venerdì 27 gennaio 2017

Giornata della Memoria



Ieri ascoltavo alla radio (Radio Tre) una lettura ad alta voce del Diario di Anna Frank. I commenti, dopo la lettura, erano commossi: il conduttore della trasmissione e gli ascoltatori si mostravano colpiti dalla intramontabile ironica e sensibile intelligenza di una ragazzina costretta a vedersi sottrarre la vita e gli affetti e qualsiasi sicurezza senza poterne decodificare le ragioni. Essendo tra quegli ascoltatori, mi sono sentita anche io così, molto vicina a quella voce piccola e forte, una penna che aveva capito già tante cose dell'essere umani.

Per questo mi sono resa conto ancora una volta che quello che possiamo fare noi qui e adesso non è mai molto chiaro e fa sempre sentire inadeguati.

Tuttavia, in questo Giorno della Memoria per ricordare le vittime dell'Olocausto i libri - le parole scritte - sembrano essere il regalo che ci hanno fatto proprio quelle vittime. Perché sono sicura che noi che li leggiamo oggi siamo i loro lettori ideali, i futuri abitanti della stessa terra che per loro è stata tanto ostica e spietata. 

Siamo proprio quelli a cui volevano, con disperazione, con pervicacia, parlare. Di fronte a questo tipo di esperienze, immagino, ci si accorge che la contemporaneità è uno scalino per l'eterno: questi libri sono libri spirituali, oltre che opere letterarie. 

A me viene spontaneo leggere ogni anno Primo Levi ma sono sicura che ognuno può trovare il proprio nume tutelare, in relazione a questi temi, in molte pagine diverse. 

"Come sempre avviene, la fine della fame mise allo scoperto e rese percettibile in noi una fame più profonda. Non solo il desiderio della casa, in certo modo scontato e proiettato nel futuro: ma un bisogno più immediato e urgente di contatti umani, di lavoro mentale e fisico, di novità e di varietà". 
(La tregua) 

Se mi fermo a pensare ai miei nonni, che hanno visto e qualche volta vissuto quelle esperienze, mi rendo conto che a noi contemporanei è data la possibilità di quelle novità e di quella varietà di cui avevano fame loro. O per lo meno, abbiamo quasi sempre e quasi tutti da mangiare ogni giorno. Tocca allora a tutti costi - anche quando sembra più difficile - onorare questa fortuna di cui qualche volta, fuori da ogni retorica, ci dimentichiamo; perché è vero che abbiamo una fame profonda come la loro ma quello che ci hanno lasciato è il dono di non essere più vittime della Storia, nel senso che è il nostro dovere stare con gli occhi bene aperti affinché - frase che pronunciamo ogni anno oggi - le cose non si ripetano.  


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