Angela Nanetti - Antonio Boffa, Un giorno un nome incominciò un viaggio, Edizioni GruppoAbele |
Forte di questa simpatica e condivisibile consapevolezza qui.
E di parecchi cambiamenti nella mia vita e nella mia testa (e spesso le due cose coincidono) ho rallentato un bel po' la mia attività di blogger spiegandone le motivazioni qua e là, più a voce che in rete a dire il vero, ma anche in alcuni post e insomma il fatto è che non riuscivo a stare dietro a tutto e far combaciare un blogging d'assalto di qualità con le incombenze della vita quotidiana. O più semplicemente avevo bisogno di una pausa. E di ridefinire le priorità. Succede qualche volta, no?
Poi ho sentito parlare di questo, che un po' avvalora la mia esigenza, e ne sono stata contenta.
Oh, guarda, ne aveva parlato anche Wired due anni fa, qui! Ma ci tengo a dire che tutto questo non ha nulla a che fare con un disamore verso la rete, tutto il contrario anzi. Sono sempre più appassionata di Umanistica Digitale (e a breve ne darò prova :): convinta che il web sia una fonte di esperienza imprescindibile oggi, e una ricchezza di opportunità umane, lavorative, sensoriali, psicologiche, intellettive, culturali e artistiche. Basta saperla usare bene etc. etc.
Semplicemente, e per farla breve, ho deciso di prestare più attenzione al mio ritmo personale. E spero che chi ballava con me prima, continui a ballare anche adesso (cioè a leggere!).
Insomma. Tutto ciò per dire che ogni tanto mi arrivano a casa dei libri che non so bene per quale ragione mi colpiscono più di altri. Non ho il tempo ora come ora di leggere nulla di lungo. Per motivi di lavoro e di attività che riempiono le mie giornate. Pare brutto detta così, ma è proprio vero (su questo punto ci sto ancora lavorando). Ma quando arrivano piccoli (per dimensioni) libri, specie albi illustrati, sono più solerte. A volte il caso, più che la volontà, sembra dettare le stramaledette regole della vita. Non voglio crederci fino in fondo, ma un po' è così, ammettiamolo. C'è da dire però che sono legata per motivi tutti miei (emotivi) al Gruppo Abele, e quindi dopo mesi mi sono messa sotto con la lettura breve ma intensa di questa storia. Pranzando tra l'altro in questo adorabile ristorante sabaudo. (Sì, è pubblicità: ma occulta, nel senso che loro non sanno che li sto citando, né sono compensata. Di questi tempi, meglio specificare neh).
Dicevamo.
La storia di un nome e di migrazione (come si coglie bene anche nella prefazione di Fabio Geda).
Il nome è il nome di una bambina. Quella che danza coi narcisi. Bella questa cosa dei fiori, scrivendo il mio primo romanzo ne sono diventata un po' esperta, sono mondi minuti, affascinanti.
Invece, benché io abbia come amica la migliore guru-illustratrice del mondo, cioè lei, di illustrazione continuo a non sapere molto per cui, come nella politica che sempre è stata presente su questo blog tra l'altro non mi improvviserò critica né d'arte né letteraria.
In ogni caso, queste tavole e questa storia sono arrivate sul mio tavolo in un momento adatto. La storia di un nome che cambia, che viaggia e che cambia durante il viaggio, che deve mettere radici da un'altra parte.
"Fu così che il nome arrivò sulla spiaggia in una mattina di sole tra i gabbiani. Senza più peso, ormai, e senza più paura. Senza fame né sete e senza barca: essa giaceva quieta in fondo al mare. Quanto tempo era durato il viaggio? Un anno intero e un'intera vita. Un altro nome ora fa compagnia alla bambina nel cimitero che guarda il mare. Il suo era un nome bello e gentile, ma troppo lungo per una piccola croce: la bambina sconosciuta ora si chiama Anna".
Questo è quanto. Meglio non edulcorare. La mia guru mi ha insegnato che i fiocchetti nelle storie per bambini (o sui bambini) non vanno bene, se si vuole essere onesti. Che la bellezza è un'altra cosa. E in questa storia io ce l'ho vista, la bellezza di un nome che diventa qualcos'altro.
Consigliato a tutti, ma in particolare a chi sta diventando qualcos'altro, qualsiasi cosa questo significhi.
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