tazzina-di-caffè

mercoledì 26 febbraio 2014

Inaugurazione Caffè Vergnano.




L'Agricafè era per me uno di quei posti segreti dove passare del tempo in silenzio, ad ascoltare il niente, sperando di trovare soluzioni oppure anche a leggere. Altre volte era un premio per una giornata faticosa, nel vecchio quartiere dove ho abitato un bel po' di anni e si è formato un pezzo del mio mondo, del mio destino personale. Ora si va all'Agricafè, pensavo in certe ore in cui non sapevo che fare, cosa sarebbe successo nella vita. Era il posto dove portare tutti, dove far vedere, non so in quale strana maniera, per quale strana corrispondenza, "il meglio di me". 

Ma soprattutto era un luogo dove ero sicura di ricevere niente di più e niente di meno di un sorriso sincero. Silvio Paterno ha sempre fatto di più del suo lavoro, ho sempre pensato che la sua gentilezza venisse da un altro mondo, dalle stelle. 

Di una persona così è proprio difficile non diventare amici! Tifo per lui perché domani sera a Torino inaugura il Caffè Vergnano di Corso Vittorio 44. Sarà magico, perché parteciperà anche Arturo Brachetti. Questo è un messaggio strettamente riservato ai sabaudi (e non) che passano per lì, consiglio caldamente di venire a festeggiare e brindare.

E ne approfitto anche per segnalare la mia rubrica di libri (che gioia!) sul blog del Caffè Vergnano: una volta al mese racconterò un romanzo sorseggiando indovinate cosa?

Ecco qui il link!

Buona lettura + caffè.
Pubblicato da noemi a 13:47 Nessun commento:
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martedì 18 febbraio 2014

Le cose che sai di me.

Clara Sánchez, Le cose che sai di me, Garzanti
Dura la vita da blogger! Ma è pur vero e stravero che "stretta e angusta è la porta che porta alla vita". E in fatti certe volte capitano cose così. Un brunch con focaccine e brindisi e: scoprire (per me) e conoscere di persona e fare domande e conversare con una scrittrice spagnola di persona può essere molto piacevole. Insieme a blogger-amiche. Nel mio caso, poi vi dico, è stato anche un bel po' illuminante.



Lei è Clara Sánchez. L'autrice del best seller (che non avevo letto però) Il profumo delle foglie di limone. Con questo suo ultimo, ha vinto tre premi, tra cui il Planeta. Che le ha letteralmente cambiato la vita. Non semplicemente da un punto di vista economico (come ci ha assicurato: non si trasferirà alle Bahamas a breve...) ma anche sotto un aspetto esistenziale. Il Planeta è "il" premio spagnolo per antonomasia, raccontava, quello della consacrazione e della fama capillare e assoluta. Dico questo perché se ne è parlato molto, ieri, del tema del "successo". Tema delicato, controverso che Clara (uau sentite che confidenza che mi prendo) ha toccato con notevole intelligenza, e umiltà. Ovvero ci ha fatto notare che può essere deleterio. Ed è contenta di averlo raggiunto (se così si può dire, perché ci metteva a parte anche dell'esistenza di certe cliniche in USA dove invece la gente va proprio a disintossicarsi da questo fantomatico mostro chiamato "successo") in un'età relativamente avanzata. Prima, considerava, la cosa l'avrebbe travolta, e paralizzata. Ogni cosa è arrivata al momento giusto. Lo dico: sono rimasta completamente affascinata da lei. L'abbiamo incontrata nei locali della casa editrice Garzanti.


Intanto, ci ha salutati (anzi, salutate, eravamo tutte donne!) chiamandoci "los blogueros": che ridere, abituata prevalentemente ad autori anglofoni, è stato strano e bello ascoltare un suono diverso. Il romanzo poi racconta di Patricia, una modella bellissima e fortunata in ogni aspetto della sua vita che durante un viaggio in aereo riceve dalla signora Viviana - la quale ci accorgeremo essere il fulcro della vicenda, il Sancho Panza anzi, dove Don Chisciotte sarà proprio Patricia - un misterioso annuncio. Ovvero, Viviana la guarda e le dice che qualcuno vuole la sua morte. Di stare ben attenta. Dopo il turbolento viaggio verso Madrid, Patricia all'apparenza scorderà queste bizzarre parole. E tornerà alla sua splendida vita quotidiana fatta di viaggi e sfilate e shooting. Salvo poi doversene ricordare durante il primo di una lunga ed estenuante serie di incidenti e strane situazioni, qualche volta anche drammatiche. Patricia dovrà capire con l'aiuto di Viviana da dove viene allora il male. Quella forza oscura che determina questi incidenti incomprensibili: chi vuole la sua disgrazia. Chi la odia segretamente al punto da rovinarle la vita? Chi esercita l'insondabile quanto deleterio potere occulto della mente, dell'invidia ai suoi danni? Patricia dovrà passare in rassegna tutti, tutte le persone che le stanno accanto e comincerà a dubitare, a sospettare e a cedere alla paranoia. Solo Viviana sembra poterla aiutare in questa ricerca "del nemico", con l'ausilio di elementi magici proprio al limite del delirio. Ciondoli, amuleti, rituali non serviranno però a molto, perché il punto è un altro. 
 


Da lettrice, ho capito che il punto è, per Patricia, ritrovarsi a vedere il mondo per quel che è. 

Viviana le fornisce semplicemente, in una modalità che oscilla tra la spiritualità e la magia bianca vera e propria, le "risorse per modificare qualcosa nella sua esistenza. Le armi per modificare la realtà". Come ci ha spiegato la stessa autrice, rispondendo alle nostre domande. 

Abbandonare i panni della sua specifica perfezione giovanile di persona iper felice, e sentirsi per la prima volta spaventata, in pericolo. 

Come capita a tutti, presto o tardi. E forse è un bene. Dico, il crollo delle illusioni.

A me è capitato alla sua stessa età. 26. Per questo il libro mi ha colpita molto. E la mia domanda riguardava proprio questo argomento. 26. Sentivo che aveva un senso. 

A un certo punto Patricia, durante una sfilata, si blocca. Si pianta proprio sulla passerella. Non si muove di un centimetro. All'inizio sembra un colpo di teatro, e scatta anche un piccolo applauso. 

Ma ben presto si capisce che è un problema. In seguito al quale, decide di andare dal dottore a parlarne. Lui le prescrive le analisi, ma niente, è fisicamente sana. E allora cosa è successo? Lui le spiega: 26 anni è un'età particolare, lei soffre perché è nel pieno della sua realizzazione personale, ma la vita la fuori è difficile e questo processo non è indolore.

E quindi ho chiesto se avesse scelto volontariamente proprio quell'età, anzi quel numero. E se per lei questo si può considerare come un romanzo di formazione, anche. Oltre che un giallo psicologico.

Sì, ha spiegato. Le cose che sai di me è una novela di accrescimento. E, ci ho preso, il numero 26 aveva senso. Scrivendo, la scrittrice ha risentito i suoi personali 26 come se tornassero di colpo al presente, ha rivissuto le emozioni di quegli anni, quei dolori, quelle speranze.

Lo sapevo che aveva un senso particolare per me questa gita a Milano. Da qualche tempo mi chiedevo il perché di tante cose. Ma ieri, non so, mi pareva il caso di prendere il treno e partire per Milano, per incontrare lei. Mi è parsa una di quelle persone con quello che mi piace chiamare lo shining. Non nel senso del film! Comunque intendo dire persone che, a qualsiasi titolo, hanno qualcosa di misterioso, e profondo, e qualcosa che in un certo senso mi fa capire il valore inestimabile dell'incontrare, della bellezza, dell'ascoltare e del guardare.

Ne conveniva Clara Sánchez, quando ci diceva di essere contenta in modo particolare di essere lì con noi. Di incontrarci guardandoci negli occhi. Si è complimentata per l'influenza e il lavoro che svolgono i blogger sulla rete, ne era colpita. Diceva di tenere in considerazione il nostro giudizio, e ho trovato consistente la sua generosità: si è dilungata così tanto che ho perso il treno!

Le ho fatto la domanda sui 26 anni perché per un caso strano della vita mi sono ritrovata in una situazione del tutto analoga a quella della protagonista. Non a sfilare su una passerella, quanto alla parte della risposta del dottore. Mi è capitata una cosa, proprio verso quell'età, che ha sancito un prima e un dopo nella mia esistenza. E un dottore mi aveva proprio spiegato che a 26 anni è come essere nel mezzo di un fiume. E non vedi più da dove eri partita, ma nemmeno l'approdo. 

Ma non solo: da quel momento lì in poi (tra l'altro ho scoperto anche che la cosa che è successa a me è successa simile proprio anche alla scrittrice) è cominciato un processo lunghissimo di disvelamento. Lento, lento, che dura ancora adesso.

Ho cominciato a percepire il mondo con occhi diversi, a cercare, vedere, e in parte trovare una forma di verità. Ed è così che succede a Patricia. Clara diceva che scopre di essere sola, e non lo sapeva. Scopre di avere paura, quando pensava invece che tutto fosse meraviglioso e facile. Scruta tutto con circospezione, sfiora la paranoia, ci casca dentro, ma per uscirne più forte, nuova, adulta.

Lo sapevo che dovevo andare a guardare negli occhi questa scrittrice. A osservarla. In effetti, aveva la luccincanza! Ovvero, quella scintilla che mi fa pensare che la vita, nella sua complessità, nella sua fatica, svela i propri segreti attraverso gli sguardi, le parole, la forza, la serietà e il desiderio. Il desiderio anche di capire come le cose funzionano. In una continua esaltante, faticosa esperienza che non smette mai credo, temo, spero. 

Comunque questo è anche un libro sull'amore. Figuriamoci se poteva mancare. Ma osservato da un altro punto di vista: ovvero: Patricia è una Anna Karenina che adora letteralmente il marito, che è un personaggio mostruosamente orribile (fatto del quale l'autrice è fiera, perché suscita reazioni forti nei lettori), ma, a differenza della nota eroina di Tolstoj, si salva. Non muore per amore, ma sceglie di vivere. Di considerare l'amore come fonte di vita, e non di dolore. Bellissima notizia. 

Questi e altri temi sono tutti emersi nelle domande delle altre blogger. Nella fattispecie, tra gli altri: Sul Romanzo, Gli amanti dei libri, Critica Letteraria. 

Bene. Quindi è scattato il brindisi. Che sembrava di stare a una festa. In effetti lo era. Lo è stata. Per me, privatissima, perché questi sono i classici momenti in cui capisco delle cose in modo luminoso, in cui mi accorgo del senso di leggere, di scrivere, e di far lavorare dentro, e fuori, le cose in modo costruttivo. Ma poi anche per gli altri, c'era una bella atmosfera, che aiuta, nel mezzo di tutto, delle preoccupazioni, esistono le sorprese. 




Pubblicato da noemi a 17:02 Nessun commento:
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giovedì 13 febbraio 2014

Territorio Zero - una recensione di Antonio Benforte ed Econote.

Territorio Zero, a cura di Livio de Santoli e Angelo Consoli, Minimum fax

 Buongiorno buongiorno! Ringrazio tantissimo Antonio Benforte, per questa recensione che introduce una bella novità, per questo blog e per me. Da oggi, comincio infatti una collaborazione con Econote.it. Un magazine indipendente che si occupa di temi a me particolarmente cari: ecologia, sostenibilità da molti punti di vista.  

Qui, c'è il mio primo post. Si intitola Running in the rain e inaugura un rubrica sugli sport all'aria aperta. Sono davvero felice di questa nuova avventura e ringrazio Antonio e tutto il bel gruppo di Econote.it che, dal 2008, lavora per un mondo più verde :)


 


Prendete un libro. Osservatelo, leggetene la quarta di copertina. Fate frusciare le pagine, annusatele. Ogni libro che leggete è un viaggio. Può essere più o meno bello, ma vi cambierà, statene certi. Alcuni libro lo fanno grazie all’invenzione di una storia indimenticabile, mentre libri come Territorio Zero vi cambiano perché vi fanno comprendere che un altro modello di vita è possibile. Anzi: è necessario.

Curato da Livio de Santoli e Angelo Consoli, Territorio Zero è un “manifesto che impegna chi lo sottoscrive a realizzare un programma di sviluppo territoriale rispettoso delle risorse naturali in una visione innovativa”. Nel farlo, mette insieme una serie di contributi efficaci e intelligenti su tematiche ecosostenibili. Perché “la crisi attuale ci dice che il modello della seconda rivoluzione industriale è ormai inservibile”, ci dicono gli autori.
Ed è quindi necessario tornare allo zero: zero rifiuti, zero emissioni, zero chilometri per il consumo dei prodotti.

Non è certo un percorso facile, ma bisogna iniziarlo.
Soltanto cambiando ottica, uscendo fuori dalla logica attuale: riusando, riutilizzando, rimettendo in circolo le cose.
Bruciare un rifiuto è una follia, lo stesso è buttarlo in discarica, ci fa capire Paul Connett nel suo intervento “Territorio Zero. Un imperativo morale per la sostenibilità”.
Leggendo alcuni passaggi del libro sembra che si tratti di un romanzo di fantascienza. Ma non perché siano proposte inattuabili, anzi. Perché l’attuale politica e le amministrazioni pubbliche sembrano sorde a questi messaggi, e il tutto sembra lontano, impossibile da realizzare.

Gli spunti offerti da Territorio Zero spaziano dall’agricoltura e l’energia alla valorizzazione del territorio, passando per la gestione del ciclo dei prodotti e la mobilità sostenibile.
Molte cose sono interconnesse, alle volte non ci pensiamo. Ad esempio, la qualità dei cibi, la qualità della vita, la gestione dei rifiuti, hanno anche un profondo impatto sulla nostra salute. Nella nostra epoca crisi ambientale, crisi della salute e crisi dei lavori sono collegate, e bisogna quindi ripensare anche a nuove politiche per la gestione della salute pubblica.
E la cosa più importante a proposito dei contenuti di questo libro è che non si tratta di chiacchiere sterili: gli autori si pongono anche degli obiettivi: nel breve, nel medio e nel lungo periodo.

Difficile scegliere il contributo più interessante. Forse ce ne sono alcuni più immediati di altri, sia per la capacità dell’autore di divulgare un’idea (penso nuovamente a Connett e la sua strategia Rifiuti Zero, o Carlo Petrini e il Chilometro Zero) che per la notorietà del tema, ma in linea di massima uno dei pregi del volume è l’accessibilità dei contenuti: niente paroloni, niente formule misteriose. Anche quando si parla di approccio strategico alla finanza selvaggia con Alessandro Politi o di evoluzione della città con Franco Purini.
Al contrario, una luminosa chiarezza. Una chiarezza che passa attraverso car sharing ed energie sostenibili, l’abolizione del “vuoto consumismo a perdere” e tante piccole e grandi sfide.

Dobbiamo affrontarle, dobbiamo prepararci a tutto questo, modificando ciascuno di noi il proprio approccio alla vita e alle cose. La terza rivoluzione industriale, così come è stata definita da Jeremy Rifkin, comincia a realizzarsi in tutto il mondo.
Citando Sergio di Cori Modigliani, autore forse del contributo più emozionante del volume: “Siamo sette miliardi di animaletti che si agitano su una gigantesca biosfera che gira intorno al sole. E siamo arrivati al capolinea dopo diecimila anni di civiltà. O ne usciamo tutti insieme. O non ne usciremo”.

Pensiamoci bene. Prima che sia troppo tardi.


(Antonio Benforte)






           




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Pubblicato da noemi a 16:37 2 commenti:
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venerdì 7 febbraio 2014

Ieri, Widiba, #uniamoleidee.


Proprio ieri raccontavo di essere una "creatura della rete". Ed è vero. Info utile per capire cosa sto per dirvi :)
C'è da dire infatti che ogni tanto però ne esco anche fuori. Dico dalla rete. Ultimamente, sempre più spesso. Qualche volta semplicemente per starmene da sola a leggere, altre volte, altrettanto gustose, per andare in mezzo alla gente, e stare in contatto con i miei simili. Ma con la gioia e la curiosità di rientrarci di tanto in tanto. Dico, nella rete.

E fu così che, ad esempio, ho ricevuto un unvito qualche giorno fa da HAGAKURE (grazie Luca Agnellini e Marco Massarotto).
Bello, ho pensato. Ci sarebbe stato uno show cooking, il che mi pareva buono. Una serata su un progetto di Digital Banking. Eh? Cosa c'entro io? Esattamente? Col digital, ok. Circa. Ma... col... Banking?

Fate conto che una come me. Ovvero, una tizia che conduce una vita. Come definirla? Diciamo, ecco, per così dire, molto BOHEMIEN. Ma davvero. Ma letteralmente. Ma sapeste quanto... Una che scrive un blog con le foto delle tazzine, che legge (e scrive anche - santo cielo!) i romanzi. Non dico le poesie, ma quasi. Asmatica. Solitaria. Che passa il suo tempo a fantasticare studiare e sognare a occhi aperti lottare per ciò in cui crede; ma che diavolo ha a che fare con le banche e, con i soldi? Per quel poco che ne so, la mia banca si ricorda di me (e io di lei) quando parto con la mia sportina ogni cinque del mese, e mi reco, fiduciosa, a pagare, fisicamente, in contanti, l'affitto. Su queste cose sono vintage. E ho questa insana passione nel fare le code di prima mattina accanto alle vecchiette. E confrontarmi con loro sul caro-zucchine.
Ok, forse mi hanno invitata per la parte digital. E hanno fatto bene. Ma poi man mano ho capito che avevo a che fare anche con l'altra, cioè con la parte banking. Perché i soldi, la loro gestione, riguardano tutti noi, anche una romanticona come me... Anzi, a maggior ragione. Così ieri sera, nella cornice dell'Anselmo Vermouth, nuovo e fichissimo locale torinese, ho scoperto WIDIBA. Rigorosamente dopo averci offerto un vero bicchierino di Vermouth, ussignur che buono, hanno collocato una serie di blogger e giornalisti e studenti ed esperti, per lo più donne a ben vedere, in fila di fronte a uno schermo da cinema, e ci hanno presentato il progetto. Ma cos'è? Cos'è?   
 Si tratta di una piattaforma online in cui le persone, ovvero gli utenti di una banca, possono partecipare attivamente, contribuire a costruire "il mondo" della banca stessa. C'è un blog, anche ad esempio. E l'utente "normale", come me, può chiedere e ricevere risposta in tempo utile, può proporre idee, può contribuire a costruire progetti nuovi, alcuni molto virtuosi. Insomma, l'avrete capito, un progetto a bagno nel suo tempo, una community "dal basso", nel senso più virtuoso del termine, che prevede una reale apertura comunicativa tra quel gelido mostro che è la banca e la persona normale come me. Mi ha convinta. Soprattutto quando ho visto che ci sono prospettive di valore, che lascio a scoprire a voi, consultando il loro sito, se no vi dico tutto io e non ha senso.

Infine, ci hanno regalato un barattolo fantastico di multicereali per creare barrette di Muesli. Potevo chiedere di meglio?


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giovedì 6 febbraio 2014

Sony Reader PRS - T3 - le mie impressioni!


La mia storia con gli E- Reader è cominciata alcuni anni fa con un rudimentale, e amatissimo Bookeen...

Da "blogger" ovvero creatura della rete o persona-digitale (lo dico pubblicamante: un po' mio malgrado, dal momento che, pur apprezzando le tecnologie, confesso una notevole passione per la carta e il vintage in tutte le sue forme, compresa la biro) ho pensato di doverci infatti capire in fretta qualche cosa di questi dispositivi. In seguito, sono stata più volte interpellata sul destino della carta stessa in relazione al dilagare degli ebook. La mia risposta è stata sempre la stessa, e ne sono ancora persuasa: vanno e andranno insieme, come la tv e il cinema. Considerazione che faccio senza conoscere gli ultimi e più recenti dati in materia, ma per intuito ed esperienza. Poi sono passata al KOBO. Un dono che avevo ricevuto da Mondadori insieme a chi, come me, si è dimostrato attivo in rete e interessato in maniera particolare al rapporto tra web e letteratura. Che è proprio il mio mondo. Anche il KOBO mi piace molto, è davvero divertente, ci ho fatto belle letture sopra. E in generale poter leggere gli ebook per me è stato un passo in avanti, una nuova forma mentale (e pure un po' fisica) con cui proseguire e variegare nel tempo la mia attività preferita.

Qualche giorno fa, ho ricevuto in regalo da SONY questo nuovo Reder PRS - T3. Ultimissimo modello, di un bel colore rosso-amaranto. Lo trovo molto carino. Ultraleggero, veloce, comodo e sobrio. Ora che l'ebook è entrato in modo più massiccio nelle nostre vite, e non è comunque più un tema caldo, si può iniziare a ragionare, e a scegliere.

Ho cominciato a importarci i miei ebook. Non ne sono una consumatrice accanita, ma ho la fortuna di riceverne svariati in regalo. Anche io sono di quelli molto legati (prediligendo ancora) (al)la carta. Infatti, mi ha subito colpita l'applicazione "Scrittura a mano" dove, preimpostata, ho trovato questa tazzina. La forma delle tazzine mi commuove, è così bella e semplice.

Posso dire che questo dispositivo va benissimo per quei lettori forti che si portano i libri ovunque ma anche per quelli che non sono early adopter di E-Reader, e che anzi a questo mondo vi si affacciano tardivamente, cioè adesso. Insomma, per lettori nuovi di ebook, che nascono dunque con la camicia. Inoltre, questo in particolare ha un prezzo competitivo e accessibile. E poi volevo fare una considerazione sui dispositivi in generale. Sono dei potentissimi ansiolitici. Ovvero: una delle caratteristiche - nonostante la crisi - del nostro tempo, per la maggioranza delle persone, è quella di avere troppa scelta. Il Reader ci ha regalato la possibilità di placare quest'ansia, in fatto di libri. Ci permette di non scegliere, o di ritardare le scelte il più possibile, o almeno di avere quella sensazione lì: ma non è necessariamente un male. Ed è stato come se dicesse: ok, puoi portateli in giro tutti quanti i tuoi libri. Dà sicurezza. Non ti obbliga nell'immediato a decidere sull'onda della fretta cosa mettere in borsa mentre vai a fare la coda in Posta, ma chiaramente il discorso è più complesso di così. Uno dei temi cui mi sono sempre interessata, ad esempio, è l'effettiva ecocompatibilità dei dispositivi e della forma ebook: ci sto lavorando su, perché mi incuriosisce davvero molto. Se scoprissi in via definitiva, e mi pare in parte sia così, che queste nuove forme di lettura sono natura-friendly al 100 % l'effetto ansiolitico sarebbe ancora maggiore. Comunque, tornando all'ansia da scelta multipla, con l'E-Reader hai tutto lì, sotto controllo. Che mi pare una dolce illusione e un ottimo rimedio all'affanno e qualche volta anche al peso, letteralmente, della vita.

Pubblicato da noemi a 17:35 1 commento:
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martedì 4 febbraio 2014

Cosa mi sono persa domenica, ovvero il #BloodyBrunch di Longanesi.

Alessia Gazzola, Le ossa della principessa, Longanesi






Domenica scorsa sarei dovuta essere in gita. 

Al #BloodyBrunch. Una saporita (c'era il Bloody Mary...) occasione di incontrate amici e addetti ai lavori, come si suol dire, in quel di Milano. 

Se siete affezionati a questo blog, sapete forse quanto ami le gite! Specie quelle milanesi, ma in generale. Quanto mi piaccia prendere un treno e ritrovarmi in un qualche altrove per qualche tempo. 

Eppure ultimamente non ci riesco più tanto. Badate: penso sia temporaneo. Tipo stop-and-go.

"Piccoli contrattempi del vivere", per citare un bel libro, che misteriosamente o quasi spesso e volentieri si frappongono tra me e queste gite. Quindi però cosa succede, che queste gite reali, si trasformano in altrettante gite però immaginarie, dentro i libri, dal momento che spesso si tratta di viaggetti che io faccio per conoscere scrittori. Spesso mi capita di essere invitata, per via di questo stesso blog, a vari eventi letterari. Ebbene: domenica avevo la febbre, e dunque niente gita e niente #BloodyBrunch. 

Fortuna che ho degli amici che scrivono anche loro, nella fattispecie potete trovare una bella cronaca dell'accaduto, ad esempio, su Critica Letteraria, per mano di Gloria Ghioni.

Quanto a me, col termometro sotto l'ascella e la borsa dell'acqua calda in testa piena di entusiasmo e ottime speranze, ho letto uno dei due romanzi che si presentavano nella redazione della casa editrice Longanesi, che ringrazio per l'attenzione, l'invito e l'invio dei romanzi. Pane per i miei denti.

Le ossa della principessa è stato uno spasso. E Alessia Gazzola per me una scoperta!

Una scrittura felice, solida, spensierata, matura. Tanto di cappello!

Adoro i medici. Da ipocondriaca, li ho proprio venerati. Per me sono stati sempre semidei. I medici e tutti quelli che c'entrano con la medicina e la guarigione. E la cura. Dunque potete immaginare cosa possa pensare dei medici-scrittori. 

Ogni bene. Che Dio li abbia in gloria.

Ciò ho finito anche per pensare dunque di questa giovane (classe 1982, giovanissima direi) e già consolidata autrice. La sua stroria è divertente, ben costruita. Ha ideato qualche anno fa il simpatico personaggio di Alice Allevi, specializzanda in medicina legale. Goffa ma intelligente, molto sveglia e sensibile e umanissima, Alice in questo romanzo è alle prese con un nuovo caso di cronaca che si intreccia inevitabilmente con la sua vita personale, fatta di amori sbagliati, sogni e speranze di ragazza. Questa volta si tratta della misteriosa scomparsa dell'insopportabile (apparentemente) collega Ambra Negri Della Valle e parallelamente con il ritrovamento di un giovane corpo con accanto una coroncina di plastica da principessa. 

Cosa ne è stato di lei? Cosa è accaduto tra lei e Claudio Conforti, lo spietato e delizioso medico legale del loro Istituto? E chi è la principessa?

Dico la mia: certe volte mi sento addirittura in colpa a leggere libri così. Così come? Così piacevoli. Così famosi-splendenti-tradotti-in-tutto-il-mondo-thriller-amorosi-divertenti etc. 

Chissà poi perché. Ancora dopo tanti anni da lettrice. Senso di colpa cosmico. Eppure, quando leggi questo genere di libri, è un po' come se la vita decidesse di regalarti un arcobaleno, senza prima la fatica della pioggia.

E va bene. Accettiamo il regalo. Qualche volta succede anche questo.
Pubblicato da noemi a 20:25 3 commenti:
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