Mio
cugino mi ha chiesto: cos’è? Ma io non la vedevo. Cos’è? Quella cosa.
Quale? Quale? E in una frazione di secondo si è scatenato il delirio. A quanto
pare è arrivata di notte. Per gli altri era il panico, io come un tonno
dormivo. Anzi, non di notte nell’uso comune del termine: in quella che noi
chiamiamo notte, che può succedere anche più volte nella stessa giornata. Si
crea un buio, ma attraverso il quale vediamo bene lo stesso.
Al
cambio dell’acqua o mentre ero distratto: è successo. Un volo, un rimbalzo, un
terremoto. E continuavo a dormire come una vecchia triglia imbottita di
plancton. Il salto è stato un attimo. Il peggio probabilmente il tuffo: che se
sei lì sotto, rischi di prenderla in testa e anche morire in alcuni casi.
Una
volta un tizio è morto per un dinosauro. Il dinosauro era tre volte tanto e la
plastica la più potente immaginabile: stecchito sul colpo. Qualcuno qui prova a
riprenderla, ma da giorni non ci riescono. Ho sentito dire che la lasceranno,
dicono che è coreografica.
Comunque
dopo l’impatto, che io ho perso, distratto come un totano bollito, non so
perché: forse dormivo, ero nella fase REM, ero impegnato in chissà che cosa, a
vagare su e giù nella risoluzione dell’eterno mistero: del cosa sono quelle
ondate rosee immense che d’improvviso si posano sul vetro di casa. Comunque
dopo: l’ho guardata, era una cosa bellissima. Quella cosa per me è diventata
importante. Quando mi sento stanco, confuso e disorientato dall’andirivieni
della mia vita, mi avvicino a lei. Ci giro intorno, la osservo. Il suo piccolo,
colorato bagliore mi riconcilia con i sapori buoni e le sensazioni della
felicità-arcobaleni-tramonti-chiari-primavera-profumo di vento.
La
chiamo “lucina” ma so che non è luce: ha una sua consistenza sicura, che a
toccarla potrebbe muoversi. Ma noi la preferiamo lì ferma: ci rende contenti
senza fare un gesto, senza dire una parola.
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