domenica 28 ottobre 2012

Il pane e l'oro.


Un mulino.

Pane artigianale.
Riso oro e zafferano di Gualtiero Marchesi. Presa da qui. 
Panettone.

Flash Papers al #SaloneDelGusto
Ieri ero al Salone del Gusto/Terra Madre per #flashpapers. 

Gli stessi spazi che a maggio si riempiono di libri per il Salone del Libro, ora sono colmi di cibi e bevande e profumi. Fuori, vicino alla biglietteria, anche animali vivi, due asinelli.

Sono stati ospiti della nostra simpatica trasmissione Giancarlo Gariglio ed Eugenio Signoroni di Slow Food. Con Eugenio abbiamo parlato, tra le mille altre cose, anche un po' di Gualtiero Marchesi. Mi è tornato alla mente un ricordo d'infanzia. Un video di Gualtiero Marchesi in TV che cucina un risotto alla milanese. E fin qui. Ma poi, inaspettatamente, almeno per me che ero bambina, ci posava sopra una foglia d'oro. Oro vero.

Così, sono poi cresciuta negli anni a venire con il pensiero, chiuso da qualche parte del mio cuore, che c'è al mondo qualcuno che cucina oro. Qualcuno che lo mangia col risotto. Questo è uno strano pensiero. Un pensiero misterioso. Mangiano l'oro. Qualcuno da qualche parte mangia l'oro. L'oro entra e brilla e si deposita dentro di loro. Non male, non male.

Il mio bisnonno era un panettiere. Non ho mai visto la sua attività, perché il forno è stato chiuso e murato molto prima che io nascessi. Anche lì: io so, non l'ho mai visto, ma so; so che qualcuno, sangue del mio sangue, lavorava con le mani il pane. E lo vendeva agli altri.

Il pane, e l'oro. Tutti e due in un certo senso fanno parte della mia vita. Per lo meno di quella mentale.

Ieri vagavo allora tra questi stand, tra queste materie prime, questi bicchieri, e ascoltavo odori così buoni da commuoversi, da smuovere tutti i cinque sensi, anche il sesto, da pensare che la gioia fosse troppa, e ho temuto che sarebbe stato difficile tornare alla realtà.

(poi ho passato una piacevole serata nel canavese con fidanzato, tanti amici e un gatto certosino di bellezza e mitezza sovrumana, grigio-argento, occhi dorati, appollaiato sulle ginocchia, buono e paziente, insomma, è stato più facile del previsto, ce l'ho fatta, non preoccupatevi per me!).

Adesso però che sono qui a scrivere e a ripensarci, mi rendo conto di quanto tante volte poco abbia senso tutto il resto rispetto al pane, e alla meraviglia che è bello cercare in pensieri antichi e fuori dalle righe come un risotto fatto d'oro. Che mi sembrano due estremi opposti. Il pane è tanto semplice, quanto vitale. L'oro e la sua posa creativa sul riso sta invece lassù, nel cielo, nel mondo delle idee, dell'arte, di un incanto, di qualcosa di inafferrabile, che sta nella mia mente, mentre il pane serve per il corpo. Insieme, che esperienza complessa. Poi mi è presa un po' di paura. Mi sono chiesta: cosa ne è di me, adesso, visto che queste cose però appartengono al mio passato, e per di più al mio passato mentale

E insomma quanto mi sento triste vado a leggere qualcosa che c'entra con le mie radici, sempre mentali, ma sempre radici. Quindi: Baricco. Un pezzetto dei Barbari. Sulle "idee che non vogliamo smettere di pensare". 

"Un lavoro raffinato, una cura: nella grande corrente, mettere in salvo ciò che ci è caro. È un gesto difficile, perché non significa mai metterlo in salvo dalla mutazione ma sempre nella mutazione. Perché ciò che si salverà non sarà mai quel che abbiamo tenuto al riparo dai tempi ma ciò che abbiamo lasciato mutare perché ridiventasse se stesso in un tempo nuovo". 


Buona domenica a tutti quelli che in questo momento stanno ridiventando se stessi in un tempo nuovo.






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