Clara Sánchez, Le cose che sai di me, Garzanti |
Da lettrice, ho capito che il punto è, per Patricia, ritrovarsi a vedere il mondo per quel che è.
Viviana le fornisce semplicemente, in una modalità che oscilla tra la spiritualità e la magia bianca vera e propria, le "risorse per modificare qualcosa nella sua esistenza. Le armi per modificare la realtà". Come ci ha spiegato la stessa autrice, rispondendo alle nostre domande.
Abbandonare i panni della sua specifica perfezione giovanile di persona iper felice, e sentirsi per la prima volta spaventata, in pericolo.
Come capita a tutti, presto o tardi. E forse è un bene. Dico, il crollo delle illusioni.
A me è capitato alla sua stessa età. 26. Per questo il libro mi ha colpita molto. E la mia domanda riguardava proprio questo argomento. 26. Sentivo che aveva un senso.
A un certo punto Patricia, durante una sfilata, si blocca. Si pianta proprio sulla passerella. Non si muove di un centimetro. All'inizio sembra un colpo di teatro, e scatta anche un piccolo applauso.
Ma ben presto si capisce che è un problema. In seguito al quale, decide di andare dal dottore a parlarne. Lui le prescrive le analisi, ma niente, è fisicamente sana. E allora cosa è successo? Lui le spiega: 26 anni è un'età particolare, lei soffre perché è nel pieno della sua realizzazione personale, ma la vita la fuori è difficile e questo processo non è indolore.
E quindi ho chiesto se avesse scelto volontariamente proprio quell'età, anzi quel numero. E se per lei questo si può considerare come un romanzo di formazione, anche. Oltre che un giallo psicologico.
Sì, ha spiegato. Le cose che sai di me è una novela di accrescimento. E, ci ho preso, il numero 26 aveva senso. Scrivendo, la scrittrice ha risentito i suoi personali 26 come se tornassero di colpo al presente, ha rivissuto le emozioni di quegli anni, quei dolori, quelle speranze.
Lo sapevo che aveva un senso particolare per me questa gita a Milano. Da qualche tempo mi chiedevo il perché di tante cose. Ma ieri, non so, mi pareva il caso di prendere il treno e partire per Milano, per incontrare lei. Mi è parsa una di quelle persone con quello che mi piace chiamare lo shining. Non nel senso del film! Comunque intendo dire persone che, a qualsiasi titolo, hanno qualcosa di misterioso, e profondo, e qualcosa che in un certo senso mi fa capire il valore inestimabile dell'incontrare, della bellezza, dell'ascoltare e del guardare.
Ne conveniva Clara Sánchez, quando ci diceva di essere contenta in modo particolare di essere lì con noi. Di incontrarci guardandoci negli occhi. Si è complimentata per l'influenza e il lavoro che svolgono i blogger sulla rete, ne era colpita. Diceva di tenere in considerazione il nostro giudizio, e ho trovato consistente la sua generosità: si è dilungata così tanto che ho perso il treno!
Le ho fatto la domanda sui 26 anni perché per un caso strano della vita mi sono ritrovata in una situazione del tutto analoga a quella della protagonista. Non a sfilare su una passerella, quanto alla parte della risposta del dottore. Mi è capitata una cosa, proprio verso quell'età, che ha sancito un prima e un dopo nella mia esistenza. E un dottore mi aveva proprio spiegato che a 26 anni è come essere nel mezzo di un fiume. E non vedi più da dove eri partita, ma nemmeno l'approdo.
Ma non solo: da quel momento lì in poi (tra l'altro ho scoperto anche che la cosa che è successa a me è successa simile proprio anche alla scrittrice) è cominciato un processo lunghissimo di disvelamento. Lento, lento, che dura ancora adesso.
Ho cominciato a percepire il mondo con occhi diversi, a cercare, vedere, e in parte trovare una forma di verità. Ed è così che succede a Patricia. Clara diceva che scopre di essere sola, e non lo sapeva. Scopre di avere paura, quando pensava invece che tutto fosse meraviglioso e facile. Scruta tutto con circospezione, sfiora la paranoia, ci casca dentro, ma per uscirne più forte, nuova, adulta.
Lo sapevo che dovevo andare a guardare negli occhi questa scrittrice. A osservarla. In effetti, aveva la luccincanza! Ovvero, quella scintilla che mi fa pensare che la vita, nella sua complessità, nella sua fatica, svela i propri segreti attraverso gli sguardi, le parole, la forza, la serietà e il desiderio. Il desiderio anche di capire come le cose funzionano. In una continua esaltante, faticosa esperienza che non smette mai credo, temo, spero.
Comunque questo è anche un libro sull'amore. Figuriamoci se poteva mancare. Ma osservato da un altro punto di vista: ovvero: Patricia è una Anna Karenina che adora letteralmente il marito, che è un personaggio mostruosamente orribile (fatto del quale l'autrice è fiera, perché suscita reazioni forti nei lettori), ma, a differenza della nota eroina di Tolstoj, si salva. Non muore per amore, ma sceglie di vivere. Di considerare l'amore come fonte di vita, e non di dolore. Bellissima notizia.
Questi e altri temi sono tutti emersi nelle domande delle altre blogger. Nella fattispecie, tra gli altri: Sul Romanzo, Gli amanti dei libri, Critica Letteraria.
Bene. Quindi è scattato il brindisi. Che sembrava di stare a una festa. In effetti lo era. Lo è stata. Per me, privatissima, perché questi sono i classici momenti in cui capisco delle cose in modo luminoso, in cui mi accorgo del senso di leggere, di scrivere, e di far lavorare dentro, e fuori, le cose in modo costruttivo. Ma poi anche per gli altri, c'era una bella atmosfera, che aiuta, nel mezzo di tutto, delle preoccupazioni, esistono le sorprese.
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