Vladimir Nabokov, Il dono, Adelphi |
Prima che cominciassero le feste, ho fatto un gioco. Sono entrata in una libreria di Torino e ho cercato il mio dono di Natale. Cercavo un libro che "mi chiamasse" dagli scaffali. Sembra una cosa un po' assurda, ma a volte succede. E infatti è accaduto con Il dono di Nabokov.
Chi di voi ha letto Lolita, o altri suoi capolavori, saprà che l'autore è uno dei più importanti della letteratura russa e mondiale di tutti i tempi. Questo è il suo ultimo romanzo, scritto tra il 1935 e il 1937 in russo, uscito a puntate su una rivista, e vedrà la luce in forma integrale nel 1952.
Ho faticato a entrare nell'atmosfera del romanzo, ma tra ieri e oggi ho fatto ingresso nella storia in maniera più decisa. Il dono regala a chi la cerca la felice e luminosa scrittura nabokoviana che ci si aspetta.
Piovigginava ancora, ma già, con l'impercettibile subitaneità di un angelo, era comparso l'arcobaleno.
E al contempo rappresenta una sfida, impossibile da vincere, alla ricerca di infinite citazioni di citazioni di citazioni di citazioni degli autori russi che il protagonista, un poeta e scrittore alle prese con la carriera, la vita e i sentimenti, propugna o ascolta.
A illuminare la mia lettura è stata in definitiva la postfazione di Serena Vitale, che è anche la traduttrice. E ciò mi ha dato modo di compiere alcune riflessioni su temi di attualità.
In questi giorni sono fiorite molte classifiche di gradimento relative alle ultime uscite in Italia in fatto di letteratura. E ne è conseguita una accesa polemica sulla scarsa presenza, per non dire assenza, di nomi femminili.
Affrontare Il dono per me è stato proprio un percorrere a pieno questo problema. Metto qui un po' in ordine i miei pensieri. Non vorrei essere fraintesa, amo da sempre Nabokov, ma questo suo ultimo lascito letterario è di una difficoltà disarmante e senza il soccorso di Serena Vitale alla fine del traguardo, non ce l'avrei fatta. Perché?
La Storia è costellata di autori maschi di talento (ma ahimé talvolta gravemente narcisisti) che si dedicano (che possono dedicarsi) a prose indecifrabili grazie al provvido intervento di lettrici-ancelle (spesso mogli e dattilografe) dedite all'eterno dipanare queste pregiate matasse.
Lo stesso Nabokov naturalmente ha tratto giovamento dalle imprescindibili cure della eterea Vera, se leggete questa biografia ne avrete un quadro completo. Di contro, la Storia ha relegato per molto tempo la maggior parte delle autrici donne al ruolo di pazze, povere, isolate, isteriche, suicide. Perché?
Beh, posto che le mie sono gioco-forza delle generalizzazioni, non sono certo in grado di rispondere o di spiegare questo fenomeno antico. Basti però leggere Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf per capire che fine avrebbe fatto una ipotetica sorella di Shakespeare dotata dello stesso talento. Spoilero: una pessima fine!
Ho letto in questi giorni anche tante "difese" delle autrici donne. Excursus di letture al femminile, sciorinamenti di titoli. Trovo la cosa benemerita, ma naturalmente il problema è a monte.
Oggi, rispetto al passato, bieche classifiche a parte, le scrittrici donne hanno per fortuna una loro normalissima rispettabilità e vincono premi Nobel come i maschi, si pensi ad Alice Munro o alla mitica Elizabeth Strout (per citare le straniere).
Qui in Italia i nomi sono anche tantissimi. Ultimamente, ad esempio, parlando di me poiché siete capitati sul mio blog!, ho fatto la correttrice di bozze di questa raccolta di racconti di sole donne uscita per Utet, curata da Violetta Bellocchio, per dirne una. E qualche tempo fa sono stata madrina di un premio letterario per tesi di laurea su Lingua Madre che da anni si occupa di scritture di donne da tutto il mondo con progetti bellissimi e ha un posto sempre d'onore al Salone del Libro (o Fiera? Ho perso il conto dei nomi della kermesse del Lingotto). Senza contare tanti e tanti altri casi che si potrebbero citare e non c'è il tempo e lo spazio.
Perché allora queste polemiche? Probabilmente è una questione di ruoli. Se si riuscisse al slegare la simbiosi tra uomo (apparentemente) superiore e fanciulla devota (parlo in termini di scrittura, cosa si fa in casa è un altro discorso) e in eterna adulazione e si cominciasse ad andare insieme, di pari passo, sarebbe un ottimo inizio.
(una noticina sul concetto di blogger: qui in Italia manca poco che in anni addietro sia stato sbeffeggiato o mal compreso e dire "blogger" pareva sinonimo di "velina" mentre all'estero operano blogger anche maschi, di qualità e valore. Ad esempio questo).
La contemporaneità per fortuna è piena di autori uomini che stimano le colleghe autrici e blogger, che le leggono con interesse, come è normale che sia senza che l'uno primeggi sull'altro (si badi che anche il potere distruttivo e malevolo delle donne in letteratura come nella vita può essere deleterio).
Guardate però ad esempio cosa hanno costruito negli USA Dave Eggers e Vendela Vida, qui, due scrittori "alla pari" che sono anche marito e moglie e genitori e hanno fondato scuole e riviste e sì, sono anche ancora giovani e carini. E questi sono i casi più eclatanti.
Insomma, si può cambiare questo mondo letterario, sta già cambiando. Forse basterebbe dare meno peso a ste classifiche oppure ringraziarle perché sono in fondo il pretesto per rispolverare o fare luce su un male in via di guarigione.
Per concludere, questo libro è quindi il mio dono per il 2016, grazie a tutti per la costanza con cui passate da queste parti. Buon anno!
2 commenti:
Ciao
volevo solo precisare che "Il dono" non è l'ultimo romanzo di Nabokov, ma l'ultimo che scrisse in russo, prima di passare alla lingua inglese.
A parte questa piccola precisazione, grazie di aver recensito un'opera
di questo autore, un grande della letteratura e che spesso viene ricordato solo per "Lolita".
Un saluto
Grazie mille!
Quanto alla precisazione, nella mia frase in effetti lo dico, ma non è molto chiaro: "Questo è il suo ultimo romanzo, scritto tra il 1935 e il 1937 in russo"
Grazie comunque di cuore!
noemi
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