venerdì 30 ottobre 2015

Fare cose diverse dalle proprie.

Ciao, sono con Carlo Cracco!
 Senza esagerare (dato che sono torinese e fan dell'"esageruma nen" in tutte le sue declinazioni), sto cercando ogni tanto di fare cose diverse dalle mie abitudini. Grazie a questo blog, da qualche anno mi capitano infatti diversi incontri da poter scegliere e inviti da poter accettare. 

Ringrazio Freedot per avermi invitata ad esempio ieri a un evento interessante. Si trattava di qualcosa di molto diverso dal mio mondo, che è quello dei libri e in particolare dei romanzi e della narravita e letteratura. Un evento legato al cibo, di cui so poco, salvo che sono un'ottima forchetta, ma che mi interessa parecchio.

Non temete, non sto pensando a una svolta da foodblogger! 

Semplicemente, sono convinta che, di tanto in tanto, se capita l'occasione, è sano (e divertente) fare qualcosa di diverso dal proprio ambito.

Per chi ha l'ambizione di scrivere, poi, questo vale all'ennesima potenza. Perché, se è vero e giusto andare in profondità nel proprio mondo fino a raggiungerne il cuore, è altrettanto vero che può essere molto utile spaziare e surfare negli altri mondi, come ospiti, come spettatori in punta di piedi. 

Ozpetek ha scritto, del suo personaggio, nell'ultimo libro che ho letto (vedi post precedente), che ha "una telecamera al posto del cuore". Beh, in parte è proprio ciò che capita quando si scrive. 

Si ha una biro, una matita, una tastiera. Qualcosa di assolutamente collegato tra cuore, occhi, cinque sensi in generale e parole. 

E insomma, il fare cose che non c'entrano nulla con la scrittura, o poco. Intrufolarsi in ambienti non nostri, ogni tanto. Può fare bene. Posti dove non ti conosce nessuno, o pochi. Dove potersi mimetizzare, e al tempo stesso affinare lo sguardo. 

D'altro canto, ce lo ha insegnato il compianto* David Foster Wallace, qui! Tanto per dire. 

Ieri comunque ho imparato molto dalla mia giornata ad Abbiategrasso. Una cittadina poco fuori Milano che ha accolto giornalisti e blogger nell'ex Convento Annunciata per la cerimonia conclusiva di sei mesi di esperienze legate al fuori Expo2015. Carlo Cracco ha selezionato dodici chef che sono diventati ambasciatori del gusto e hanno lavorato negli spazi (molto eleganti) dell'ex Convento dando vita a laboratori, lezioni, showcooking e molto altro che potete scoprire qui.

Ho assistito a questa cerimonia conclusiva con attenzione. Si è parlato di biodiversità, agricoltura, territorio, vini, studio e cultura. Ho sentito pronunciare la parola "studiare" da Cracco un bel po' di volte e ho respirato un'atmosfera di fermento e impegno e amore per i prodotti, per le persone che si danno da fare: agricoltori, allievi delle scuole alberghiere, designer che si definiscono falegnami. 

Il mondo del "food" è nell'occhio del ciclone oggi. Ne abbiamo parlato anche in radio a Pillole Concezionali con Mariachiara Montera, che è esperta di queste tematiche. E in effetti ieri ho potuto constatare di persona che esiste una cultura vasta e articolata in merito.

Da qualche anno, ho praticamente smesso di guardare la tv (non è snobismo, è che mi è esploso il decoder e non sono più riuscita a ripararlo, anche se, lo ammetto, ci si abitua in fretta a farne a meno). Tuttavia è molto facile monitorarne (della tele) i cambiamenti e le novità tramite i social network. Sapevo comunque molto poco di Master Chef e Cracco e tutto il vociare che gravita intorno a questi programmi. Ma ne sono rimasta invece piacevolmente stupita. 

Ora. Non dico di alzarsi per forza alle 5.30 del mattino e partire dalle nebbie sabaude verso altre nebbie lontane lombarde per andare a conoscere realtà diverse a tutti i costi. O meglio: l'esperienza se potete merita ma volevo dire un'altra cosa: volevo dire che variare e differenziare le propre attività e i propri incontri può essere un'attività sana anche nella quotidianità (non so quante altre volte mi capiteranno cose simili, ma ho in programma ad esempio domani di visitare, per questo blog, il Festival della Scienza di Genova). 

Variare in generale, che non vuol dire girare come una trottola senza scopo: quando ci si accorge di fare questo, meglio fermarsi. Ma prendere e fare qualcosa di diverso, inconsueto per sé e le proprie abitudini, può essere interessante. La stagnazione delle idee, delle relazioni, delle frequentazioni non solo è inutile, ma può diventare nociva. Invece, la scoperta, il concedersi - se e quando si può - un piccolo lusso è costruttivo, nella mia esperienza. 

Guarda caso, anche il motto dell'evento di ieri era "costruire il futuro".

Quindi la mia domanda è: cosa faccio io per costruire il mio futuro? Cosa fate voi? Ai posteri (e ai prossimi post), l'ardua sentenza.



Ex Convento Annunciata ad Abbiategrasso

Sì, ci hanno offerto cose buone da bere.

Vorrei essere come quell'albero lì...

Gironzolando per l'ex Convento, si trovano fioriere con i gusti per cucinare.

Uno dei piatti presentati dagli chef ambasciatori del gusto, lui è Antonio Colombo.

La premiazione dei giovani chef. Qui Cracco a un certo punto ha guardato uno di loro e ha detto: "lui lavora con me da nove anni. Sei bravissimo". Sì, succedono anche queste cose ogni tanto.
Abbiategusto.

ph. G. Ortolani
* cit. Giuseppe Culicchia.

lunedì 26 ottobre 2015

Il valore degli eventi.

Ferzan Ozpetek, Sei la mia vita, Mondadori

Elvira Seminara, Atlante degli abiti smessi, Einaudi

In questi ultmi anni ho partecipato a molti eventi. La parola "evento" non l'ho mai capita né sentita importante come ora, e dire che l'avevo ascoltata molte volte in precedenza. 

Quando sentivo che qualcuno lavorava nell'"organizzazione eventi" mi confondevo, la trovavo una cosa strana, un po' troppo di moda. Invece, ho capito che svilire questo genere di lavoro è un grave errore. 

Come quelli che storpiano Scienze delle Comunicazioni in Scienze delle Merendine. Anche io lo facevo. Ero quella che, il giorno stesso della sua laurea in Lettere, per prima ne svalutava il valore, il significato, il portato di bellezza e utilità che questi studi donano a chi li compie. 

(Ora c'è anche una ricerca scientifica che conferma il rapporto tra felicità e lettura di romanzi, proposta e illustrata dal gruppo editoriale GeMS nel corso di BookCity a Milano).

C'è chi vede la "fuffa" ovunque. E quelli che trovano i social network una cosa bieca, quelli che trovano i romanzi una perdita di tempo, che considerano gli incontri con gli scrittori qualcosa di simile al presenzialismo. In parte, tutti hanno ragione. Ma la verità, come sempre, sto imparando, sta nell'equilibrio.

(Tra parentesi, Equilibrio è la parola-chiave di un bell'evento cui parteciperò il prossimo sabato, tanto per dire)! 

Ho imparato che il mondo editoriale (non necessariamente quello letterario, benché i due mondi ovviamente si tocchino in più punti) si nutre di eventi. L'importante è che questo nutrimento sia sano. A me hanno sempre entusiasmata gli incontri con gli scrittori. Nel bene o nel male, non ne sono mai rimasta priva di contenuti e concetti ed emozioni da portarmi a casa. Fino al punto da apparire anche un po' naif. Mi sono sempre piaciuti gli eventi, ma al tempo stesso mi mettevano ansia. Come dice una buffa frase che gira su facebook, in definitiva, "è bello brutto essere bipolari".

Ho avuto i miei momenti di crisi, relativi a questi incontri e al mio blog stesso, facendomi travolgere, per l'appunto, dagli eventi e prendere dal panico e anche però dal realismo di dovermi guadagnare da vivere: insomma non di soli eventi si campa, almeno nel mio caso. 

Anche se, non so se lo sapete, ma quando una persona rischia di perdere la vita, i dottori dicono ai parenti di prepararsi all'"evento". Dunque la morte è un evento. Dunque la vita è un evento continuo. Il mistero del nostro stare al mondo o lasciarlo è un evento.

Ma tornando alla crisi, come da tutte le crisi, ne sono uscita rafforzata. Forte cioè di questa consapevolezza: ci vuole equilibrio. E beato chi ci nasce in perfetto equilibrio, a me sono servite un bel po' di esperienze per capirlo. Ma insomma siamo qui tutti vivi a parlarne insieme. O per lo meno a scriverne e leggerne.

Tutto questo ragionare mi è nato in parte dagli ultimi due incontri con autori che mi sono capitati di recente. Uno per la radio, quando è stata ospite Elvira Seminara con il suo Atlante degli abiti smessi al programma che conduco insieme a Erica Tramontini e che si chiama Pillole Concezionali.

L'altro, il più recente, con Ferzan Ozpetek con il suo Sei la mia vita a BookCity Milano nel corso di un evento per blogger. Entrambi gli incontri, come sempre, sono stati significativi per me. Perché se da un lato rappresentano un consolidamento di un'avventura cominciata qualche anno fa con questo blog, dall'altro sono state occasioni di riflessione più pacata e calma a proposito del rapporto tra incontro dal vivo e scrittura (e lettura) ed eventi. Un tema che di certo non si può esaurire in una pagina di blog ma che mi piace affrontare.

Oltre a Equilibrio ho capito un'altra cosa, alla fine. Che quello che più conta sono "i temi". Come a scuola. Cavoli: ecco cosa era IL TEMA. Era questo. Tutto il resto è preparazione e organizzazione per poter distillare questi temi, che spesso sono valori. 

Nel romanzo di Elvira Seminara il tema è, in definitiva, il passaggio di emozioni, informazioni e storie di una madre a una figlia attraverso i vestiti. In quello di Ferzan Ozpetek invece è l'autenticità di un amore e le scelte importanti che ti porta a fare. Ecco. Capito, circoscritto, e messo definitivamente nel cuore, nell'anima se vogliamo, nell'archivio di questo blog.

"La vita però sa darti amare lezioni quando ti rifiuti di prenderla sul serio". Ha scritto Ozpetek nel suo romanzo. Sostituite vita con evento...

Ah: grazie a chi continua a leggere questo spazio con affetto.

venerdì 16 ottobre 2015

Groucho e io.


 



A me questo libro ha commossa, che ci posso fare?
La mia carriera teatrale andava a passo di lombrico. Chico e Harpo prosperavano, ognuno nel suo lavoro. Io non battevo un chiodo.

Le storie di come le persone faticano per farcela a corrispondere a se stesse, nella maniera più autentica possibile, attraverso alti e bassi e scivoloni e tristezza, mi piacciono sempre parecchio.

Come sono diventato un comico non so bene. Forse non sono un comico. Non vale la pena di discuterne. Comunque, spacciandomi per tale mi guadagno da vivere benino da molti anni. Da ragazzo non ricordo di aver strabiliato nessuno con il mio spirito. Sono un tipo abbastanza cauto, e non ho né la voglia né i mezzi per analizzare cosa rende un uomo divertente agli occhi di un altro. Ho letto molti libri di cosiddetti esperti, che spiegano le basi dell'umorismo e cercano di descrivere cosa fa ridere e cosa no; ma dubito che qualsiasi comico sia in grado di dire onestamente perché lui è buffo e il suo vicino di casa non lo è. Credo che tutti i comici arrivino a essere tali per tentativi. Così era di certo nel varietà di una volta, e sono sicuro che è così anche oggi.

Questo è l'attacco del capitolo 8. Si intitola Un menestrello errante, io. Mi ha colpita perché mi ha ricordato una cosa buffa della mia vita (eh beh ovviamente!). Quando ero piccola in un temino mi pare di terza elementare che chiedeva quale personaggio del Medio Evo avremmo scelto di essere, se fosse stato possibile viaggiare nel tempo, avevo scritto: il menestrello! Per via dei vestiti colorati e del fatto che poteva raccontare storie a destra e a sinistra. Perché non avessi scelto di essere quella che le ascolta, le storie, che ne so, una regina, non l'ho mai capito, ma tant'è.

Come ho già raccontato in questo blog, mi appassiona la comicità: non sono diventata un menestrello, né mi vesto particolarmente colorato, ma di storie di comici ne sto leggendo e ascoltando tante.

Da questo libro, che ho prenotato perché non c'era più nelle librerie, ha letto dei brani Gioele Dix al festival Il senso del ridicolo, di cui questo è un #LaterPost, come avevo promesso, ovvero un racconto dilazionato di un evento avvenuto ormai qualche settimana fa. 

Groucho Marx è un'icona del secolo scorso (e di un pezzettino di quello ancora prima, essendo nato nel 1890) e questa è la sua autobiografia. Come potete vedere nel video, ci sono nel libro parecchie foto commentate e tanti aneddoti uno più interessante e curioso dell'altro. 

Groucho è il terzo dei cinque fratelli che componevano il gruppo comico dei Fratelli Marx, di cui la madre era agente. Hanno fatto divertire mezzo mondo con film come La guerra lampo dei fratelli Marx o Animal Crackers (da cui è tratta l'immagine di copertina in una sua versione teatrale). 

Qui, scopriamo il suo lato privato con alcune sorprese e altrettante conferme. 

Quasi tutti hanno nella vita una meta o un'ambizione che sperano di realizzare prima o poi... Diventare presidente degli Stati Uniti, allenatore della nazionale di baseball, usciere capo. La mia unica meta, oltre a non morire di fame, era possedere un'auto nuova fiammante: un volante non toccato da mani umane, sedili non ritoccati da macchie d'unto, gomme incontaminate, un contachilometri che segnasse 000000.

E insomma a giudicare da quello che è successo dopo, possiamo ipotizzare che qualche volta anche i sogni più fiammanti si avverano! 


venerdì 9 ottobre 2015

#LaterPost: spunti di lettura dal senso del ridicolo, sul ridere, del ridere.




Dal precedente post è passato qualche giorno, ma non riesco a dimenticare l'atmosfera del festival Il senso del ridicolo, cui ho partecipato come blogger e che ho raccontato sui miei canali social (Twitter e Instagram). 

Anzi, non l'atmosfera, perché le atmosfere dei festival sono più o meno tutte uguali: gente che corre di qua e di là cercando di dissimulare, senza riuscirci, il proprio mal di piedi...

Piuttosto il senso. Al di là del gioco di parole con il nome del festival stesso, non riesco a staccarmi da qualcosa che conta molto per me in questo periodo: ovvero cercare il lato ridicolo delle cose. Non è che passi le mie giornata a sbellicarmi dalle risate o a cimentarmi in barzellette di dubbia qualità, niente di tutto questo. Sto solamente riflettendo sul potere del gesto del ridere sulle nostre vite. 

Lo faccio da qualche anno ormai, ovvero ragionare su questi temi. Ho conosciuto alcuni comici e letto alcuni libri sulla materia. 

Cosa serve per fare ridere? Beh questo non l'ho ancora capito. Non sono ancora riuscita a carpire il segreto, né forse è quello che voglio, perché in effetti si perderebbe la magia. Certo, però, ci sono degli ingredienti che ho notato e credo validi:

1) L'intelligenza. Eh quella se non c'è è un problema. Ma non parlo di un'intelligenza qualsiasi, che abbiamo in molti. Si tratta di un tipo di intelligenza settoriale e molto seria, non sempre adattiva ma spiccata. Non so chi altri abbia lo stesso sguardo severo sulla realtà al pari dei comici... gli entomologi, forse?

2) La malinconia, no. Questo è un falso mito. Ho notato che i comici non sono affatto persone tristi. Sono persone normalissime, alle prese con l'INPS e le spese condominiali come tutti noi; chi si aspetta drammaticità, resterà deluso.

3) Cultura. I comici sono un po' come chi scrive narrativa: devono sapere quasi tutto di molte cose.

Ci sarebbero mille altri punti, ma per ora mi fermo. Questa introduzione era solo per dire che ho deciso di creare almeno un altro post sul tema del festival. Un piccolo spunto letterario. Avrei voluto raccogliere e citare tutti i libri di cui si è parlato durante le giornate di Livorno, ma non è possibile al momento, alcuni libri sono introvabili e dovrei lasciar passare troppo tempo prima di reperirli. Altri non mi interessa molto leggerli, sicché la somma si è ridotta a due soli titoli. 

Entrambi gli autori sono stati citati (e letti) da Gioele Dix (di cui, se tutto va bene, sentirete ancora parlare su questo blog, state collegati...).

Il primo l'ho già consigliato più volte, ad esempio qui.
Ma questa raccolta di storie, pubblicata per la prima volta nel 1965 da Italo Calvino, meriterebbe tante riletture.

Penso che questi racconti continuino il discorso dei miei romanzi fantastici, ma non solo di quelli. Anche stavolta mi sono accorto che mi vengono bene specialmente le storie dove c'è il non-essere contrapposto a quel che c'è, il vuoto o il rarefatto contrapposti al pieno o al denso, il rovescio contrapposto al dritto.

Dice Calvino stesso in un'intervista che precede il testo. E coglie in poche righe il senso stesso della comicità: contrapporre il rovescio al dritto. La comicità delle Cosmicomiche è ricercata e insieme semplice, e ci rende disarmati rispetto alle fragilità che ci avvicinano tutti quanti. Solo Calvino sa unire la tenerezza di un personaggio come Qfwfq alle più alte questioni filosofiche dell'uomo. 

Come ad esempio l'immortalità dell'anima: e qui mi aggancio ad Achille Campanile. Gioele Dix ha letto in realtà un racconto di Manuale di conversazione, ma io ho scelto di consigliarvi questo perché è un libro che tengo sul mio comodino da un bel po' di tempo. Piccoli racconti italiani, scritti in uno stile pulito e impeccabile, divertenti e non si sa come persistenti nella memoria. Pubblicata nel 1974, questa antologia di storie colpisce per essenzialità e profondo acume sulle increspature della nostra società, senza tralasciare narrazioni dell'assurdo che possono anche lasciare basiti.

In una parola: consiglio di nutrirvi di tanto in tanto delle storie brevi della nostra letteratura, un po' come si fa con i cibi sani della tradizione nostrana. Fanno bene alla salute e all'umore.

Buona lettura a tutti!  

Ah, la piccola tazza blu che compare nel video è opera di Marina Gili che potete trovare qui.