giovedì 15 luglio 2010

Casalinga.

Per cause tecniche, il mio rientro al lavoro che facevo al mattino in ufficio è slittato, e incrocio le dita perché questo tempo sia il più breve possibile e che il ritorno avvenga davvero.

Anche i miei altri lavori da free lance, dopo un momento intenso in primavera, sono in pausa. E anche in questo caso spero che le attività riprendano al più presto, come spero anche in nuove occasioni.

Queste intime confidenze per dirvi che è dura per me reggere. L'insicurezza, le crisi di abbandono, la fragilità emotiva sono i miei peggiori nemici da sempre, e solo ora posso dire di essere in vantaggio rispetto a loro. Sono lì - i miei nemici - stesi al tappeto col naso rotto, e la mia unica preoccupazione è adesso che non si rialzino a tradimento, mostrando risorse insospettabili.

Tuttavia: il rischio tristezza - con questo caldo e in questa particolare città - è molto alto. Per un attimo ho pensato di ripiegarmi in sconfinati pianti di fronte al pc o solitarie mummificazioni sul divano. Perché il difficile della vita, almeno della mia, non è tanto fare le cose col rischio di sbagliare, bensì l'attesa. E non l'attesa di un evento certo, bensì l'attesa di qualcosa che non si sa se accadrà. E quando questo qualcosa si chiama lavoro, la posta in gioco diventa altissima. Ed è proprio qui che servono la forza d'animo, la resistenza fisica, l'equilibrio mentale. E ovviamente la fiducia in sé, nelle proprie energie, nelle proprie facoltà di miglioramento e di costanza. Nonché la fiducia nel mondo.

Così oggi ho avuto l'intuizione. Se si vuole che le cose accadano, bisogna essere sempre pronti all'evenienza. Ho capito che è meglio tenersi in forma nella mente e nel corpo, perché non si sa mai. E a volte le cose falliscono anche perché si era perso troppo tempo a struggersi prima, nella famosa attesa, e all'eventuale momento buono si arriva sfatti, abbruttiti. Le competenze, in queste fasi di stallo protratto, rischiano di sfumare via e dissolversi, quindi ho capito che bisogna allenarsi continuamente.

Inoltre, e qui arrivo all'intuizione, alzando un istante la testa dalla propria involuta stagnazione, ecco apparire la sola e inconsapevole testimone del nostro sconforto: la casa. Queste quattro mura ignorano i nostri problemi, sono come i bambini piccoli e hanno bisogno di molte attenzioni e di cure continue.
Allora ho deciso. Prima di tutto ho deciso di sperare, di non arrendermi, di aspettare con calma le risposte e di rendermi sempre disponibile al lavoro. E successivamente - almeno per oggi - di fare la casalinga (non) disperata a tempo pieno.

A vostro beneficio, ecco allora il programma della mia giornata:

- stendere amorevolmente i panni.
- stirare.
- finire di imbiancare un pezzo di muro.
- lavare la cucina.
- lavare i vetri.
- comprare il pane, il latte e il giornale.
- cucinare.
- leggere.
- dormire il sonno dei giusti.


:)




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