domenica 30 ottobre 2011

foglie.



Ce ne sono alcune di così belle e di così imperfette che scendono dai rami come una dolce, teatrale pioggia di benvenuto. A volte, le fortune non devi fare altro che raccoglierle da terra. Altre volte: ti cascano letteralmente sulla testa. Altre ancora ci metti lunghissimi minuti - decenni, millenni? - e non sono ancora arrivate.

Tutto ciò per dirvi il mio amore per le foglie; i parchi autunnali e tutti i piccoli regalini quasi-natalizi che la natura decide di sparpagliare come indizi per un grande tesoro.

Oggi pensavo che Torino senza edifici e strade sarebbe tutta un parco pieno di alberi gialli, amaranto, piangenti, ghiande e castagne. Che pensiero sciocco e inutile. Però allo stesso tempo molto reale. In ogni caso io adoro i parchi e la città. Mi sembrano i due lati della stessa moneta.

Quel microscopico fiore lilla profuma tantissimo. Mi piace appoggiarmi una foglia sulla guancia come una carezza.

E augurarvi buona domenica sera :)

venerdì 28 ottobre 2011

In the mood for Dickens!


Chissà se è capitato anche a voi di passare da momenti di gelo (Tempi difficili) a momenti in cui è come se si riaprissero o aprissero per la prima volta nuovi piccoli canali di emozioni e felicità (Grandi speranze)?!

Ecco, io mi sento, dopo alcuni giorni di angusto deserto interiore (davvero!), verso più nella seconda casellina: great expectations. Nel mezzo c'è Oliver Twist (che non trovo più ma che sarà pur da qualche parte). E quando personalmente mi accade un momento di strana fioca passeggera ma reale felicità, che segue i foschi tormenti, penso a lui: Charles Dickens!

Bè non proprio sempre-sempre. Però talvolta. Sarà che un giorno di molti anni fa credo di essere passata davanti a casa sua, sarà che è nato dentro di me un sentimento di tepore, all'incirca tra ieri e oggi (o sarà che sono andata dal dentista e non ho avuto male quindi mi sto suggestionando sul fatto che la vita è bella), o saranno mille altre cose enigmaticamente incastrate insieme una dopo l'altra (che non sto qui a elencare :). Sarà tutto questo o altro che mi sfugge, ma rieccomi a pensare a lui, al concetto di essere forti nelle avversità e a una piccola idea che mi è venuta in mente. Al concetto di quanto la vita può essere un dolce mistero, un infinito mistero da (non) svelare.

Ma comunque, in qualsiasi mood vi troviate: buon we a tutti :)


"Il mio cognome era Pirrip, il nome Philip - il mio linguaggio infantile non seppe foggiare con i due nomi nulla di più lungo o più chiaro di Pip. Così, presi a chiamarmi Pip, e il nome rimase".

(incipit di Grandi speranze -------> very understatement).



mercoledì 26 ottobre 2011

Una burla ben riuscita.


di Italo Svevo - Introduzione di Paolo Rumiz - La Biblioteca di Repubblica.

Questo è uno di quei libricini in allegato con il giornale: quei regali che ti fa la vita mentre eri impegnata a pensare decisamente ad altro.

Mario ha sessantanni ed è l'autore di un libro mai pubblicato. Lavora senza speranze (anzi con infinite speranze) e sobrio impegno in un'azienda non ben specificata e ha due amici. Dal primo, il Brauer, che è anche il suo capo, si può aspettare solo cose buone (o neutre, che di questi tempi va già bene) dal secondo, il Gaia, si dovrà invece aspettare l'ambivalenza del peggio. Quest'ultimo, infatti, come talvolta capita in presenza di anime fin troppo candide: architetterà una spietata burla (quella del titolo) proprio riguardo al fantomatico romanzo che mai aveva visto la luce.

C'è da aggiungere anche che Mario ha un fratello, Giulio, malato, cui tutte le sere lui legge i libri come fossero favole ed è il primo (e l'unico) dei suoi ammiratori e di coloro che ancora credono nel suo imminente "successo". Di favole vere anche Mario ne scrive in quantità: piccole, brevi, struggenti favole con protagonisti certi uccellini parlanti (sembra di vederli) che si imbattono nelle più disparate e umane disavventure.

Insomma: questo pessimo Gaia - il burlone - si mette d'accordo con un tedesco per far credere al nostro Mario Samigli che il grandissimo editore, Westermann, fosse interessato al suo capolavoro. Mario - dopo una vita di vana attesa - che ricorda tanto quella del suo autore - ovviamente ci casca. Ciò che segue è, come sempre in Svevo, una profondissima e raffinata incursione nell'animo umano - che di certo non vi svelo nella sostanza - ma che a me ha spezzato letteralmente il cuore in mille pezzi.

I blog, penso, hanno qualche volta, quando capita, questo compito inedito - discutibile per qualcuno, prezioso per altri - di esprimere gli stati d'animo, anche, dei propri tenutari in tempo reale, senza filtri: io voglio dirvi allora che al momento sono particolarmente commossa da questo lungo racconto come non mi capitava dalle letture liceali dello stesso autore triestino, anzi forse anche di più, molto di più, infinitamente di più.

-----------> libro per chi crede seriamente e pervicacemente nelle favole e nella letteratura.

:)

lunedì 24 ottobre 2011

Coffee & ebook - Sillabari.



Goffredo Parise, Sillabari, Adelphi - ebook

Era il 1972 e a Torino usciva, per Einaudi, il primo Sillabario di Goffredo Parise. Oggi, quasi quarantanni dopo, escono tutti in ebook per Adelphi. Nel mezzo, li ha pubblicati più volte Mondadori, in un'edizione del 1982 anche con postfazione di Natalia Ginzburg.

Ma cosa sono, i Sillabari?

Sono piccoli racconti "sui sentimenti umani", come li chiama il loro stesso autore che li pubblicava sul Corriere della Sera, o microscopici "romanzi virtuali" come li aveva definiti il critico Cesare Garboli, che si ispirano, ciascuno, a una lettera dell'alfabeto. Dalla A di Amore alla S di Solitudine ----> lettera alla quale Parise spiega di essersi dovuto fermare, perché la poesia lo aveva abbandonato.


Queste mini short stories sono perfette: non riesco a immaginare niente di più sublime ed esatto: corrispondono in modo preciso alla propria parola sotto la cui forza vitale nascono e poi si spingono ancora un po' più in là fornendo piccole chiavi per aprire grandi e nuovissimi mondi tutti reali, tutti possibili.

Mi sembra poi che la forma-ebook sia molto felice per questa circostanza, si direbbe che è proprio la loro cup of tea: molto giusta, molto adeguata.

Perché ti metti lì, con questo tuo oggetto bianco ancora un po' alieno che va a pulsanti ma non è un telefono (e non è un libro ma è un libro): e le lettere scorrono brevi, lente e rapide insieme, universali e rotonde. La parola sprigiona il suo significato più vasto in pochi minuti, il mondo si forma e si compie con la rapidità di una semplice pulsazione. Eppure ti resta tra le dita un tesoro pieno di senso, ricco di valore, inarrivabile anche per l'eleganza e la lucidità di uno stile di scrittura magnifico.

Vorrei dire che i sillabari sarebbero perfetti anche per un blog, un blog che amerei e leggerei ogni giorno; e che Parise sarebbe stato un gran blogger, molto sottile e generoso. Lo penso sinceramente.

(chissà che incanto la T la U la V e la Z se solo la poesia fosse rimasta nei paraggi!).


Allora io inizio il mio lunedì immaginando le parole mancanti.


sotto: T come Torino che apre un occhio all'alba.


venerdì 21 ottobre 2011

Il bene e il male: entrambi: su tazzina di caffè!




"Si possono avere del bene e del male concezioni molto differenti, e persino opposte...".

Già. Inizia così questo libro - stupendo - di Oscar Brenifier e Jacques Després.

E continua con la formula ormai collaudata che ricorre anche negli altri loro lavori (tutti pubblicati in Italia da Isbn):
Alcuni credono che...
Altri pensano che...



Fino alla domanda cruciale dell'ultima pagina: e tu?

Sei lì che bevi un caffè, è venerdì, e tu? Quante volte hai creduto di fare bene e invece hai fatto male? Quante volte sapevi cosa era giusto e invece hai sbagliato? Quante volte eri sicura di essere depositaria del bene assoluto e non era affatto vero, quante altre invece pensavi di avere torto marcio però avevi ragione? Qual è la strada giusta? Quale la sbagliata? E qual è, soprattutto, la tua?

Non so spiegare bene il perché, ma in questo libro (non) si trovano tutte le risposte a tutte queste domande. Ed è un piccolo libro incantato, universale, emozionante: sembra quasi che suoni, che ci sia proprio una musica per ogni tavola. Se potete, leggetelo e guardatelo.

Quanto a me: attualmente non ho la minima idea di cosa sia il bene e cosa il male per la mia vita o peggio, per quella degli altri. Non sempre infatti distinguo il bene dal male, qualche volta, più che altro, non sento la necessità di distinguerli: li vedo: eccoli lì, a banchettare dentro di me, e fuori. Mi piace però la prospettiva di fare e lasciar fare ciò che più si desidera, nei limiti, certo, del possibile e del rispetto e della libertà etc. etc.

Comunque buon fine settimana, o cattivo, che dir si voglia!

c\_/


mercoledì 19 ottobre 2011

Librinnovando: countdown e novità!




Vi avevo già raccontato di Librinnovando !! E il giorno si avvicina: il 25 novembre è dietro l'angolo ed è iniziato il countdown anche sul nuovissimo sito del convegno sul futuro (e il presente) dell'editoria: se volete dare un'occhiata, lo trovate online qui con le informazioni, le foto (u.u), il programma e tutto ciò che vi serve per entrare nell'atmosfera.

Quanto a me: sì, in effetti, pare che a un certo punto, nel bel mezzo di importanti conferenze, farò la mia comparsa, credo senza tazzine di caffè fumante tra le mani o peggio sul naso, e poi oddio temo che dirò anche qualcosa.

Ma cosa? Cosa? Vi chiederete. In effetti, è stata un'odissea e tutt'ora ci sto un po' lavorando (scherzo: è stato facile e divertente): la mia relazione alla tavola rotonda dei Books Blogger avrà come titolo: Scrittori ed editoria digitale: come legge chi scrive?

E vi assicuro che non è un indovinello! Si tratta piuttosto di una veloce ma spero interessante ricognizione sul rapporto che gli scrittori contemporanei stanno instaurando con le nuove tecnologie legate al libro: ebook e relativi supporti, e-Reader, tablet etc. etc.

L'idea è nata riflettendo su un semplice dato di fatto: i primi e più forti lettori sono notoriamente loro, gli scrittori stessi, laddove la lettura rappresenta proprio il primo requisito e il primo strumento di quel fascinoso ed enigmatico mestiere. Quante volte abbiamo infatti sentito ripetere la frase: per scrivere bene bisogna leggere, leggere, leggere?

Ebbene, ci siamo chiesti: come stanno allora affrontando i primi e supremi lettori globali, mondiali e totali il cambiamento storico che sta coinvolgendo anche l'editoria italiana: ovvero: l'avvento dell'editoria digitale?

Ma soprattutto: come diavolo ho fatto io a carpire informazioni altamente riservate agli scrittori che come sappiamo sono tipi un po' così? Semplice: li ho intervistati! Davvero. (n.b. con il prezioso sostegno morale della misteriosa lettera eFFe) E ho posto loro una serie di domande compromettenti, anzi una valanga di domande imbarazzanti, a dire il vero. E so che non ci crederete ma alcuni hanno anche - s u s p a n c e - risposto! E lo hanno fatto con gentilezza, rapidamente e con notevole partecipazione. Ne sono rimasta colpita. Altri no, ma qual è il problema?

Comunque per sapere che cosa hanno risposto e che cosa pressapoco ne pensano gli scrittori degli ebook, come leggono coloro che tanto amiamo e che scrivono quelle cose così belle, restate incollati agli schermi e compulsate frequentemente questo e gli altri ben più autorevoli books blog che parteciperanno al convegno, per leggere curiose anticipazioni anche dei loro interventi.

Nel frattempo, si parla di Librinnovando già qui, qui, qui e qui.

Stay tuned, stay foolish!

c\_/










martedì 18 ottobre 2011

Un pomeriggio in biblioteca.


"LONDRA. Metà delle biblioteche inglesi rischiano di chiudere a causa dei tagli alla spesa pubblica decisi dal governo di David Cameron. Una petizione firmata da decine di scrittori, tra cui Alan Bennett, Philip Pullman e Zadie Smith, per impedire la chiusura di una storica biblioteca nel quartiere londinese di Brent, aperta da Mark Twain nel 1900, è stata respinta dall'Alta Corte, aprendo la strada a provvedimenti analoghi in tutto il paese".


Sabato ho aperto Repubblica e ho letto questa introduzione di Enrico Franceschini a un lungo ed emozionante intervento di Alan Bennett sulla biblioteca Armley di Leeds.

"Tutto il complesso sembrava esprimere la fiducia della città nei valori della lettura e dell'istruzione, nonché dare un'idea di dove si poteva andare a finire se li si trascurava. La biblioteca di consultazione esprimeva la solidità della città".

E poi racconta dell'atmosfera del luogo, soprattutto come spazio di aggregazione prima ancora che di servizio - benché in effetti possa sembrare un ambiente tanto solitario. E conclude ragionando sulla biblioteca come istanza anche politica ma soprattutto sociale. E io sono molto d'accordo. Oltretutto leggevo l'articolo mentre a Roma si scatenava la violenza spaventosa che abbiamo visto tutti. Ero particolarmente preoccupata, come penso in molti. Qui, come a Londra, non ce la passiamo proprio benissimo, a livello generale.

Quindi ho deciso ieri di prendere il pullman e andare a cercare un'altra biblioteca di Torino, proseguendo così anche nel mio piccolo progetto di visitarle tutte -------> per vedere le altre "puntate" cliccate sul tag "Biblioteche" e vi si apriranno mondi inesplorati. hehe.

Non cercavo però una biblioteca qualunque. Ne cercavo una che, in particolare, contenesse in sé, oltre a molti libri da leggere gratuitamente, anche quel significato culturale che vi attribuisce Bennett nel suo bel pezzo su Repubblica. (l'articolo completo, apparso sulla London Review of Books: qui).

Quindi allora ho preso il pullman e sono andata a Barriera di Milano - un quartiere in certi punti piuttosto "difficile" della città. Per arrivare alla mia destinazione, la Biblioteca Civica Primo Levi, naturalmente mi sono persa: non ve lo consiglio. Vagavo male in ambasce davanti a scuole proprio nell'ora di punta dell'uscita dei ragazzini, che erano stanchi e in alcuni casi molto arrabbiati: sbattevano le mani contro i cartelloni pubblicitari, sputavano per terra di continuo e insultavano le femmine pesantemente. Difficile intendevo in questo senso: povero, prevalentemente povero e per lo più popolato da extracomunitari. Non pensate però solo a un ghetto, dal momento che le iniziative civili di Barriera sono molte e altrettante le associazioni che se ne occupano, oltre alla circoscrizione che mi pare molto attiva nei limiti del possibile.

Comunque, dopo essermi smarrita sotto un sole che a quell'ora, lo giuro, era ancora troppo estivo, ho pensato che in tutti questi anni transitare dal centro al mio quartiere modesto ma tranquillo e viceversa e basta non è stata una grande idea: avrei dovuto esplorare Torino in tutte le sue parti, molto di più, compresi i lati oscuri, compresi gli angoli remoti. Ora infatti sto rimediando e quando capita vado e guardo cosa succede.

A un certo punto è successo che mi sono trovata davanti a un palazzone con la simpatica scritta Lavazza apposta a mo' di insegna, che, per una tazzina di caffè, è sempre una buona cosa. E infine il cartello che indicava la Biblioteca. Forse per il nome, ma me l'aspettavo proprio austera e sobria, e così è stato. L'edificio infatti è un'ex fabbrica che ospita oggi anche altri uffici; ma quello che interessava a me era al secondo piano e sono salita. Durante la settimana e nel week end ci sono molte iniziative, corsi, mostre, presentazioni, letture, laboratori: un programma completo qui. Mentre ieri in quell'istante c'era un gran silenzio e tutti, proprio tutti i tavoli occupati, al punto che ho fatto fatica a trovare un angolo dove mettermi a leggere. Le facce, come immaginavo, appartenevano alle più diverse etnie. Moltissime ragazze col velo, moltissimi neri, moltissimi bianchi che parlavano lingue che non conoscevo, moltissimi gruppi misti di studenti italiani e stranieri insieme. E giustamente anche moltissimi libri.

Ho pensato che non tutti e non in tutti i periodi della vita abbiamo a disposizione una casa dove sia semplice leggere o studiare. Non solo gli spazi fisici, che possono a volte essere in effetti troppo piccoli o assenti, ma anche, per così dire, gli spazi mentali, certe volte, diventano saturi, sovraffollati, pieni di altro di cui occuparci. C'è chi vive costantemente in quella condizione fuori asse, c'è chi lo sperimenta solo in alcuni momenti: per tutti però invece la biblioteca è sempre lì, ad aspettarci.

Ampia, pulita, sicura e libera. Come vorremmo che fossero le nostre case e le nostre menti. La biblioteca è una parte di noi, della nostra vita e della nostra cultura ed è un bene primario. Non vorrei mai che le chiudessero. E quello che posso fare io è andarci spesso, perché credo nelle biblioteche tanto quanto credo nell'innovazione tecnologica legata al libro, all'ebook, all'editoria digitale e a tutti i supporti per fruirne.

E poi, come dice Bennett: "Se perdiamo le biblioteche locali saranno i bambini a soffrirne". Ma io aggiungo anche che saranno gli anziani, gli studenti, i precari, i londinesi, i torinesi, i romani, gli stranieri, i disoccupati, gli impiegati, gli indignati, gli insicuri, i solitari, i timidi, tutti gli altri, i lettori e gli scrittori. In una parola: ne soffriremo tutti, ne soffrirò io e io non voglio soffrire!


Sotto: malinconica strada di periferia torinese.


sabato 15 ottobre 2011

Lampadine.

Cambiare le lampadine: non riesco a immaginare niente di più noioso e al tempo stesso di più importante.

Prendere la scala, staccare l'interruttore della luce, salire su, ingaggiare una piccola lotta contro le vertigini d'appartamento. Svitare, osservare il danno, scendere con l'oggetto ferito e impolverato tra le dita.

Soffiarci sopra, metterla in un sacchettino, sentire lo strano contatto con qualcosa di altrimenti sempre distante o incandescente, partire verso il ferramenta. Chiedere, guardare la misura, mettere la nuova scatolina nello stesso sacchetto della vecchia, pagare.

Tornare a casa, ristaccare la luce. Risalire su, riavvitare con cura, assicurandosi che sia ben salda nella sua nuova postazione si spera il più a lungo possibile. Scendere, risollevare la levetta.
E finalmente la nuova luce. Accesa, viva, brillante.

Cosa c'è di più noioso di questo? Eppure di più simile alla vita, al senso della vita, al concetto di vita che prima o poi ci si forma nella mente del cambiare una lampadina?
Illuminarsi la casa di una nuova luce, una nuova possibilità di fare tante cose, ancora e ancora. Auguro a tutti di cambiare una lampadina, una luce accesa nella vostra casa.

E buon we!

:)

giovedì 13 ottobre 2011

Anatomia di una scomparsa - con tazzina di caffè.



Hisham Matar, Anatomia di una scomparsa, Einaudi.

Dicembre 1972

Inizia tutto con una scomparsa.

E poi inizia tutto come una situazione conturbante: una ragazza di equidistante età da un padre e da un figlio, un hotel di lusso sulle spiagge di Agamy ad Alessandria (d'Egitto eh), i pensieri di un ragazzino di dodici anni, il distacco di un padre immenso (un politico con tutto ciò che ne consegue), una mamma troppo malinconica che muore subito, le malizie di una ventiseienne bellissima.

E prosegue con una trama che si infittisce sempre di più, avvitandosi però sul filo di una scrittura semplice, iper lineare: proprio la scrittura che serve a definire quella scomparsa, laddove, come spiega il titolo, questo è in effetti un romanzo di anatomia. Dove le cose devono essere mostrate per quelle che sono: nella mente del protagonista Nuri, dai dodici ai venticinque anni, che però le vede eternamente confuse, non riesce mai ad afferrare la realtà, scava come può nel mistero che è sempre continuamente troppo più grande di lui. Fino a una sorta di recovery finale, che non vi svelo per non togliervi la sorpresa!

Se avete tempo nel week end, con questa nebbia che è arrivata, ve lo consiglio proprio.

:)



sotto: nebbia piemontese.


martedì 11 ottobre 2011

So give me coffee and ebook!

"Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» "

Eh sì avete indovinato, era l'incipit di Se una notte d'inverno un viaggiatore, di Italo Calvino.

:)

Alzi la mano chi non si è sentito così almeno una volta!? A me è successo con tutti i libri che ho letto. E mi sta capitando di nuovo - sembra di tornare alle elementari, ve lo dico - con quel piccolo simpatico aggeggio chiamato ereader. Gli ho dato un nome: milk (è bianco: che originalità! bè poi ho le mie fantasie sul caffè macchiato etc. etc. ma questa è un'altra storia). Non so voi, inoltre, ma nel mio piccolo io sono certa che a Calvino questa cosa degli ebook sarebbe interessata. Ci avrebbe scritto una lezione americana, forse. Chissà.

Intanto qui io vi racconto le mie umili impressioni. Da ora in poi, dato che ho preso un po' il giro, mi piacerebbe parlarvi dei miei libri di carta e parallelamente di quelli digitali. Spero vi piaccia l'idea. Ci ho pensato un po' e ho concluso che sarebbe stato giusto partire dal mio primo ebook: Il gigante buono di Lorcan Roche e dall'ultimo in ordine cronologico caricato su milk: I ferri dell'editore, di Sandro Ferri. Entrambi edizioni E/O.



I ferri dell'editore è un po' un meta-ebook, nel senso che riflette anche sul tema ebook spaziando però su tutto il mondo dell'editoria contemporanea, ragionando sul rapporto tra editore e scrittori, editore e lettori, editore e nuove tecnologie. Tutto con un linguaggio fresco e sincero (considerato che l'autore è esso stesso editore e si racconta come un libro aperto, per restare nella metafora, e con una certa autoironia: non perdetevi l'immagine apocalittica di un futuro editore che gira per casa in vestaglia lisa da disoccupato ma che ghigna perché sa anche che "la stragrande maggioranza delle opere che vengono scritte non valgono molto e (...) non sono in grado di soddisfare neppure l'esigenza di un singolo lettore" argh, però è vero!).

Di questo libro, oltre ai contenuti, è interessante anche il progetto di promozione nel quale è coinvolto: è infatti già disponibile in formato ebook al prezzo simbolico di 0,97 euro e senza DRM e solo tra qualche settimana sarà disponibile anche cartaceo. Se ho ben capito, l'idea è proprio quella di far coesistere i due supporti e vedere un po' che succede. Per chi è appassionato di editoria, ma anche per tutti gli altri.




Il gigante buono, pubblicato nel 2010, io lo scopro adesso con imperdonabile ritardo.

CERCASI URGENTEMENTE: Individuo maturo e responsabile che faccia da fratello maggiore/badabte a ragazzo affetto da distrofia muscolare. Ecco, inizia così, con un allegro pugno nello stomaco. E con questo bell'annuncio sul Voice di New York. Ma non fatevi ingannare. Sorridete. "Sorridere a una persona che ti sembra strana o particolare, o sorridere nel momento più sbagliato, è un'ottima cosa: può risultare spiazzante". (...) Perché "con un piccolo sforzo e un minimo di fantasia tutti quanti potremmo inventarci una nostra commedia prendendo gli altri come inconsapevoli coprotagonisti o sventurate comparse; sono in pochi a rendersi conto del divertimento enorme che si può tirare fuori da una giornata qualunque e la gente non capisce che in realtà non c'è bisogno di starsene imbambolati davanti alla tivù, tutti stretti come una famigliola di funghi. Io concordo. Senza se e senza ma".

Ma non posso certo trascrivervelo integralmente, leggetelo, se volete: e mi saprete dire. Siate pronti però a tutto, a una voce spietata (e irlandese) che sa ironizzare su qualsiasi cosa e quando meno ve l'aspettate poi vi svela un punto di vista destabilizzante, che vi farà sentire strani, ma stranamente a vostro agio e vi farà ridere. Non so come sia ma immagino la sensazione assomigli proprio a quella di un maschio che si prende un pugno da un amico durante un'amichevole scazzottata. Ecco, penso una cosa del genere.

E dunque: enjoy and drink some coffee, lasciando che il mondo intorno "sfumi nell'indistinto".

c\_/

sabato 8 ottobre 2011

Agricafé :)



Vi capita di cercare dei rifugi nella città, nel vostro quartiere, dove stare per qualche ora a raccogliere le idee, sapendo che nulla di male vi può accadere, tipo Colazione da Tiffany?
A me capita, e dal 2008 quando riesco vado all'Agricafé.
L'accoglienza è sempre di una gentilezza sabauda straordinaria e sincera (poi dopo un po' si diventa amici!). I prodotti sono tutti sani, del Paniere della Provincia di Torino e i gelati dell'Agrigelateria Sanpé (chi la conosce lo sa :P). Quindi ho la certezza di tutto ciò che si mangia (che per un'ipocondriaca paranoica come me è perfetto) e mi rilasso. L'altro giorno ho mangiato la migliore torta al cioccolato dopo il Big Bang.

E guardate che tazzine nella foto!

Dunque questa non è una pubblicità, è un invito ai torinesi e non che passano da quelle parti ad andarli a trovare - e mi direte. C'è anche un bel dehors che nel cuore di Borgo San Paolo fa un po' sognare.

Buon week end a tutti.

:)


sotto: il cielo autunnale su Torino, ieri sera.

martedì 4 ottobre 2011

Concorso Isbn - L'ultimo lupo mannaro !!


Controllate anche voi questo link?

Perché io ancora non ci credo :)

Sono molto felice: pare che il mio racconto-incipit abbia vinto il concorso che qualche mese fa Isbn Edizioni aveva proposto ai lettori del romanzo L'ultimo lupo mannaro di Glen Duncan.

(Vi avevo raccontato un po' di questo libro già su Indie Riviera. Un romanzo nuovo, potente e ironico, che rimane poi a lungo dentro, nella memoria e un po' nel DNA mi verrebbe da dire).

Sono davvero meravigliata e super-contenta e ringrazio tantissimo la casa editrice (che già amavo in modo sconsiderato e che ora leggerò fino agli ottantanni credo e comprerò una Billy dell'Ikea solo per i loro libri, questo è sicuro) per aver scelto il mio scritto, che potete leggere al link che vi ho segnalato lassù poco fa, se avete voglia.

E ora, scusate ma oggi, puntuale come come ogni mese: uuuuahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhg.

:)

* sotto: l'autografo che mi sono fatta fare dall'autore al Salone del libro bevendo whisky mi ha portato decisamente fortuna! :P


domenica 2 ottobre 2011

Il sabato del sabaudo.



La quintessenza del sabato torinese, anche in questi climi tropicali che pare non capitassero dal millesettecentocinquantatrè, ovvero all'incirca dall'età dei Lumi (hei, ma forse è un buon segno!), consiste nella passeggiatina in centro.

Le mia tappa storica come quella di molti altri sabaudi era quella delle bancarelle di Via Po di libri usati. Ma era da un po' che non ci passavo e relegavo quella consuetudine a ricordi universitari o giù di lì. Ieri invece, nel turbine di alcune allegre commissioni, sono capitata proprio da quelle parti, con un gelato di Fiorio per le mani e per la prima volta dopo tutto quel tempo, mi sono fermata a guardare di nuovo.

C'era un libro più nuovo degli altri e messo in una posizione, come dire, diversa. Non saprei spiegare, come se cercasse sul serio di farsi notare, di farsi vedere da me. (A chi non è mai capitata una cosa simile? O.o).

E il libro è quello che vedete nella foto: Il vecchio pozzo, di Magda Szabó, editore Einaudi.

Ho fatto un piccolo affare, pagandolo metà prezzo.

"Vicino al portone di casa nostra, appena si entrava nel cortile, in un angolo c'era un cumulo di sassolini scintillanti. Se pioveva, lo scroscio della grondaia tergeva e rimescolava quei piccoli ciottoli tondi e lucidi. Mi avevano detto di non giocarci, ma faticavo a rispettare il veto perché amavo tutti i sassolini, e tutte le pozzanghere. I miei occhi infantili vedevano in quella ghiaia levigata e variopinta un tesoretto di pietre preziose; e le pozzanghere erano l'infinito, cieli d'acqua nell'acqua, nuvole che riflettevano altre nuvole, la casa, io, tutto era vero e nello stesso tempo non era vero".

E con un incipit così, non ho potuto fare a meno di andare avanti a leggere più o meno finché non mi si è sciolto il gelato al gianduia :) e anche un pezzo di cuore, a essere sincera.
Questa scrittrice è straordinaria, consiglio tranquillamente questa lettura a tutti.

p.s. azzardo anche un suggerimento cinematografico. Andavamo per vedere A Dangerous Method e siamo arrivati in ritardo (rimedieremo), ma, quasi come "ripiego", abbiamo visto Carnage di Polanski. Altro che ripiego! Un film strepitoso!