martedì 28 marzo 2017

My Book Pride.


Sabato scorso sono stata a Book Pride. La fiera nazionale dell'editoria indipendente, giunta alla sua terza edizione. 

Tema: descrivi il tuo Book Pride. Svolgimento:

per me è stata un'occasione per tirare le fila o seguire un vecchio filo, flebile eppure mai spezzato.

Con cosa? Con la mia passione, con una passione che, come sapete voi che leggete, accomuna molti e con qualcosa di più. Con un'anima forse, mia e di molti, che ci porta tutti lì, dentro una casa-base. E allora non è un caso che il luogo che ospita la fiera si chiami proprio così: Base, a Milano.

Per voi che amate i libri: ci sarà un'immagine che vi riporta indietro, alle prime volte in cui avete capito che la lettura e in qualche caso la scrittura vi avrebbero accompagnati sempre, nel bene o nel male. A me viene in mente la scena di me bambina che guardo, dopo aver letto uno dei primi libri della mia vita, il rettangolo di cielo che si vedeva dalla casa dei miei nonni in campagna. Adesso non c'è più nessuno, né casa né persone, ma lo spicchio di cielo è sempre lo stesso e lo rivedo ancora, libro dopo libro, come la mia personale finestra sulla vita e sull'immaginazione.

Questa, chiamiamola così, passione è per quanto mi riguarda la cosa più simile che conosca al nostro stesso corpo, al nostro cuore e al nostro respiro. Non ci abbandona fino all'ultimo e poi chissà, proprio come il respiro, magari passa a qualcuno di nuovo, che ci vuole bene, ci rispetta. 

Ma tornando con i piedi per terra. Sabato credo di aver confermato in cuor mio perché questa faccenda dei libri, delle fiere, del lavorarci, del conoscere, scoprire, rinnovare la curiosità e l'attenzione per le storie e la cultura continui a restituirmi senso e ragione, a condurre me e tutti quelli che c'erano dietro a quel filo colorato che attraversa le parole. 

Credo che il motivo sia che i libri sono simboli. 

Il simbolo della parte migliore di noi. Distillati di persone. Di valori ed emozioni, e progetti. 

Frutti nutrienti (anche quando raccontano il peggio e il dolore).

Ecco, è un po' questo. Muovere passo dopo passo, ancora e ancora ogni anno in questi posti nuovi o vecchi, con persone sempre uguali e sempre diverse, amici o nemici, gentili o sprezzanti, amorevoli oppure ostili. Generosi, invidiosi, squali, vulnerabili. C'è un po' di tutto.


Ma i libri sono sempre lì, come pietre preziose o pietre miliari, a lasciarsi guardare e desiderare dagli scaffali. 


Quanto a me, sono fortunata: qualche volta li ricevo in regalo. Altre volte li compro. Nella foto c'è un parziale mix del mio bottino. Ma a dispetto della crisi economica, della crisi dei valori e della crisi individuale, possiamo ancora guardarli, comprarne uno ogni tanto, farceli regalare, addirittura scriverli. Belli o brutti che siano, i libri sono lì a rispecchiare qualcosa di noi.

Possiamo diventarne i peggiori critici, ignorarli, tenerli vicini sul comodino. Come piccole guide sagge, loro accettano un po' di tutto e rinascono a ogni fiera, più fieri di prima.

Ph. Officine Biancospino. 


venerdì 24 marzo 2017

Poetry cafè.

Rupi Kaur, milk and honey, Tre60 - Tea


Milk and honey di Rupi Kaur è un libro di poesie illustrate dall'autrice stessa, che firma anche la copertina, ed è molto bello. 

Intendo: un bellissimo oggetto letterario che, nella cultura dell'immagine odierna, basterebbe ad acquisire valore in sé. 

Questo libro però ha diversi aspetti in più da considerare, oltre alla pura bellezza. E ringrazio la casa editrice per avermelo inviato in lettura perché è stata un'esperienza interessante.

Uno di questi aspetti è la storia particolare dell'autrice. Si tratta di una ragazza indiana naturalizzata in Canada, dove ha compiuto studi universitari.

Fino a qui, niente da rilevare. Dopodiché, Rupi Kaur, appassionata di arte e scrittura, ha cominciato a postare i suoi lavori sui social, in particolare su Instagram dove in poco tempo ha conquistato un milione di follower.

E fin qui, niente da rilevare. No scherzo, il particolare è proprio questo. Si tratta di un cosiddetto caso editoriale nato dal web e arrivato ovunque. A quanto si legge dal risvolto di copertina, questo suo primo libro - inizialmente auto-pubblicato - è rimasto per nove mesi ai vertici della classifica del New York Times. Ed è in corso di pubblicazione in tutto il mondo. 

Ma com'è il libro? E cosa c'è dentro? 

Ci sono tante poesie lunghe o corte la maggior parte corredate da una bella e incisiva illustrazione in bianco e nero. Le opere letterarie, tradotte da Alessandro Storti, sono suddivise in sezioni: il ferire, l'amare, lo spezzare, il guarire.

Il ferire è la sezione più dura: le poesie parlano di violenza sulle donne e fanno molto male, sono lucide, vere. 

A me è piaciuta un po' di più l'ultima parte, ma non faccio testo: a scuola ero di quelli che preferivano il Paradiso all'Inferno (e pure adesso, lo ammetto).


il mondo 
ti dà
tanto dolore
ed ecco che tu
ne fai oro

- non c'è cosa più pura


Questa piccola poesia appartiene alla mia sezione preferita, l'ultima, quella delle poesie più luminose, fiduciose e naif, quella che alla fine mi ha colpita, per la tenerezza e il coraggio. 

In generale, sono poesie dirette, potenti, semplici. Volendo essere cinici: ingenue. 

Personalmente, non so giudicare e men che meno capire se un lavoro artistico o letterario sia buono perché di successo o viceversa, insomma, non ho preconcetti. Alcune poesie le ho trovate stupende e sapienti altre stucchevoli. Il libro in generale mi ha colpita e intrattenuta: non so se resterà nella storia della letteratura mondiale o in quella del web. Ovvero non so se il numero dei follower e dei compratori decreti per davvero il successo di un libro. C'è chi lo sostiene. Non mi annovero tra questi.

Ho conosciuto molti autori e spesso quelli che vendevano tanto lo meritavano (secondo il mio gusto) altrettanto spesso no. 

Quello che davvero ho apprezzato in questo libro è l'audacia e la voglia di scrivere tutto, tanto, amorevolmente. L'autrice è un'artista pura, secondo me, e lo è in modo fresco e spontaneo. Sono quelle le creature con cui, letterariamente, di più mi sento affine.

Spero la lettura vi coinvolgerà come ha fatto con me!


la tua arte
non sta nella quantità di gente che
apprezza la tua opera
la tua arte
sta nel fatto
che il tuo cuore apprezzi la tua opera
che la tua anima apprezzi la tua opera
sta nella tua onestà
verso te stesso
e non
devi mai
barattare l'onestà
con l'immedesimazione

- a tutti voi giovani poeti



venerdì 17 marzo 2017

Chicchi di caffè.

Paolo Cognetti, Le otto montagne (copertina di Nicola Magrin), Einaudi - Primo Levi, Opere I, Einaudi


Ieri sera sono stata al grattacielo Intesa Sanpaolo di Torino per ascoltare una delle commemorazioni per il trentennale dalla scomparsa di Primo Levi. Leggeva Fabrizio Gifuni che avevo già potuto ascoltare con interesse nel suo spettacolo su Gadda e il teatro a pordenonelegge qualche anno fa e ho trovato dentro la parte in modo magistrale. 

Quale parte? Quella della voce più significativa del secolo scorso a proposito di alcuni temi fondamentali per la nostra cultura internazionale: la Shoah prima di tutto (si definiva "scrittore d'occasione" in tal senso, come ha ricordato nell'introduzione all'evento Domenico Scarpa) e il lavoro, proponendo ai lettori il capolavoro più dettagliato che si possa leggere sull'argomento, ovvero La chiave a stella, di cui Gifuni ieri sera ha letto un brano. 

Primo Levi ha una voce che molti conoscete e che ieri sera attraverso l'interpretazione di Gifuni ha divertito e incantato tante persone e continua a farlo mentre il tempo passa e sono trenta gli anni dalla sua morte. Ascoltare le parole del protagonista del libro, Libertino Faussone, battilastra originario delle valli del Canavese, a me personalmente ha riportato anche indietro alla mia infanzia. 

Vengo da quelle valli lì e mi è parso di ascoltare le storie dei miei antenati. Un tuffo nel passato intimo e in quello collettivo dove l'attaccamento al mestiere e all'ironia sottotono ma a tratti folle tipica dei piemontesi rende la vita degna di essere vissuta.

Gifuni ha anche letto alcuni brani estratti da Il sistema periodico. Idrogeno e Titanio in particolare.

Ma la mia mente in verità è andata a Ferro perché ci ho visto, e non sono l'unica, netti riferimenti in un libro contemporaneo che sto leggendo da mesi (seppur breve) e che oggi ho finito accumulando un importante ritardo sul resto del mondo - ma c'è da dire, a chi fosse interessato alla faccenda, che nel mio sito ho esposto personali teorie sulla lentezza libresca e dunque sono giustificata - per gli stolti che se lo fossero perso, eccolo qui

In Le otto montagne di Paolo Cognetti c'è tanto del racconto Ferro di Primo Levi, in modo dichiarato, come omaggio, per quel che ne so dai racconti di amici che hanno ascoltato le presentazioni dell'autore. 

Ci sono quindi due storie semplici di amici che si dividono tra la montagna e le diverse aspirazioni secondo la leggenda delle otto montagne che un trasportatore di galline nepalese nella valle dell'Everest racconta a uno dei protagonisti. 

In sintesi, c'è chi nella vita attraversa i diversi paesaggi belli o impervi di otto montagne senza mai poter tornare indietro e chi invece sale su un unico monte altissimo, il Sumeru. E la domanda è: quale dei due ha imparato di più?

In entrambi i racconti ci sono coppie di amici che seguono i due percorsi diversi: le peregrinazioni della città con le sue fascinazioni e ambizioni talvolta tradite e la salita impervia e solitaria di una vita tutta incentrata su un unico luogo e obiettivo, per quanto talvolta disatteso. 

Bruno e Pietro, come Sandro e Primo alle prese con la crisi economica e valoriale di oggi a confronto con il fascismo e le leggi razziali di allora. Amici che lottano contro una società dura, aspra. E la montagna equanime. 

Mi piacerebbe poter scrivere di più ma rimando alla lettura dei testi e al documentarvi in prima persona su questi lavori in modi diversi così puliti. Mi limito a consigliarveli, senza paura del tempo lento che, al pari di una salita in montagna, richiedono. 


[Grazie a Stilema per l'invito a partecipare a questo evento]

venerdì 10 marzo 2017

Post del cuore: Crowdfunding mon amour


ph Officine Biancospino

Amici, amici. Se frequentate l'Internet, ma anche la vita là fuori, vi sarete forse accorti di quanti crowdfunding si stiano attivando per finanziare diversi progetti. La raccolta fondi online è una modalità di finanziamento di progetti virtuosi che mi incuriosisce molto. 

Ho scoperto questo metodo qualche anno fa vedendolo praticare dalla mitica Maria Popova, una delle più famose blogger letterarie del mondo con il suo Brain Pickings

A colpirmi fu il disclaimer, la breve frase con cui spiegò le motivazioni della scelta di farsi finanziare dai suoi lettori: "Brain Pickings rimane gratuito e privo di pubblicità e mi richiede centinaia di ore mensili di lavoro per fare ricerca e scrivere e centinaia di dollari per sostenermi"

Confesso che ci ho pensato anche io qualche tempo fa: proporre a voi lettori un aiuto per portare avanti Tazzina-di-caffè. Al momento infatti, come molti, svolgo diversi lavori per sostenermi, anzi se volete date un'occhiata al mio sito (che ne pensate?) e se siete in cerca di servizi editoriali non esitate a contattarmi per una collaborazione :).

Ci sto ancora riflettendo e prima o poi magari mi lancio per vedere se è possibile finanziare qualche progetto editoriale che ho in mente e al quale tengo in modo particolare.

Per ora però ci tengo a consigliarvi, tra le tante (davvero tante, tante e mi perdoni chi non riceve risposta nell'immediato perché tantissime notifiche e mail purtroppo mi sfuggono oppure non trovo il tempo materiale per dare una risposta degna) segnalazioni che ricevo ogni giorno, tre progetti di crowdfunding di idee bellissime che meritano secondo me tutta la nostra attenzione. 

Come forse sapete, se ricordate questo evento, ci tengo da sempre, per quanto possibile, a segnalarvi progetti di finanziamento in cui credo e che secondo me rendono il mondo un posto migliore. 

Eccoli qui:


 - Il grande Oz, Storie di Supereroi - Questo crowdfunding riguarda la realizzazione o per meglio dire la finalizzazione di un film importante! I protagonisti sono cinque Supereroi, cioè cinque bimbi colpiti da gravi malattie e ospiti di CasaOz. Per tutte le info sul progetto andate -----> qui - c'è tempo fino al 18 marzo

 - Festival Slavika - Se siete di Torino (ma anche no, considerato il pubblico assai internazionale del locale) conoscerete senz'altro il Polski Kot, uno dei punti di riferimento della cultura italo-polacca ma non solo in città. L'associazione culturale Polski Kot ha ideato Slavika, il festival delle culture slave. Concerti, libri, film, dibattiti e buon cibo meritano il nostro sostegno per promuovere sempre di più una cultura dal valore inestimabile. C'è tempo fino al 16 marzo. Per contribuire, andate qui

Bar Sociale Via Baltea  - In Via Baltea 3 ho passato negli ultimi due anni una quantità incalcolabile di tempo. Conduco da lì la mia trasmissione radiofonica Tazza Grande perché c'è una delle molte sedi itineranti di Radio Banda Larga ma non è solo questo. Ci sono tantissimi progetti di integrazione sociale, aggregazione, cultura, intrattenimento e in generale benessere psicofisico. Per questo progetto si può esprimere un voto su Aviva Community Fund e spero proprio darete la vostra preferenza perché Via Baltea rende la città più bella e accogliente. Votate, votate fino al 10 maggio qui!


Spero che questi tre progetti vi entusiasmino quanto hanno fatto con me!

martedì 7 marzo 2017

Il sonnellino - un racconto in collaborazione con Dompé per #fightforlight

Il racconto che state per leggere, come vi accennavo nel post precedente, è stato scritto in collaborazione con Dompè per la campagna #fighforlight. Dompè, come forse già saprete, è una delle più importanti aziende biofarmaceutiche italiane e da anni conduce - oltre ai diversi altri ambiti in cui opera - anche un'importante attività di ricerca e sviluppo sulle malattie rare dell'occhio. Ha portato avanti, inoltre, proprio gli studi per i quali, nel 1986, Rita Levi Montalcini ha vinto il Premio Nobel per la Medicina.


La campagna #fightforlight in particolare vuole sensibilizzare le persone a proposito delle malattie rare dell'occhio e sono felice di potervi partecipare anche io. Come avete letto nel post sul #RareDiseaseDay, la giornata delle malattie rare, che cade ogni ultimo giorno di febbraio, ho preso parte all'evento di presentazione di un video che descrive in forma narrativa la ricerca della luce. 


Lo trovate sia nel post del 28 febbraio che qui, per chi se lo fosse perso!

E la mia partecipazione, come quella di altri autori e blogger coinvolti, prosegue con la scrittura di una storia ispirata al video e alla ricerca della luce nell'oscurità.

Prima di me, ha cominciato questa maratona di narrazioni, Cristiana Calilli del blog 100% mamma con il racconto La semina, che trovate qui


Oggi invece tocca a me e sono felice di farvi leggere il mio lavoro. Se seguirete i miei canali social, vi segnalerò di volta in volta tutti i racconti che si susseguiranno in questa avventura emozionante. 

Spero vi piacciano le nostre storie. Buona lettura!




Il sonnellino




Oggi per la prima volta nella sua vita, mia figlia Sara è rimasta tutto il pomeriggio all'asilo. Di solito, lavoro solo al mattino e la bambina rimane con me. Pranziamo insieme e dopo facciamo il sonnellino, lei nel suo lettino, io sul divano. Oggi però è diverso e l'ho dovuta lasciare per andare a portare la macchina dal meccanico: mio marito aveva una riunione e non poteva farlo nessuno. L'ho accompagnata la mattina con una strana sensazione. Lei era tranquilla, quella agitata ero io e non capivo il perché. Più tardi però, dopo averla salutata, quando sono rimasta sola in macchina, è tornato alla mia mente un ricordo lontano, quando anche io alla sua età sono rimasta la prima volta a dormire all'asilo. Erano le due e mezza. Tornati dalla mensa, la maestra ci ha fatti mettere nelle brandine e, con un gesto per me del tutto inaspettato, ha spento la luce. Fu uno scatto, come un portone scuro che mi si chiudeva di fronte. Di colpo, mi misi a piangere. La maestra non parlava, diceva: - Shhhhh. Io guardavo e non vedevo nulla. Quando, dopo qualche secondo i contorni delle cose sembravano più nitidi, tutto mi pareva diverso da prima. La maestra, in lontananza seduta alla cattedra con le braccia conserte, mi pareva una strega. Ebbi un sussulto, morsi il lenzuolo per non sentire la paura ma era inutile. Il bimbo sdraiato accanto a me dormiva e in quella oscurità a me pareva un piccolo lupo che ringhiava. Il cuore mi batteva forte, tutti i rumori erano amplificati e volevo essere da un'altra parte. Quel pomeriggio non passava mai, cominciai a sentire una musica simile a una pubblicità della televisione: ero io stessa che cantavo per consolarmi. La maestra si avvicinò e mi disse ancora: - Shhhhhhh. Non sapeva che a casa dormivo con la lucina accesa e non ebbi il coraggio di confessarlo. Affondai la faccia nel cuscino che mi sembrava avesse un cattivo odore. Rimasi così un tempo interminabile, piena di lacrime fino a che:

- Click.
- Mamma?


Era lei, mia madre, con il mio cappottino tra le braccia e il suo sorriso bello, felice, profumato del vento di fuori e i capelli perfetti, chissà, forse aveva approfittato di un'ora libera per andare dal parrucchiere. Da quel giorno la mia vita cambiò per sempre: la notte stessa chiesi di spegnere la lucina. Pensando a mia madre, dopo la mia commissione, sono andata a prendere Sara. Le ho chiesto se avesse avuto paura e mi ha risposto di no.