venerdì 30 ottobre 2009

Dimenticanze.

Ogni tanto mi dimentico di vivere. E passo intere giornate nel panico, nella paura, nella superstizione. Immersa vischiosamente in quel terrore, smetto di guardare la gente che cammina per strada, smetto di leggere, di capirci qualcosa. Tutti gli oggetti e le persone attorno a me spariscono o sbiadiscono o si paralizzano come statue, come se io dicessi: l'orologio di Milano fa tic tac. E tutto si ferma. Ogni attività smarrisce il suo significato e la interrompo. Finisce tutto in una bolla di sapone. Ed è molto rischioso, se ci pensate.
Però poi basta una piccola cosa semplicissima, come ad esempio accompagnare stamattina mia mamma dall'oculista, per ricordarmi chi sono, quanto sono attaccata a lei, a me stessa e alle altre persone e alla vita vera. Quanto potrei fare, dire, rimediare, scrivere, imparare, insegnare, risolvere, creare. Oddio: è un'illuminazione, una festa privata che si prepara dentro di me anziché fuori. E intanto la città si riaccende all'improvviso, si colora, si veste, si muove in musica come una giostra. E gli ingranaggi del mio cervello scricchiolando si rimettono in funzione come un vecchio orologio. Allora mi rendo conto del tempo che ho perduto, delle settimane e delle ore che scorrevano davanti a me a mia insaputa e li perdevo davvero come si perde il treno. E li dimenticavo. E mi dispiace e cerco proprio un rimedio per questa dimenticanza.

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