lunedì 23 gennaio 2017

Poetry Cafè

Eugenio Montale, Ossi di seppia, Mondadori

Sono contenta di riportare in auge una vecchissima rubrica vintage di questo blog! Poetry Cafè! Una poesia per dare respiro alle giornate piene di scadenze.

Non saprei spiegare, soggettivamente, cosa rappresenta per me la poesia. Immaginate qualcosa che vi fa stare molto bene, come una mattina fresca ma con il sole. Per me la poesia è questo. E se devo dirne una che più si avvicina a questa idea di felicità semplice, ma ricercata (perché in fondo quelle giornate belle sono rare) è I limoni di Montale.

Chi l'ha letta senz'altro ne ricorda una prima volta sui banchi di scuola. Per me è così. Un ricordo lontano ma ancora vivo, di promesse di futuro, le luci del pomeriggio che filtrano dai vetri dei corridoi, l'odore della cancelleria e della macchinetta del caffè e parlano di come sarai, di ciò che ti aspetta. Eccola qua, sperando faccia bene al vostro lunedì. 

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantanoi ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rurnorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo dei cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.

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