto corre, vola verso chi non ha una casa né tanto meno un lavoro. Chi non è bene accetto nei bar e nei negozi. Chi viene scacciato dai ristoranti come un cane. Verso chi vive per strada e si lava al bagno pubblico. Per me è impossibile arrestare il cervello. Loro, quelli che si inginocchiano davanti al supermercato o ai lati delle chiese con il cartoncino e la scritta ho fame, sono povero, odiano la stessa nebbia che vediamo noi dalla finestra. Io ad esempio mi lamento, a volte mi sento esausta perché ancora oggi a 29 faccio molta fatica, a crescere, a essere autonoma, credo più della media dei miei coetanei. Però poi penso a loro. Ci penso sempre. E li conosco. E mi sento veramente male se immagino.

you're so vain.

You walked into the party like you were walking onto a yacht
Your hat strategically dipped below one eye
Your scarf it was apricot
You had one eye in the mirror as you watched yourself gavotte
And all the girls dreamed that they'd be your partner
They'd be your partner, and...

You're so vain, you probably think this song is about you
You're so vain, I'll bet you think this song is about you
Don't you? Don't You?

You had me several years ago when I was still quite naive
Well you said that we made such a pretty pair
And that you would never leave
But you gave away the things you loved and one of them was me
I had some dreams, they were clouds in my coffee
Clouds in my coffee, and...

You're so vain, you probably think this song is about you
You're so vain, I'll bet you think this song is about you
Don't you? Don't You? Don't You?

I had some dreams they were clouds in my coffee
Clouds in my coffee, and...

You're so vain, you probably think this song is about you
You're so vain, I'll bet you think this song is about you
Don't you? Don't You?

Well I hear you went up to Saratoga and your horse naturally won
Then you flew your lear jet up to Nova Scotia
To see the total eclipse of the sun
Well you're where you should be all the time
And when you're not you're with
Some underworld spy or the wife of a close friend
Wife of a close friend, and...

You're so vain, you probably think this song is about you
You're so vain, I'll bet you think this song is about you
Don't you? Don't You? Don't you?

You're so vain, you probably think this song is about you
You're so vain, you probably think this song is about you

Latte.

"All'ospedale quel mattino alle 6 la suora mi ha dato il latte nel bicchiere di plastica, poi è scappata via. E tu fuori non potevi entrare.

E guardavi i barboni nella sala d'attesa e ti addormentavi sulla sedia di legno fredda. Il latte fumava, era bollente e mi bruciava la gola ma ne avevo così bisogno e lo bevevo piano per non finirlo, per fingere che il tempo passasse e invece non passava. I malati gravi con le mascherine mi guardavano male. I vecchi con la pelle di cenere tossivano anche per dieci minuti di seguito. I tubi delle flebo si intrecciavano come in un telaio e io non ci potevo passare dentro per uscire. Per scappare da te. Mi sgridavano, mi costringevano a restare ferma lì. Lo facevano a gesti perché io non capivo una parola e non rispondevo. Da quando ho messo piede in quella terra maledetta ho iniziato a soffrire. Ma a casa mia non ci potevo tornare. Ero povera. Eravamo poveri, poverissimi. E neanche più tanto giovani. Soli, affamati. Senza un letto dove dormire".

(Anita Sjcan,
Latte)

mercoledì 18 novembre 2009

Il cuore rivelatore.

Si è suicidato il padre di Jordy Chandler, uno dei due ragazzi che accusarono Michael Jackson di molestie. Il ragazzo già tempo addietro aveva dichiarato di aver mentito su obbligo del padre. Questa storiaccia mi ricorda un po' il "cuore rivelatore" di Allan Poe.

http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Cultura_e_spettacolo/Michael-Jackson-suicida-padre-ragazzino-accuso-pop/18-11-2009/1-A_000061713.shtml

Topo Gigio.

Poiché lo dice Topo Gigio, io mi lavo le mani 16 volte al giorno. Faccio tutto quello che dice lui. Non si sa mai.

Pazienza.

Non Andrea. Proprio la pazienza. La Santa Pazienza. Ci penso oggi, ci penso spesso. Mi manca, ci manca, ci scappa da tutte le parti. Armiamoci di pazienza. La pazienza è la virtù dei forti. Aspettare il proprio turno alla posta, alla banca, al supermercato. Aspettare un pagamento arretrato. Aspettare che cresca una pianta, che nasca un bambino, che guarisca un malato. Pazienza. Sacrosanta pazienza. C'è una fretta di arrivare che le persone ti sbattono contro mentre camminano per strada. C'è una tale foga. Una bestiale carogna che si mangia la gente. Proviamo a fare un risotto come si deve, proviamo a costruire un amore, un mobiletto Ikea, un'amicizia. E' così difficile. A volte ho pensato di non farcela, di fare la furba, di fare a modo mio. Ma è deleterio. "Io", come tutti, siamo dentro alla stessa madre natura, dentro lo spirito del tempo, dentro il respiro profondo delle città. E quindi ci dovremmo adeguare un po' a queste leggi. E queste leggi, a quanto ho capito, dovrebbero essere uguali per tutti.

martedì 17 novembre 2009

will you be there.

Hold Me
Like The River Jordan
And I Will Then Say To Thee
You Are My Friend

Carry Me
Like You Are My Brother
Love Me Like A Mother
Would You Be There?

Mary
Tell Me Will You Hold Me
When Wrong, Will You Scold Me
When Lost Will You Find Me?

But They Told Me
A Man Should Be Faithful
And Walk When Not Able
And Fight Till The End
But I'm Only Human

Everyone's Taking Control Of Me
Seems That The World's
Got A Role For Me
I'm So Confused
Will You Show To Me
You'll Be There For Me
And Care Enough To Bear Me

(Hold Me) show me
(Lay Your Head Lowly)
told me
(Softly Then Boldly)
yeah
(Carry Me There)
I'm Only Human

(Lead Me)
hold me
(Love Me And Feed Me)
yea yeah
(Kiss Me And Free Me)
yeah
(I Will Feel Blessed)
I'm Only Human

(Carry)
Carry
(Carry Me Boldly)
Carry yeah
(Lift Me Up Slowly)
yeah
(Carry Me There)
I'm Only Human

(Save Me)
save me
(Heal Me And Bathe Me)
lift me up, lift me up
(Softly You Say To Me)
(I Will Be There)
I Will Be There

(Lift Me)
i'm gonna care
(Lift Me Up Slowly)
(Carry Me Boldly)
yeah
(Show Me You Care)
Show Me You Care

(Hold Me)
whoooo
(Lay Your Head Lowly)
i get lonely some times
(Softly Then Boldly)
i get lonely
(Carry Me There)
yeah yeah carry me there
yeah yeah yeah

[Spoken]
In Our Darkest Hour
In My Deepest Despair
Will You Still Care?
Will You Be There?
In My Trials
And My Tripulations
Through Our Doubts
And Frustrations
In My Violence
In My Turbulence
Through My Fear
And My Confessions
In My Anguish And My Pain
Through My Joy And My Sorrow
In The Promise Of Another Tomorrow
I'll Never Let You Part
For You're Always In My Heart.

Signore di Corso Trapani.

Eccolo oggi tutto vestito di verde con un cappellino da baseball di lana color grigio topo. Sigaretta bianca appena iniziata. Mocassini. L'ho visto alle nove. E poi di nuovo a mezzogiorno. Sempre nella stessa posizione. Con la stessa sigaretta. E ho notato una cosa che mi era sfuggita: la fede nuziale. Questo malinconico signore sperduto che fissa i palazzoni di Corso Trapani e le foglie che cadono velocissime dalle piante è sposato. Adesso mi è venuta la curiosità di scoprire chi è la moglie. Di osservarla. Di immaginare le loro conversazioni. Le loro lunghe ore silenziose. Le loro passeggiate.

Cantare oh oh oh oh.

Nel grigio dipinto di grigio delle nove del mattino in Corso Peschiera un uomo stamane cantava a squarciagola: Batti in aria le mani/e poi falle giraaar/se fai come Simone...
E intervallava le strofe con un lungo tiro di sigaretta. Bravo. Ho pensato. Canta che ti passa!

giovedì 12 novembre 2009

Un albero.

Ieri ho immaginato un albero dai molti frutti diversi. Ne scalfivo la corteccia con le mani e nel legno che staccavo ci trovavo dentro una bacca rossa e la mangiavo. Poi salivo e sopra c'erano fichi, mele e mirtilli. Li mangiavo tutti. Poi restavo lì sull'albero a lungo, vedevo scorrere il fiume sotto i miei occhi. Il clima era mite, le foglie profumavano, mi sentivo così bene. Così bene!

domenica 8 novembre 2009

Cattivi.

Ieri sera un ragazzo molto giovane, sui 20 anni, camminava verso il Valentino. Stava attraversando la strada. Aveva i capelli tinti di biondo platino, i pantaloni aderenti, le calze rosse che spuntavano sopra un paio di scarpe tipo All Star. Una grossa sciarpa gli avvolgeva il collo con più giri e una borsa a tracolla gli penzolava sulla spalla destra. Aveva lineamenti molto delicati. Poi accanto al ragazzo è passato un pulmino pieno di adolescenti o poco più. Si è fermato al semaforo. Questi ragazzini hanno visto il loro coetaneo biondo dai finestrini e hanno iniziato a insultarlo. Battevano contro i vetri come scimmie. Il ragazzo poteva essere gay, come non esserlo, e quelli lo massacravano di offese pesanti. Fortuna che non sono scesi perché sarebbe successa una strage. Comunque io dico: questi maledetti omofobi che girano per le nostre città: cos'hanno al posto dell'anima, del cervello? Quella scena mi ha preoccupata molto. Quella cattiveria mi ha spaventata. Un conto è sentirla al telegiornale, un conto è vederla a occhio nudo...

venerdì 6 novembre 2009

Imparare.

Imparare: mi rendo conto che si sa poco di sé e del mondo. Io so poco. Sembra di sapere e non si sa e si deve imparare da capo. Imparo a fare un risotto con i funghi, imparo che le persone sono infiniti sipari, infiniti atti di spettacoli teatrali, imparo che gli oggetti cambiano da un giorno all'altro così come la mia faccia allo specchio.

lunedì 2 novembre 2009

Pianto dei poeti.

Ruba a qualcuno la tua forsennata stanchezza
o gemma che trapassi il suono
col tuo respiro l'ombra che sta ferma
di fronte ad un porto di paura
quel trascendere il mito
come se fosse forzatamente azzurro
o chi senza abbandono
che non sanno che il pianto dei poeti
è solo canto.
Canto rubato al vecchio del portone
rubato al remo del rematore
alla ruota dell'ultimo carro
o pianto di ginestra
dove fioriva l'amatore immoto
dalle turbe angosciose di declino
io sono l'acqua che si genuflette
davanti alla montagna del tuo amore.

Alda Merini

Signore di Corso Trapani.

Questa mattina la città sembrava deserta. Un deserto di nebbia e di ghiaccio e di acqua sospesa nell'aria grigia. Mi sentivo sola, ero sola in Corso Trapani. Per un attimo ho pensato a un incantesimo: non c'era davvero nessuno oltre me. Neanche una macchina o un motorino. E poi è spuntato lui dal suo portone. Cappello di lana bordeaux a punta come il grande puffo, giaccone verde, bastone, pantofole, pantaloni del pigiama, niente sigaretta. Avrei voluto dirgli: ho saputo che in Cina la gente esce tranquillamente in pigiama, proprio come Lei, e gira per le città senza vergognarsi! Ma poi ho lasciato perdere, e sono andata avanti per la mia strada.

Arteamor.

http://www.arteamor.it/

Se potete, guardate questo sito...

venerdì 30 ottobre 2009

This is it.

Ieri sera l'ho visto qui vicino a casa mia all'Eliseo. This is it: il documentario sull'ultimo concerto mai avvenuto di Michael Jackson. Saremo stati in dieci in sala. Ma alla fine tutti applaudivano. E l'applauso è durato molto. Tutto questo mi colpisce davvero. Tutta la vicenda di Michael Jackson, conoscere solo adesso un artista che non capivo, cambiare idea. Non so bene perché ma mi lascio trascinare.

Dimenticanze.

Ogni tanto mi dimentico di vivere. E passo intere giornate nel panico, nella paura, nella superstizione. Immersa vischiosamente in quel terrore, smetto di guardare la gente che cammina per strada, smetto di leggere, di capirci qualcosa. Tutti gli oggetti e le persone attorno a me spariscono o sbiadiscono o si paralizzano come statue, come se io dicessi: l'orologio di Milano fa tic tac. E tutto si ferma. Ogni attività smarrisce il suo significato e la interrompo. Finisce tutto in una bolla di sapone. Ed è molto rischioso, se ci pensate.
Però poi basta una piccola cosa semplicissima, come ad esempio accompagnare stamattina mia mamma dall'oculista, per ricordarmi chi sono, quanto sono attaccata a lei, a me stessa e alle altre persone e alla vita vera. Quanto potrei fare, dire, rimediare, scrivere, imparare, insegnare, risolvere, creare. Oddio: è un'illuminazione, una festa privata che si prepara dentro di me anziché fuori. E intanto la città si riaccende all'improvviso, si colora, si veste, si muove in musica come una giostra. E gli ingranaggi del mio cervello scricchiolando si rimettono in funzione come un vecchio orologio. Allora mi rendo conto del tempo che ho perduto, delle settimane e delle ore che scorrevano davanti a me a mia insaputa e li perdevo davvero come si perde il treno. E li dimenticavo. E mi dispiace e cerco proprio un rimedio per questa dimenticanza.

mercoledì 28 ottobre 2009

C'era una volta...

...il tizio che non dormiva mai. Ciondolava con la sua testolona pesante per le vie e per i bar di Borgo San Paolo. Era così stanco che si teneva sempre la faccia con le mani e si arrampicava sugli alberi dei giardinetti sperando di riposarsi nella natura. Quando tornava a casa si metteva i tappi di gomma nelle orecchie e chiudeva ben bene le persiane per fare il buio totale. Ma niente. Non dormiva, non sognava, non russava e non sbadigliava ormai da troppo tempo!

giovedì 22 ottobre 2009

Formica.

Questa signora si chiama Formica e assomiglia proprio a una formichina, secondo quanto mi hanno raccontato i miei genitori che la vedevano attraversare la strada tutte le mattine in corso Peschiera. Una signora piccola e dallo sguardo buono. Questa mattina è stata investita ed è in prognosi riservata al Cto di Torino con molte fratture. Anche se non la conosco di persona chiedo, se possibile, a chi legge un pensiero per lei.

http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/77041/

martedì 20 ottobre 2009

Mai raccontare i sogni/15.

Ho sognato che tornavamo a casa ma la porta era già aperta. Entravamo con circospezione ma non c'era nessuno di visibile. Eppure si avvertiva una presenza. Un essere cattivo che ci precedeva nelle stanze e scompariva al nostro arrivo. Era notte. Era buio. Era freddo. Dario Argento: salvaci tu!

La Panettiera.

Premesso che il mio bisnonno faceva il panettiere e che se potessi tornare indietro farei questo mestiere di sicuro, vi dico che ogni mattina entro in una panetteria per comprare una bottiglia di acqua naturale. Qui ci sono due donne, madre e figlia. La figlia è un donnone biondo, ha il fiuto per gli affari e mi fa pagare la bottiglia 80 cent. La mamma è una signora infreddolita sull'ottantina, una persona onesta e quando c'è lei la bottiglia la pago 70! Questa mamma non so come si chiama ma a occhio e croce direi Nerina. (la figlia: forse Gilda o Gualtiera, un nome così). A Nerina mi sono affezionata e ormai scambiamo due parole. L'altro giorno il tema era "il lavoro oggi". E' dura, c'è il precariato, c'è la crisi, non si può mettere su famiglia. Questo l'ordine del giorno. Ma poi lei mi ha fatto notare che loro non riescono a trovare un panettiere giovane che lavori di notte.

- Mi dicono che la sera non possono perché vogliono andare in discoteca.

Ah. Ho capito. La complessità, la varietà, l'insensatezza degli esseri umani, di questa città, del Pianeta Terra.

sabato 17 ottobre 2009

Il Pavone.

Mi sento come un pavone che non sa fare la ruota.

Felicità.

Sono pronta a morire per questa idea: si può essere felici per gli altri e non solo per se stessi. Sono pronta a morire per difendere questo concetto. Non è facile, anzi, nella pratica è tra le cose più complicate, anche se a parole son capaci tutti. Ma sforziamoci, lavoriamoci davvero a gioire per qualcosa di bello che capita a qualcuno che non siamo noi stessi. A me riesce e infatti oggi sono molto felice.

Storiella.

Un giorno il re chiede a Chuang-Tzu - il più bravo pittore della Cina - il disegno di un granchio.
Chuang-Tzu risponde: "Ho bisogno di cinque anni di tempo e di una villa con dodici servitori!".
Il re acconsente.
Dopo cinque anni il re va nella villa per vedere l'opera di Chuang-Tzu, ma scopre che il disegno non è ancora cominciato.
"Ho bisogno di altri cinque anni per finire il mio lavoro" dice Chuang-Tzu.
E il re acconsente di nuovo.
Dopo altri cinque anni torna nella villa per vedere se il disegno è pronto.
Chuang-Tzu allora prende in mano un pennello e in un momento, con un solo gesto, disegna un granchio, il più perfetto granchio mai visto.
(Lezioni Americane, Calvino)

venerdì 16 ottobre 2009

Come dorme un bambino.

Trovo che questa sia una delle più efficaci descrizioni di come dorme un bambino. Per una cosa così delicata e dolce e preziosa e tenera e unica come il sonno innocente di un bimbo ci vogliono i maestri e i capolavori, come Thomas Mann e i Buddenbrook:

"Il piccolo Johann Buddenbrook giaceva supino, ma aveva rivolto verso la stanza la faccina incorniciata dai lunghi capelli castano-chiari, e respirava contro il cuscino, con un lieve fruscio. Una delle mani, le cui dita sbucavano appena dalle maniche troppo lunghe e troppo larghe della camicia da notte, era posata sul petto, l'altra era allungata sulla trapunta, e ogni tanto un fremito agitava le dita contratte. Anche le labbra semiaperte si muovevano debolmente, come sforzandosi di formar parole. Di quando in quando passava su tutto il visetto, dal basso all'alto, un non so che di doloroso, che incominciando con un tremito del mento si propagava intorno alla bocca, faceva vibrare le narici delicate e metteva in moto i muscoli della fronte... Le lunghe ciglia non riuscivano a nascondere le ombre bluastre annidate negli angoli degli occhi.
- Sogna, - disse la signora Permaneder commossa. Poi si chinò sul bambino, baciò con cautela la guancia accaldata dal sonno, riaccostò le cortine e tornò presso il tavolo (...)"

giovedì 15 ottobre 2009

Signore di Corso Trapani.

Esiste davvero o la vedo solo io? Ma comunque, oggi ho trovato appropriato il suo giacchetto blu di mezza stagione. Sigaretta e fazzoletto per proteggersi dalle emissioni nocive dei lavori in corso. Osservava tutto senza perdersi un movimento della ruspa! Il Suo cappello da baseball mi ha messo allegria. Ne avevo bisogno. Ne ho bisogno tutti i giorni.

martedì 13 ottobre 2009

Point of view.

"Ho imparato molto da Faulkner, soprattutto come si possa osservare la stessa cosa da più punti di vista".
(Abraham B. Yehoshua)

lunedì 12 ottobre 2009

Wento!

Wow, è arrivato il vento. Io amo il vento, perché rinfresca l'anima e le ossa. Risveglia i cervelli addormantati. Mi sento a casa, mi sento bene quando c'è questo vento che trafigge il sole sotto un cielo aperto e azzurro. La luce chiara svela le cose come non le si ricordavano più, rimodella i contorni degli oggetti dimenticati. Mi piace camminarci contro, sembra quasi un sentimento materializzato che ti abbraccia come un vecchio amico. Tral'altro è l'unico modo, per me, paradossalmente, per avere i capelli pettinati e lisci. Risultato che non ottengo neppure con un super phon gigante e una piastra professional. Cosa posso chiedere di meglio? The answer my friend is blowing in the wind.

Il frigo della nonna.

Avete un vecchio frigo piccolo di cui non sapete più cosa fare? Apparteneva alla nonna e non volete buttarlo? Potrebbe servirvi in futuro ma non sapete al momento dove metterlo? Fate come me, lavatelo ben bene e riempitelo di libri. Utilizzatelo, per intenderci, come un mobiletto. Farete un figurone senza spendere un centesimo.

Signore di Corso Trapani.

Buongiorno, signore di Corso Trapani. Calzini, cappello, sigaretta, bretelle: tutto al suo posto. Grazie di essere lì quasi ogni mattina. Ci sono certi giorni in cui mi sento così fragile e vulnerabile, il mondo mi appare troppo grande e freddo come una foresta di notte. La sua presenza invece riporta un raggio di luce sicura nel mio risveglio lento mentre cammino. Lei è così anziano e così costante che assomiglia a una pianta. Che anche in autunno senza foglie rimane lì solidamente ad aspettare gli eventi!

sabato 10 ottobre 2009

Mai raccontare i sogni/14.

Ho sognato di ritrovarmi in una specie di tenda da circo a consultare una di quelle maghe che leggono la mano (...). Questa donna storceva un po' il naso poi diceva: certe cose non posso dirtele ma sarai felice nei prossimi mesi. E poi scarabocchiava su un biglettino, lo ripiegava e me lo sporgeva insieme a un lustrino nero. Sul biglietto c'era scritto: segretezza spirituale.

Mi vergogno!

Ecco, per riallacciarmi al post precedente: dopo essermi presa una bella otite a maggio, ho ripreso coraggio e sono tornata in piscina a sgambettare nell'acqua. Mi piace così tanto che ho vinto la paura del contagio! Lì è bello perché ci si rilassa e si possono osservare molte persone diverse. Tra queste, un fantastico gruppo di ragazzine, della serie piccole peppie torinesi crescono! Si stavano mettendo le scarpe finita la nuotata e parlavano. Era tutto un "mi vergogno" di andare in giro con questa maglietta. "Mi vergogno" di andare in giro con queste scarpe. "Mi vergogno" dei miei capelli. Oddio. Le capisco: io a quell'età mi vergognavo di tutto, persino di respirare. Però in generale ho pensato che invece erano delle bambine normalissime, carine, degne di girare con quei vestiti, quegli accessori e con quei capelli. Penso: se ancora "essere donna oggi" significa vergognarsi di tutto siamo messe male.

Rosy Bindi.

Mamma mia: ma come si fa a commentare la frase pronunciata da Berlusconi al suo indirizzo?

http://www.corriere.it/politica/09_ottobre_08/berlusconi-bindi-battibecco-porta-a-porta_828e7274-b3ec-11de-afa2-00144f02aabc.shtml

L'unica cosa che mi viene in mente è questa: in Italia gli uomini a pensarla così sono tantissimi. Per questi uomini la bellezza di una donna consiste solo nel suo modo di truccarsi, vestirsi e atteggiarsi femminile. Nel suo modo di tingersi i capelli e di andare dall'estetista. Una può anche non avere dei bei lineamenti del viso o essere un'idiota ma se è tonica, tinta e abbronzata va bene. Tutte le altre, quelle magari che si limitano a tenersi pulite, semplici e sane ma senza andare oltre nel make up o nel look, sono delle schifezze, delle sciatte, degli scarti della natura. Queste donne sono il nemico, sono trascurate, fanno sfigurare. Sembra incredibile ma lo pensano davvero. Ricordo ancora un ragazzino che avrà avuto 15 anni, ai miei tempi negli anni Novanta, che ha detto: per me una donna non è donna se non porta il tacco. Banalmente: noi donne non come persone ma come oggetti, al pari della macchina, della casa, dell' iPod!

giovedì 8 ottobre 2009

Odio e Amo.

Odio:
La scritta Vodafone: il tuo traffico disp. è inferiore a 1 euro.

Amo:
Un quadernetto giallo che ho qui di fronte a me, profuma di cannella!

Il complotto.

Sono prudente nell'esprimere le mie opinioni politiche, non perché non ne abbia o per paura ma per ignoranza. Ovvero: ignoro molte informazioni pertanto mi sento a disagio nell'espormi troppo. Cerco di leggere e aggiornarmi ma a fatica tengo il passo. Alcune cose non le capisco, altre mi annoiano. Tuttavia mi pare un tantino eccessivo, relativamente alla questione del lodo Alfano (detto Angelino Jolie eh eh), chiamare in causa addirittura la teoria del complotto. Come anche ha detto Casini, in un'intervista televisiva, è noto che si ricorre a tali bislacche teorie quando si fatica ad affrontare o ad accettare la realtà. Lo capisco, non è facile. Però fa parte della crescita, del diventare adulti.

Switch-off.

Bello, per carità, il passaggio al digitale terrestre in Piemonte. Ci sono tanti bei canali nuovi, tipo QOOB. Bello bello. Però non voglio immaginare come si sono sentite certe persone anziane, magari sole, senza gli strumenti o le capacità di comprendere cosa fare esattamente per poter rivedere la TV. Benché avvisate dai giornali e tg, per queste persone è stato un piccolo trauma. O un grande trauma, dal momento che gran parte della loro vita, della loro linfa vitale, proveniva proprio dal quel piccolo schermo che si è spento e ammutolito di punto in bianco.

martedì 6 ottobre 2009

Il gabbiano.

"Esistono idee che quando ti prendono non ti lasciano più; ci sono di quelli che notte e giorno pensano, non so, continuamente alla luna... ecco, anch'io ho la mia luna. Giorno e notte sono posseduto da un unico pensiero ossessionante: devo scrivere, devo scrivere, devo scrivere, devo, devo... Non ho neanche finito un racconto che già, non si sa perché, ne devo scrivere un altro, poi un terzo, dopo il terzo un quarto... Scrivo in continuazione, sempre di corsa, come un viaggiatore che cambi a ogni stazione cavalli e riparta subito... non posso fare altrimenti..."

(Cechov, Il gabbiano)

Ribellione interna.

Mah a me capita uno strano fenomeno: sono una persona mite e quieta. Sulla carta, razionalmente, a parole e lucidamente mi va bene tutto. Accetto tutto. Sono volenterosa, umile, bene educata, consapevole dei miei molti limiti. Sottomessa a volte, remissiva fino allo stremo, supplichevole, modesta. Al tempo stesso, pur contro la mia volontà e la mia ragione, agisce dentro di me una specie di forza ribelle muta e micidiale. Questa potenza si esprime attraverso "blocchi" sorpendenti, improvvisa inettitudine, inspiegabile incapacità, malore, svenimento, attacchi di panico. Quando questa forza non vuole fare una cosa, non la fa. Direi che è irremovibile. Come una frana che precipita con la forza di gravità. Nonostante il mio intervento, la mia buona fede, lei vince su tutto e mi ferma. Di fronte a certe circostanze di lavoro o personali, essa ha agito in vece mia. Poverina: quando questa forza si sente schiacciata dalle mie proteste, mi minaccia anche attraverso numerosi sintomi fisici, sempre differenti. Come se il mio stesso corpo si alleasse con lei contro di me. Sembra impossibile, ma è la nuda verità.

lunedì 5 ottobre 2009

Lezioni di vita.

Ciascuno di noi terrestri si sente il centro dell'Universo. L'ho capito oggi all'ufficio postale. Scoccava la prima ora di coda e avevo già letto tutta la Stampa dall'inizio alla fine e viceversa. Ero già entrata e uscita da un classico attacco di panico da attesa in fila indiana. Avevo già contato fino a dieci un centinaio di volte. Quando alla fine ho deciso di accendere i fari sulla gente che mi circondava. E lì ho capito. Dunque in questo nuovo ufficio postale che frequento bisogna prendere un numerino. I numerini seguono due ordini di misurazione: le lettere e i numeri stessi. Es. A1 C1 B2 ecc. A me è capitato il C129, ad esempio. Pertanto non si tratta di un attesa normale bensì di un'attesa multipla. Non solo quindi devo attendere il C128, ma anche che si smaltiscano le altre lettere. Smaltimento che non segue un ordine crescente alfanumerico, bensì l'ordine di arrivo. Così può capitare, ad esempio, che un B122 preceda un A139. Il punto è questo: le donne in fila, ogni singola donna è convinta che le impiegate prediligano le altre lettere. Ogni quarto d'ora si sollevavano boati che sibilavano: Eh però la A non esce mai! Eh qui chiamate solo la C! Ma la P è rotta? Uffa sempre, solo ed esclusivamente le B!
No, signore mie. Non ce l'hanno con noi. Un po' di pazienza e paghiamo tutte il nostro amatissimo bollettino sgualcito.

domenica 4 ottobre 2009

Across the Universe.

Avevo 15 o 16 anni, ero innocente e non sapevo niente del mondo. Quando, confinata nella mia cameretta, dovevo fare i compiti spesso e volentieri invece scrivevo diari e poesie (sigh!), guardavo la televisione o ascoltavo la musica. Questa musica oscillava quasi esclusivamente tra Elio e le Storie Tese e i Beatles, non molto altro. Quando ascoltavo i Beatles, mettevo poi questa canzone cantata da John Lennon. Mi sedevo per terra e chiudevo gli occhi. Mi lasciavo avvolgere dalle parole e dalla melodia. Pensavo: allora questa è la vita? Questo offre la vita? Allora questo è possibile? Ed ero così felice che mi scoppiava il cuore. Ero così felice che il futuro mi appariva facile e infinito di fronte a me.


Words are flying out like
endless rain into a paper cup
They slither while they pass
They slip away across the universe
Pools of sorrow waves of joy
are drifting thorough my open mind
Possessing and caressing me

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world

Images of broken light which
dance before me like a million eyes
That call me on and on across the universe
Thoughts meander like a
restless wind inside a letter box
they tumble blindly as
they make their way across the universe

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world

Sounds of laughter shades of life
are ringing through my open ears
exciting and inviting me
Limitless undying love which
shines around me like a million suns
It calls me on and on across the universe

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Jai guru deva
Jai guru deva

Onda su Onda.

Chi avrebbe mai immaginato che si potesse non dico eguagliare ma ambire a raggiungere la bellezza della descrizione di un onda di Italo Calvino? E invece, secondo me, Uwe Johnson nell'incipit di I giorni e gli anni 1 ed. Feltrinelli ci è riuscito:

"Onde lunghe arrivano di traverso alla spiaggia, s'inarcano in fasci muscolosi, drizzano creste sfrangiate che al colmo del verde si rovesciano. La rigida volta, già un poco venata di bianco, schiude all'aria una cavità tonda che sotto il peso della massa chiara si schiaccia, come se lì un segreto fosse fatto e disfatto. Quando il cavallone si sfascia sradica i bimbi dalla sabbia, li rotola con sé, li stende e li trascina sulla ghiaia del fondo. Oltre la risacca, le onde traggono di schiena lei che nuota a braccia tese. Il vento è incostante, con un vento così sfibrato il Baltico si riduceva a uno sciaquettio. Increspato, era la parola per le onde corte del Baltico".

Come se lì un segreto fosse fatto e disfatto...

sabato 3 ottobre 2009

Andrea De Carlo all'Era Glaciale.

Ieri sera lo scrittore Andrea De Carlo alla trasmissione TV l'Era Glaciale ha accennato alla sua decisione di sottrarsi alla giuria del Premio Strega. Rimando qui al suo sito dove spiega nei particolari il fatto. Sono senza parole. Personalmente, vorrei sempre che tutto filasse liscio. Però, leggendo le sue parole, in effetti non si può non aprire gli occhi su una triste realtà...

http://www.andreadecarlo.com/www.andreadecarlo.com/Notes/Voci/2009/6/16_PERCHe_NON_PARTECIPO_AI_PREMI_LETTERARI_(e_perche_mi_sono_dimesso_DALLO_STREGA).html

venerdì 2 ottobre 2009

Le cose respirano!

Ogni tanto, non capita anche a voi? Mi avvicino a un oggetto e ho la sensazione che esso respiri. Da sempre sono convinta che anche gli oggetti possiedano una specie di linfa vitale, diversa dalla nostra ma capace di conferire loro un senso di esistere.

giovedì 1 ottobre 2009

Passaparola?


Perché? Mi chiedo di fronte a questa pubblicità progresso che dovrebbe invitare i cittadini alla lettura. Perché amici? Perché la gente che legge è tutta vestita di bianco (fatto salvo il cappello beige della nonna)? Perché il bambino indossa una t-shirt con il collo anni Novanta? Perché il gazebo inondato di vento e di luce new age? Nella migliore delle ipotesi potrebbero assomigliare a cherubini intenti a cibarsi del nettare degli dei. Nella peggiore sembrano spilorci alieni che ci guardano da lontano. Ahimé l'effetto di questa campagna ai miei occhi risulta l'oopposto di quello (credo) desiderato. "La lettura è una cosa strana, per noi che ci vestiamo tutti di biancoooo" Mi sussurrano queste comparse. Come fantasmi provenienti dall'al di là. Così, per parlare chiaro, si allontana dai libri chi è già lontano e non si avvicina proprio nessuno.

Il tempo di ghiaccio.

Certi pomeriggi mi capita di vedere congelato il tempo che smette di scorrere come un fiume e si ghiaccia come dentro a un freezer.

mercoledì 30 settembre 2009

Charlie Chaplin.



A volte bisogna avere coraggio e dire i segreti. Svelare verità nascoste. Aprire il proprio cuore. Mettere da parte la suprestizione. A volte si tace per paura. A volte si tiene per sé un amore che invece oggi sento di voler spartire con gli altri. Il mio amore per Charlie Chaplin. Giacchetta stretta, pantaloni larghi. I suoi sospiri, i suoi sorrisi bianchi, i suoi capitomboli. Se si potesse spiegare chi si è veramente, io direi, per sintetizzare, che sono Charles Chaplin. Anzi Charlot. Vorrei essere come lui. Mi inchino di fronte al suo genio.

Pioggia di foglie.

Oggi ero in un vialetto e a un certo punto è scrosciata dal cielo una pioggia di foglie gialle che volteggiavano e poi atterravano accompagnate dai raggi di sole.

domenica 27 settembre 2009

Letture domenicali+tazzinadicaffè.



Esordio straziante al romanzo di Valeria Parrella. Dalla copertina al titolo: trovo che questo sia un libro imperdibile e importante. Copertina perfetta, suggestiva. Titolo altrettanto perfetto, ben incastrato nella storia. Storia che racconta di una mamma single sulla quarantina che partorisce una bimba prematura e che vive il tempo (e lo spazio) dell'attesa tra la vita e la morte. Divisa tra il reparto di rianimazione, dove la piccola giace intubata, e la propria quotidianità sconvolta. Spesso, spremendomi le meningi, mi sono ritrovata a chiedermi quale scrittrice donna del nostro tempo in Italia si potesse annoverare tra gli autori più interessanti e promettenti. E sempre mi sono risposta: Valeria Parrella! Lei riesce, con questo suo primo romanzo, a farci entrare negli interstizi di una vicenda traumatica (io lo so, perché l'ho vissuta al contrario, da figlia di una mamma che è rimasta a lungo nello "spazio bianco" e a lungo l'ho aspettata come la protagonista del romanzo fa con la sua piccola Irene). E ci riesce così bene da distrarci anche con un'altra incursione in una professione oggi più che mai rilevante, quella che svolge la protagonista, di insegnante di italiano in una scuola serale, dove passa in parata un'umanità sofferente e al tempo stesso ricca, misera, dislessica e al tempo stesso portatrice di doni e di speranze. E per di più a Napoli, città nell'occhio del mirino. Città di cui tutti siamo curiosi e lei sa colmare questa curiosità. Gli unici momenti difficili della lettura sono stati, per me, un linguaggio troppo ricercato, in alcuni punti: troppo ricercato per i miei gusti s'intende, e il carattere altrettanto ostico della protagonista stessa. Ostico e forte e coraggioso. Il contrario di ciò che sono stata io stessa in quelle simili circostanze. Ma è anche vero che lei è una mamma e invece io ero e sono ancora una figlia. So che si capisce forse poco: chi leggerà (spero in molti) capirà meglio le mie parole.

Roma.



Amici, perdonate la mia breve assenza. Sono stata per qualche giorno a Roma. Un cosiddetto week-end lungo o una settimana corta o che dir si voglia. Roma: le mie parole sono insufficienti a descriverla. Sono stati scritti fiumi di inchiostro su di Lei. E chilometri di pellicola su di Lei. Io non l'avevo mai vista, solo immaginata. La realtà tuttavia ha superato di mille miglia l'immaginazione. Al momento sono destabilizzata nel corpo e nella mente. Roma mi ha sconvolta amici. Immensa è forse la parola giusta. Non ho mai visto tanta gente tutta insieme, tante dita scorrere sulle vie di così tante cartine spalancate sulle ginocchia di tutti. Un mondo incredibile si è aperto di fronte ai miei occhi. Ne sono rimasta pietrificata. Sperando di tornare al più presto alla lucidità, faccio solo un piccolo elenco delle mie memorabilia:

1) Il Vittoriano: è enorme, è bianco, è una enorme manna dal cielo bianca. I carabinieri immobili e i fuochi perenni lo presidiano. Il monumento a Vittorio Emanuele II (un piemontesino!) ha i baffi lunghi tre metri. Se ti siedi sui gradini ti fischiano per farti alzare. Immacolati marmi bresciani che, secondo la mitica Rough Guide, non si sbiadiranno mai. Non credevo esistesse nulla di simile prodotto da mani umane. Dall'altro lato della piazza Venezia: il balconcino da cui si affacciava Mussolini. Appare lugubre, fa paura.
2) Il Colosseo: dentro, si può entrare e non lo sapevo. Così spaventoso che mi è venuta un'emicrania micidiale. A un certo punto non ho capito più niente. Vagavo barcollante e più pallida che mai tra le immagini di bestie e battaglie navali e combattimenti. Scene cruente, vivide: ero molto affaticata.
3) Piazza Navona, Piazza di Spagna, Fontana di Trevi: esplosioni di acqua e bellezza senza inizio né fine. I miei occhi sono troppo piccoli!
4) I Fori Imperiali. Doppia emicrania da capogiro. La malinconia e l'euforia insieme del tramonto.
5) San Pietro: subito a destra: La Pietà di Michelangelo. Tutti a fotografarla. Commuove fino alle lacrime. La statua di San Pietro consunta dai fedeli. Tutte le proporzioni si dilatano, l’anima vorrebbe stare dietro a tanta grandezza e a tanto splendore. Salendo sul “cupolone” sono stata colta da angoscia per via delle infinite scale strette e ripide. Ma poi in cima si apre la città e il mondo intero.
6) La Cappella Sistina. Il Giudizio Universale, la Creazione di Adamo. Dentro non si può parlare e non si può fotografare. Qui regna il mistero e il segreto dell'esperienza più straordinaria concessa a una semplice creatura in carne e ossa.
7) Il Nuovo Sacher di Nanni Moretti: un cinemino d’altri tempi dove volendo si chiacchiera amabilmente con gli impiegati di sala. C’è anche un baretto in miniatura e una libreria improvvisata ma curatissima. Sul bancone del bar, incastonato in una mini nicchia con mosaici color panna, si può osservare una vera Sacher Torte in tutto il suo tondo sapore di cioccolato. I lavoratori, parlando con noi, chiamano Moretti “er capo”, che, mentre siamo lì, puntualmente telefona per sapere come sta procedendo la serata. E qui amici mi sono comprata una raccolta di interviste a Charlie Chaplin di Minimum Fax, un vero gioiello. Una birretta e via per le vicine trattorie di Trastevere.

8) Queste ultime, davvero strepitose e suggestive, mi sono costate care: una visita molesta all’alba al Policlinico per un fastidioso malore. Lì mi sono sentita a disagio e completamente spaesata. Ma per fortuna ora sto meglio.

9) Villa Borghese: cos’è, il Paradiso Terrestre? Lì anche l’umore più incerto vira al bello. Interessante la visita al cosiddetto “bioparco”. Gli animali mettono un po’ di nostalgia di libertà. Però la passeggiata vale la pena. Si torna bambini, per così dire.

10) La gente: tutto il meglio e tutto il peggio che si possa pensare, l’ho pensato. Alcuni autoctoni li ho trovati un po’ ossessivi nel perfezionismo gratuito e nelle buone maniere spinte all’eccesso, tanto che avolte ci si sente presi un po' in giro simpaticamente (ma non eravamo noi torinesi i falsi e cortesi?). Ma la maggioranza dei romani ti strappa una risata anche se non vuoi. Il barista, ad esempio, che quando gli chiedi una bottiglietta di acqua naturale da mezzo litro ti risponde: “ottima scelta signò”!

Tuttavia non posso sbilanciarmi di più perché il tempo è stato troppo breve.

Per riassumere, poiché vi sto annoiando, a Roma, come sapete, sono capitati e continuano a capitare gli eventi più decisivi del nostro Paese. In ogni angolo si deve inforcare la macchina fotografica e scattare perché proprio lì è successo qualcosa. A campo de’ Fiori il sacrificio di Giordano Bruno, in Via Caetani il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro ecc ecc. Roma è, come si sa, eterna, unica, immortale, un Aleph dove si trova tutto lo scibile e il suo contrario. Io non l’avevo mai vista e vivevo nell’inconsapevolezza. Adesso che ho visto e ho saputo, riprendo le mie umili attività.

venerdì 18 settembre 2009

Signore di Corso Trapani.

Buongiorno, garbato signore di Corso Trapani. Oggi sfoggiava il Suo berretto primaverile, quello blu! E va bene. Fumava la Sua sigaretta, e va bene, alla Sua età (con rispetto parlando) non potrà certo nuocerLe. Ma un dettaglio mi tormenta, laddove Lei sa che "Dio è nei dettagli" come diceva qualcuno. E il dettaglio è: i calzini gialli, (ma non è questo il punto), portati con i sandali estivi: secondo me no. Mi appello alla Sua eleganza, quella che esprime nel Suo sguardo discreto. La maggioranza degli uomini imprigiona la violenza negli occhi, l'oscenità nello sguardo che invece in Lei è assente. Lei rivela nell'azzurro dei Suoi iridi la gentilezza d'animo che oggi difetta in troppi miei coetanei. Ma adesso che ci penso: chissenefrega del calzino, Lei è speciale così com'è.

Morrissey, you have killed me.

Pasolini is me
'Accattone' you'll be
I entered nothing and nothing entered me
'Til you came with the key
And you did your best but

As I live and breathe
You have killed me
You have killed me
Yes I walk around somehow
But you have killed me
You have killed me

Piazza Cavour, what's my life for?

Visconti is me
Magnani you'll never be
I entered nothing and nothing entered me
'Til you came with the key
And you did your best but

As I live and breathe
You have killed me
You have killed me
Yes, I walk around somehow
But you have killed me
You have killed me

Who am I that I come to be here...?

As I live and breathe
You have killed me
You have killed me
Yes I walk around somehow
But you have killed me
You have killed me

And there is no point saying this again
there is no point saying this again
But I forgive you, I forgive you
Always I do forgive you.

mercoledì 16 settembre 2009

Esercizi di sopravvivenza/7.

Semplice esercizio di sicuro effetto. Acquistate un barattolo di Nutella, riponetelo in un cassetto e scordatevi della sua esistenza per qualche giorno o settimana. Poi, nel mezzo di un pomeriggio uggioso e melanconico, ricordatevene di colpo. Mollate qualsiasi attività e correte in cucina. Estraete di gran carriera un cucchiaino dal comparto delle posate, aprite il cassetto e afferrate con amore il bicchiere intonso. Scoperchiatelo in un sol gesto e inebriatevi al profumo che ne deflagrerà. Dopodiché, felici e contenti, immergete senza altri indugi il cucchiaino. Il resto lo lascio alla vostra fervida immagination.

Yoko Ono.

"Ricorda, quando dici I love you non lo stai dicendo solo alla persona amata ma anche a te stesso, al pianeta e all'universo".

martedì 15 settembre 2009

Questa sera.

Premettendo che non possiedo alcuna competenza politica né acume tali da giustificare un'opinione davvero autorevole, vorrei solo esprimere la mia impressione sui fatti del giorno che riguardano la sostituzione di una puntata di Ballarò con una di Porta a Porta in cui si renderà visibile la consegna dei prefabbricati della Croce Rossa e della Provincia di Trento ai terremotati di Onna.
Credo allora che il problema stia a monte, ovvero che tale consegna non dovrebbero proprio trasmetterla in TV, salvo per brevi inevitabili accenni al telegiornale, secondo il dovere di cronaca. Lo dico perché mi metto nei panni dei terremotati. Immagino che sia già una tale mortificazione aver perso tutto, aver perso anche la serenità di sonni tranquilli e di giornate operose e sicure che non è il caso di perdere pure la dignità e venir ripresi in questo momento così delicato. Il concetto di Reality Show non dovrebbe poter penetrare in tutti i luoghi del mondo con tale facilità. Tanto meno in quelli della sofferenza e della pena.

lunedì 14 settembre 2009

X Factor.

Ma parliamo di cose serie. Mi rivolgo ai telespettatori di X Factor: noto Talent Show di Rai Due condotto dal simpatico Francesco Facchinetti. E in particolare agli affezionatissimi del Processo a X Factor del sabato pomeriggio. La mia domanda è: ma perché i nuovi PM Antonella Elia e Carlo Pastore (che amerei anche soprannominare affettuosamente Parlo Castore)? Erano così bravi quelli vecchi, con quel retrogusto di anonimato competente. E invece questi due qua. Noiosi, invasati, petulanti. Alzano il livello Benedetta Mazzini e il vecchio Pier. Sempre secondo me.

I torinesi corrono.

Ma dove andate torinesi? Cavoli, stamane credevo di tuffarmi lentamente nel mio amato torpore e invece ho trovato una Torino diversa. E' ricominciata la scuola e l'avevo dimenticato. Quando ricomincia la scuola alle mamme e alle nonnette di Torino prende l'ansia, monta un nervoso incontrollato. Si possono osservare le più compunte peppie della città intabarrate nei completini nuovi che risaltano l'abbronzatura, arrampicate sulle scarpette con il tacco, sprigionanti profumi fiabeschi che all'apparenza amorevolmente accompagnano i bambini a scuola. In realtà queste finte fate sono streghette e vere bombe a orologeria pronte a esplodere in grida furibonde, ceffoni e minacce a non finire. Io mi spavento molto. Per tutta la giornata nei miei via vai non ho visto altro che bambini in lacrime, in preda ai capricci, stritolati nelle mani dei loro accompagnatori sfatti e sfiniti dalla vita, sbertuccianti nei più scomodi e improbabili grembiulini d'altri tempi. Ma le vacanze non servivano a riposare? A calmare l'isteria sabauda? Fortuna che ci sono le dovute eccezioni e ogni tanto qualche torinese sereno lo si può ancora incrociare in giro. Addirittura qualche donna gentile e sorridente. Ma son rarità. E poi corrono, ma corrono tutti, forte, goffamente, si inciampano. Vero è che io non faccio testo. La mia lentezza è proverbiale tra i miei cari. E ahimé, di questo passo, non so proprio dove (non) mi porterà. Ma certi giorni me la tengo stretta!

domenica 13 settembre 2009

Domani è un altro giorno di scuola.



Ricevo dalla mia amica e novella prof. Rossella e volentieri pubblico questo link che ancora si riferisce alla manifestazione catanese del 5 settembre al corteo dei docenti. E in bocca al lupo.

http://www.youtube.com/watch?v=QDvLpZuJd2Q&feature=related

sabato 12 settembre 2009

Black or White?

"Deirdre prende una sedia e dice che di solito preferisce il nero e mi informa del fatto che in molte culture il nero non rimanda al lutto o alla malattia ma è l'equivalente spirituale di ciò che rappresenta il bianco negli Stati Uniti e che in queste altre culture è il bianco che rappresenta il macabro. Le dico che tutto questo già lo so".

(David Foster Wallace, Una cosa divertente che non farò mai più)

venerdì 11 settembre 2009

Il bambino canterino.

C'è un bambino canterino alla fermata del bus che non la smette di cantare. "Garibaldi fu ferito fu ferito ad una gamba Garibaldi che comanda che comanda i suoi soldà". La fa con le parole o solo melodia. Nasale o di petto. Bravo eh. Grazie per il tuo impegno. Però, bimbo caro, un bel gioco dura poco!

;)

Signore di Corso Trapani (lettera aperta).

Gentile Signore di Corso Trapani,

Lei sa bene quanto vasta sia la mia stima nei Suoi riguardi. Più volte ho descritto le Sue inequivocabili virtù su queste umili pagine. Più volte ho osservato il Suo personale fascino restandone piacevolmente colpita, pur senza osare rivolgerLe anche solo una parola o un cenno di saluto. Mi permetta ordunque di indirizzarLe un appunto. Questa mattina Lei, fumando la Sua sigaretta, indossava un grosso gilet di lana verde e sfoggiava il Suo cappello da baseball invernale, quello a scacchi bianchi e neri. Ebbene: non crede sia prematuro un tale repentino e brusco cambio di guardaroba? Le giornate, dopo tutto, sono ancora calde.

Perdoni, tuttavia, il mio sconsiderato e acerbo impeto, ma comprenda la mia altrettanto sincera buona fede,
con immutata stima,

Sua Noemi.

Man in the Mirror,

I'm gonna make a change, for once in my life
It's gonna feel real good, gonna make a difference
Gonna make it right...

As I, turn up the collar on my favorite winter coat
This wind is blowin' my mind
I see the kids in the street, with not enough to eat
Who am I, to be blind?
Pretending not to see thier needs
A summer's disregard, a broken bottle top
And a one man's soul
They follow each other on the wind ya' know
'Cause they got no where to go
That's why I want you to know

Chorus:
I'm starting with the man in the mirror
I'm asking him to change his ways
And no message could have been any clearer
If you wanna make the world a better place
(If you wanna make the world a better place)
Take a look at yourself, and then make a change
(Take a look at yourself, and then make a change)

(Na na na, na na na, na na, na nah)

I've been a victim of a selfish kind of love
It's time that I realize
That there are some with no home, not a nickle to loan
Could it really be me, pretending that they're not alone?

A willow deeply scarred, somebody's broken heart
And a washed-out dream
(Washed out dream)
They follow the pattern of the wind, ya' see
'Cause they got no place to be
That's why I'm starting with me
(Starting with me)

Nabokov.

"Una cosa è essenziale. Ogni qual volta persone di talento si avvicinano all'arte con la sola idea di servirla sinceramente al massimo grado della loro abilità, il risultato è sempre gratificante".


"Tutti possono creare il futuro. Ma solo un saggio può creare il passato".

"Le cose che sono preziose, l'onestà, la tenerezza, l'apertura mentale, la vita nell'arte e un attaccamento vero, altruista, commovente, sono senz'altro i valori più grandi".