lunedì 16 aprile 2012

Cappello di lana rosso.


Cappello di lana rosso. Soprabito bianco. Occhi castani. In banca. Gianni ha il tono di voce alto e squillante di un bambino, di chi non ha ancora capito che qualcuno che ti ascolta c'è sempre, con tutti i rischi e i pericoli, e le strane possibilità che questo comporta.

Gianni: Mi si è rotta la bicicletta.
Impiegato: L'ennesima.
Gianni: Sì, ma come faccio adesso?
Impiegato: Non lo so. Come le altre volte?
Gianni: Alla mensa dei poveri?
Impiegato: Ma con i soldi della mamma, cosa ne hai fatto? Interventi di sussistenza? Come mangiare, l'affitto, vestiti? O altro?
Gianni: Sì.
Impiegato: Sicuro?
Gianni: No.
Impiegato: Torna dopo pranzo dai.
Gianni: Alla mensa dei poveri?
Impiegato: Per forza. Di panini te ne ho offerti troppi io. Non ce la faccio più.
Gianni: Ok.
Impiegato: Ma hai capito?
Gianni: Sì, che non devo sprecare i soldi che mi ha lasciato la mamma.
Impiegato: Esatto.
Gianni: Mio padre non mi parla più.
Impiegato: Esatto.

Gianni ha 46 anni. Gira nel freddo di aprile di Torino, con il suo cappello rosso. Faccia rotonda. Cerca aiuto in chiunque, non lo sa trovare nemmeno in se stesso, figuriamoci nel mondo, da nessuna parte, è inconsolabile. Ero lì che lo ascoltavo. Fingendo distrazione. Lo guardavo senza poterlo guardare davvero. Gli occhi di Gianni piantati sulla mia nuca. Quando non ci sono domande né risposte, e per lui è tutto un mistero. Piccole cose che Gianni impara sul momento. Che dimentica per sempre.

4 commenti:

Zuccaviolina ha detto...

oh, che emozione questo raccontino! Brava tazzina, come sempre!

noemi ha detto...

@Zuccaviolina: grazie... :)

Anonimo ha detto...

Fingendo distrazione...
Un sorriso
G

noemi ha detto...

@towritedown: ricambiato... :)